Quicken Loans Arena, Cleveland, Ohio. I sogni dei Pacers si infrangono a Gara 7, dopo aver cullato l’idea di poter battere al primo turno i Cleveland Cavaliers. Ci sono voluti 45 punti in 43 minuti di LeBron James per arginare la banda McMillan, e proprio da quella serie sono sorti i principali interrogativi che gli Indiana Pacers saranno chiamati a sanare durante la stagione in procinto di iniziare.
La stagione dei Pacers è tutt’altro che negativa. Nella stanza dei bottoni è come se fosse saltato un tappo (con il faccione di Larry Bird sopra) capace di sprigionare tutta la logica creativa di uno dei migliori executive della lega. Kevin Pritchard, al suo primo anno da plenipotenziario presidente dei Pacers, accompagna alla porta Paul George, si porta a casa un All-Star ben mimetizzato tra la middle-class cestistica, svecchia sensibilmente la squadra e crea le condizioni per agire coerentemente nelle future free agency. Se inizialmente le speranze nel core costruito da Pritchard sono rasenti lo zero (il sempreottimo Pelacci li pronosticava intorno alle 32 vittorie), ben presto emerge la compattezza e la solidità di un roster lontano dalla mediocrità, con punte di talento difficili da trovare (Oladipo a parte), ma artefice di uno spartito quasi sempre in linea con le direttive dalla panchina e allergico alle stonature. I Pacers insomma danno l’idea di essere una squadra rodata già dal giorno 1, con la freschezza di un roster giovane e la lucidità di un collettivo lungi dall’insidiare le vette della lega ma tranquillamente da Playoff nella Eastern Conference.
Ci vuole poco a capire che sarà la stagione di Oladipo
In un momento storico in cui omologarsi all’ortodossia Warriors è quasi un obbligo per le squadre che vogliono ambire a fare strada in post-season, la pallacanestro di coach McMillan non ambisce a un abuso del tiro pesante (24,5 tentativi a partita, solo quattro squadre hanno provato meno triple) né tanto meno ad alzare i ritmi (98,2 di Pace, ventiquattresimi nella lega). L’obiettivo è sempre quello di giocare un basket ragionato su entrambi i lati del campo, con il solo Oladipo deputato a fermare il pallone (30% di Usage, la stessa di Durant) mentre gli altri obbligati a leggere e agire di conseguenza.
Warriors, Lakers, Pelicans e Thunder sono le uniche squadre ad aver segnato più punti in contropiede per game dei Pacers, ma allo stesso tempo solo Blazers e Thunder, in percentuale, hanno segnato più punti non assistiti. L’idea è che anche lo stesso McMillan non sia ancora del tutto convinto quale filosofia sposare. Un roster con pochi tiratori scelti e con nessun giocatore da isolamento si presta a variazioni incisive da un giorno all’altro costruendo una narrazione che lascia parecchi punti interrogativi per il futuro. La stagione monstre di Oladipo, l’ottimo inserimento di gente come Collison, Bogdanovic, Joseph, la crescita di Turner e Sabonis (uno dei frontcourt più intriganti per la prossima stagione) spingono la squadra verso i Playoff, inanellando la bellezza di 48 vittorie (miglior risultato degli ultimi quattro anni) e garantendosi il quinto posto a Est. Una delle ultime gemme regalate dal Re a Cleveland impedisce ai Pacers di andare oltre il primo turno ma non cancella le buone cose viste durante la stagione.
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Punti di forza
Avere il Most Improved Player della scorsa stagione, tanto per cominciare. Uomo in missione se ce n’è uno, Victor Oladipo, dopo cinque anni dal suo ingresso nella lega, ha costretto gli addetti ai lavori a rivedere il suo status. Appena fuori dalla Top 10 NBA per punti a partita, 47,7% dal campo, 37% da oltre l’arco, primo per rubate (2,4 a partita), la stagione dell’ex Hoosier racconta di un giocatore nel suo prime, tra i migliori attaccanti della lega e capace di alzare il livello anche nella sua metà campo (non per niente ha il miglior Defensive Rating della squadra).
Durante l’off-season Pritchard ha lavorato soprattutto su questa dipendenza dalle performance del #4, con l’idea sia di allungare le rotazioni, sia di immettere qualità e tiro perimetrale nell’attacco di coach McMillan.
La firma più pesante è sicuramente quella di Tyreke Evans. Reduce dalla sua miglior stagione in carriera (dopo l’irreale rookie season), Evans dovrà portare a Indiana le sue qualità di raffinato realizzatore da 52% di eFG%, oltre a sgravare Oladipo di qualche attenzione eccessiva da parte delle difese avversarie. Se la condizione fisica lo assisterà (enorme punto di domanda), i Pacers si ritroveranno un giocatore rivitalizzato, capace di segnare in ogni modo, con quasi il 40% da 3 punti e con un bagaglio di esperienza che può far molto comodo alla squadra.
Non il miglior decision-maker al mondo, ma quelle mani…
Le altre due aggiunte in free agency sono McDermott e O’Quinn. Per il prodotto di Creighton è l’occasione di affermarsi in questa lega come uno dei più mortiferi specialisti da oltre l’arco. Nonostante il 40% in carriera, McDermott ancora non è riuscito a ritagliarsi un proprio spazio tra i pro, causa anche i contesti disfunzionali in cui è finito dal Draft in poi. La chance datagli da Indiana può ingigantire il potenziale perimetrale dei Pacers, dal momento che sia lui che Bogdanovic sono ottimi interpreti in uscita dai blocchi e da situazioni di catch-and-shoot.
Da O’Quinn d’altro canto ci si aspetta che mantenga la solidità degli ultimi due anni a New York. Anno dopo anno, ha dimostrato di poter giocare una ventina di minuti di sostanza, portando a casa rimbalzi e difesa del pitturato dalla panchina. La situazione sotto le plance vede Turner, Sabonis e poco altro per Indiana: un giocatore come O’Quinn può far rifiatare il prodotto di Texas e, almeno nella metà campo difensiva, garantire un contributo di pari efficienza.
Sarà proprio Turner l’osservato speciale di questa stagione. Con Sabonis forma un front court modernissimo, capace di giocare dentro e fuori con estrema naturalezza. Entrambi screener di altissimo livello, Sabonis gioca molto più da facilitatore, con mani veloci e ottime letture, mentre Turner è la seconda/terza opzione offensiva della squadra, in continua crescita anche nel tiro pesante. Ci sono alcuni dubbi sull’attitudine del ragazzo, delle volte sembra quasi accontentarsi di tiri dal mid-range a bassa percentuale e il suo gioco in post (quelle poche volte che lo esplora) sembra ancora molto grezzo, ma il potenziale da unicorno è lì pronto ad affiorare.
Ottimo blocco, Howard resta appeso, Turner è bravo a non accontentarsi e ad attacare il mismatch.
Infine, dal Draft sono usciti Aaron Holiday e Alize Johnson. Se il secondo non promette di essere particolarmente impiegato in questa prima stagione, nonostante le buone cose fatte vedere in Summer League e un’attitudine difensiva meritevole di lode, il fratellino di Jrue e Justin è una potenziale steal alla 23. A causa della ricchissima draft class di quest’anno, Holiday junior è passato un po’ sotto traccia ma le sue qualità sono indubbie: 20,3 punti a partita, 5,8 assist, 42% da 3 su 6,2 tentativi, queste le sue statistiche nel suo ultimo anno a UCLA, dove ha dimostrato di avere poco da invidiare (in prospettiva) al fratello maggiore. Durante la Summer League ha dimostrato una dimestichezza da veterano sul parquet, con tanta personalità palla in mano e ottimi istinti difensivi. Sul decision making c’è ancora da lavorare ma se coach McMillan saprà come e dove intervenire già dalla stagione 2019/2020 c’è il rischio che Darren Collison debba preoccuparsi per il suo lavoro.
All’esordio in Summer League incrocia il palleggio e dimostra quanto abbia accusato il passaggio a un linea dei tre punti più lontana…
L’azione seguente riceve il consegnato, sfida il cambio, usa splendidamente il corpo e ne mette altri due
McMillan ha insistito molto durante la stagione sull’effort che vuole vedere da suoi, e proprio questo fattore si è rivelato la vera forza di Indiana: 16,3 deflections a partita (peggio solo dei Thunder), primi per tiri da 3 contestati (25,9), tutte piccole cose che hanno reso una squadra da Lottery una delle più insidiose compagini dell’Est.
Punti Deboli
Se da un lato la presenza di Oladipo alza vertiginosamente le chance di Indiana di vincere le partite, dall’altro i numeri senza di lui sono piuttosto preoccupanti. Con l’ex Magic e Thunder in campo, i Pacers hanno un Net Rating di 6,4, dietro ai soli Rockets, Warriors e Raptors. Senza di lui il dato crolla a -7,3 appena meglio di Bulls e Kings.
La situazione è ancora più critica se si osservano le situazioni On/Off di giocatori come Young, Collison, Bogdanovic. Senza i primi due sul parquet si segnano 4/5 punti in meno ogni 100 possessi, senza Young e Bogdanovic si subiscono 4 e 3,4 punti in più su 100 possessi. Per quanto le mosse di Pritchard abbiano reso la second unit di Indiana molto più incisiva rispetto allo scorso anno (almeno sulla carta), i dubbi restano, specialmente perché il basket (come la maggior parte degli sport) rimane un gioco in cui aggiungere x e y non porta necessariamente al risultato sperato. Coach McMillan dovrà essere bravo a shakerare i quintetti durante la stagione e in particolar modo a gestire il dualismo ‘Dipo-Evans.
In questo caso basta un blocco cieco per mettere in crisi la difesa del lato debole, poi è lo stesso Oladipo a non leggere l’aiuto di Young e a lasciare spazio per la tripla di Love.
Entrambi sono due mortiferi realizzatori ma a preoccupare è la frequenza con cui fermano il pallone in attacco e i palloni che vedono durante le azioni. Al 30% di Usage firmata Oladipo si aggiunge il 28,6% che porta in dote Evans; seppur quest’ultimo è un dato registrato in un contesto particolare come gli ultimi Grizzlies, è innegabile che sono entrambi accentratori, fatalmente attratti dal pallone. Starà a McMillan creare una coesistenza tra i due che rechi il minor danno possibile ai notevoli numeri fatti registrare lo scorso anno.
Una soluzione può essere giocarsela sul minutaggio, cercando di avere sempre uno dei due in campo e lasciare di conseguenza soltanto un go-to-guy a fare la voce grossa. In alternativa entrambi dovranno sacrificare qualche possesso e non è detto che la faccenda vada a finire bene, in particolar modo perché Evans si è mostrato molto a suo agio in questa versione di deus ex machina offensivo, farlo tornare a giocare da spot up potrebbe nuocere gravemente alle sue statistiche.
Nella propria metà campo a destare più preoccupazione è il discorso relativo ai rimbalzi. L’aggiunta di O’Quinn da questo punto di vista potrà portare dei benefici, ma la base di partenza è quel 76,2% di DReb% che colloca i Pacers appena sotto i Warriors (non proprio una squadra di rimbalzisti) e sopra solo a quattro squadre. Sia Sabonis ma soprattutto Turner, dovranno lavorare per migliorare la loro efficacia in questo fondamentale. La conseguenza della scarsa applicazione vicino al ferro sono i 12,8 punti a partita subiti da seconde chance, e i 44,8 punti subiti nel pitturato. Si tratta di dati nella media, ma se l’obiettivo è migliorare il record e il cammino ai Playoff dello scorso anno, questi numeri dovranno calare quanto prima.
Mancanza totale di comunicazione, Turner si ritrova con due uomini da controllare, canestro più fallo per LeBron.
Scenario Migliore
Oladipo si conferma un All-Star, trascina i suoi a suon di trentelli e giocate difensive, la coesistenza con Evans non potrebbe andare meglio, con l’ex Memphis a racimolare punti dalla panchina e giocare sui raddoppi subiti dal #4. Turner finalmente sprigiona tutte le sue potenzialità da unicorno, diventando un’arma praticamente ingestibile sui pick-and-roll. Sabonis e Young confermano le buone cose fatte vedere lo scorso anno, la second unit è tra le migliori dell’Est, tanto da infliggere parziali pesanti quando calca il parquet. Indiana attenta ai primi tre posti della conference, supera agilmente il primo turno e in sette sudatissime partite contro i Bucks o i Sixers si garantisce l’accesso alla Finale. Una tra Toronto e Boston ne arrestano la corsa, ma in casa Pacers l’hype è alle stelle e in estate arriva la firma del pezzo da 90 che proietta la franchigia verso la vetta dell’Est.
Scenario Peggiore
Oladipo ed Evans non fanno altro che pestarsi i piedi (dentro e fuori dal campo), Turner palesa ulteriormente i suoi limiti sui due lati del campo perdendo sempre più minuti a beneficio di O’Quinn. Dalla panchina si alzano solo comparse, con McDermott incapace di essere di una qualsiasi utilità in attacco e deleterio in difesa. Aaron Holiday si rivela un giocatore ancora acerbo, meno NBA ready di quello che aveva fatto credere. La squadra si trascina intorno alle 40 vittorie, tanto basta per garantirsi l’ultimo seed ai Playoff. Un brutale sweep firmato Raptors cancella tutti i progressi fatti da Indiana, Oladipo chiede a gran voce la cessione e Pritchard deve rimettere mano a un roster che si è palesato per quello che realmente è: un grande bluff.
Pronostico
Ripetere le 48 vittorie della passata stagione sarebbe già di per sé un buon risultato, ma ci sono tutte le condizioni per attentare al muro delle 50. Con le prime tre posizioni della Conference difficili da attaccare, un quarto posto garantirebbe un primo turno alla portata degli uomini di coach McMillan e la possibilità di approdare in semifinale di conference, ulteriore tassello per costruire su un core giovane e affamato di successi.