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High School Hype #1 – Cole Anthony: New York chiede palla

L’anima di New York cerca riscatto in Cole Anthony. Lo spirito che fa vivere la metropoli ogni estate sull’asfalto dei playground e ogni inverno sui parquet delle palestre di high school, si incarna in colui che è il primo prospetto della nazione nel ruolo di point guard e uno dei primi tre in assoluto secondo i ranking più attendibili.

Cole Anthony porta palla, segna e difende, he got game. La Grande Mela non aveva più avuto alcun liceale al vertice nazionale in quel ruolo dai tempi di Stephon Marbury, anno 1995, quando lo Starbury di Coney Island spinse lassù la fulgida tradizione delle point guard made in NYC costruita di anno in anno, di epoca in epoca, da Bob Cousy, Nate “Tiny” Archibald, Lenny Wilkens, Dwayne “Pearl” Washington, Kenny Anderson, Kenny Smith, Rod Strickland, Mark Jackson, fino a Kemba Walker, The Bronx Finest, che però non era la prima point guard nei ranking di allora.

Cole Anthony, invece, non ha nessuno che nella classe 2019 possa insidiargli la posizione e una fila di college diligentemente in coda alla sua porta, con North Carolina che al momento sembra in vantaggio. Ha detto Anthony:

“Essere la point guard numero uno del paese significa molto per me, ma in tutta onestà, i miei obiettivi vanno oltre. Punto a essere il giocatore numero uno del paese”.

Questo è lo spirito di Cole Anthony e, per esteso, della città più competitiva del mondo. Perché il basket a New York è talento, è voglia di emergere, di sfidare i più forti, di giocare la palla e di portarla a canestro. È, soprattutto, enorme rispetto per il gioco.  La metropoli reclama a gran voce un nuovo, grande playmaker tra le stelle, per dare nuova linfa alla passione per la pallacanestro che anima ogni suo isolato. Una città che negli ultimi tempi, dopo un periodo oscuro, ha ripreso a dare giocatori alla NBA, da Isaiah Whitehead a Mo Bamba.

A dodici anni, dopo una partita di Little League di baseball (sembra che se la cavasse piuttosto bene anche in questo sport), Cole Anthony prende da parte suo padre e gli dice che d’ora in avanti si dedicherà solo al basket. Suo padre, lì per lì un po’ sorpreso perché non è che finora suo figlio avesse dimostrato granché con la palla a spicchi, fuga ogni dubbio e si limita a spiegargli due cosette: “Bene, Cole, se è quello che vuoi, queste sono le cose che dovremo fare per renderti migliore”.

Il padre, su come funziona, ne sa qualcosa: si chiama Greg, Greg Anthony, ed è un ex giocatore NBA. Un piccolo Runnin’ Rebel di UNLV senza tiro da fuori che ha bazzicato tra i professionisti per una dozzina di anni, cominciando proprio dai New York Knicks, portando palla e difendendo duro, oggi analista di basket in tv.

Da quel momento, nella testa di Cole c’è solo il basket e non fa altro che lavorare e lavorare per incrementare ogni aspetto del suo gioco, fino ad essere quel che è oggi: un prospetto fiero e tenace, consapevole di poter arrivare in alto e, sul piano tecnico, di essere un assertivo two-way player dotato di grande atletismo, in grado di farsi sentire in difesa e di destreggiarsi in attacco come combo guard fondendo il suo istinto realizzativo (oggi assolutamente richiesto nella NBA) con le sue skills da playmaker. Cole Anthony è una star dell’high school basketball di New York, del circuito estivo Nike EYBL e inoltre gioca nella nazionale USA under 18, con cui ha vinto la medaglia d’oro ai campionati americani FIBA 2018.

Cole Anthony è cresciuto nel Queens, precisamente nel piccolo quartiere di Briarwood, non lontano dal più esteso Jamaica. Una comunità multietnica popolata da famiglie di classe media di origini afro-americane, asiatiche ed europee, dove le case costano il giusto e uno dei punti di riferimento per i ragazzi è la Archbishop Molloy High School, liceo cattolico dove, tra gli altri, hanno studiato l’attuale governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo e il pungente giornalista sportivo Peter Vecsey. La Molloy, nel basket, è stata anche la scuola frequentata da Lou Carnesecca, leggendario allenatore di St. John’s University, e dai due già accennati Kenny, Anderson e Smith, per decenni allenata dal più vincente coach di sempre nello stato di New York, Jack Curran, scomparso nel 2013.

In questo ambiente così permeato dall’abitudine all’agonismo e alla vittoria, Cole Anthony ha giocato a basket nei suoi primi tre anni di liceo, per poi compiere nell’estate 2018 un’importante scelta relativa all’anno da senior. Con quella sfrontatezza indicatrice di un’enorme fiducia in se stesso, che lo porta a essere un leader vocale nonché trash talker, Cole per intraprendere la strada della gloria ha deciso di abbandonare per una stagione il contesto metropolitano di New York trasferendosi nella sperduta Virginia rurale, a Mouth of Wilson.

Cole Anthony in maglia Archbishop Molloy HS / Credits to: Twitter @marleypaul22.

Qui, lontano dal mondo, ma lontano davvero, una sensazione che si avverte anche ampliando la mappa di Google Maps una volta trovato il posto, Cole Anthony ha iniziato il suo ultimo anno di high school. Perché Mouth Wilson, quanto di più lontano possa esserci dalla giungla metropolitana della Big Apple? Perché laggiù c’è la Oak Hill Academy, la scuola privata di eccellenza che assicura un programma d’élite nel basket ai migliori prospetti che vogliono fare il salto nei college e sognano di arrivare in NBA.

Alla Oak Hill si studia e si gioca a basket, non c’è altro da fare, sia per un rigidissimo regolamento sia per assenza di alternative, tanto che ogni sabato sera va in scena la “partitella” tra la squadra Varsity e la squadra Golden, quest’ultima composta dai top prospects, come raccontato da un italiano, Umberto Brusadin, che di recente ha trascorso due anni lì.

Qui non ci sono distrazioni: lo stridio delle sneaker sul lucido parquet è il suono abituale che accompagna la vita di uno studente-atleta dagli allenamenti all’alba fino alle luci spente. Carmelo Anthony, Kevin Durant, Rajon Rondo, Josh Smith, Jerry Stackhouse, Ron Mercer, Ty Lawson, Steve Blake, Michael Beasley figurano nel registro degli alumni (a guardar bene, non è che il regime da caserma li abbia raddrizzati proprio tutti…)

Con l’allenatore Steve Smith, in carica dal 1985 e a cui è intitolato persino il campo di gioco, Oak Hill Academy ha vinto nove titoli nazionali (non statali, nazionali) di high school e vanta un record che al termine della stagione 2017-18 è di 1118 vittorie e 72 sconfitte.

Wow!

Cole, che condivide l’esperienza di Oak Hill insieme al “centrone” Kofi Cockburn, già affrontato da avversario nella New York Catholic League, e fuori dal campo ama tutto ciò che è hi-tech, videogame, anime e segue la nuova generazione di rapper come Lil Durk, Lil Baby, Gunna, TJ Porter, Sheck Wes, Casanova, sembra avere quella mentalità che contraddistingue i futuri game changer:

“In estate sono stato come una spugna al camp di CP3. Sento che l’estate è andata bene per me dal punto di vista individuale. Voglio vincere il più possibile. Mi piace quella pressione di quando ci si aspetta che tu vinca”.

Alla Oak Hill il pubblico, più che altro, è costituito da scout e allenatori di college, ma a Cole questo importa poco: la vede come una formalità, a lui interessa vincere ma soprattutto dominare il gioco.

 

Cole Anthony è alto 1,90 e pesa 84 chili, e sembra che non ci sia qualcosa che non sappia fare. Palla in mano, mostra una naturale abilità a creare gioco in attacco, tirando sia dal palleggio sia in catch-and-shoot, ha un buon floater e segna da ogni posizione del campo. Probabilmente è il tiro da tre la skill più costruita attraverso l’allenamento e nel corso degli anni alla Molloy ha migliorato con decisione nelle conclusioni dall’arco.

Il figlio di Greg Anthony – ma il padre ha già detto di voler diventare famoso come “il papà di Cole” e che Cole non sia più solo “il figlio di Greg” – è un atleta esplosivo, dotato di grande elevazione e mosso da un’energia che gli permette spettacolari schiacciate con entrambe le mani. Nell’attaccare il ferro non teme contatti ed è anche un ottimo stoppatore e un buon rimbalzista.

Cole Anthony a canestro in maglia Oak Hill Academy.

Da buon newyorchese vuole la palla in mano, è estremamente competitivo, la sua fiducia in se stesso è sconfinata e denota una notevole aggressività in difesa, parte del gioco in cui è intenso, veloce e rischia molto nell’anticipare i passaggi e nel rubare palla. In attacco ha un elevato controllo del corpo, riuscendo a dosare nella giusta misura il suo atletismo nelle varie situazioni di partita e nel gioco a metà campo, con abilità a variare il ritmo e a prendere decisioni in modo rapido attraverso la lettura del gioco.

Tra i punti deboli, la statura e l’apertura di braccia non sono eccezionali e dovrà indubbiamente accrescere la sua struttura fisica nella parte alta del corpo per facilitare la creazione di spazio tra sé e il suo diretto avversario al fine di ottenere lo spazio minimo necessario per un tiro ad alta efficienza. Quando approderà a un livello più alto, probabilmente dovrà evolversi in una point guard a tempo pieno più che combo guard. Deve migliorare la selezione dei suoi tiri, evitando di intestardirsi nei periodi in cui la palla non vuol saperne di entrare, e limitare palleggi eccessivi e palle perse.

Credits to: Officialteams.com.

Analisi tecniche che – avvertenza valida anche per tutte le prossime puntate di questa rubrica – vanno sempre e comunque prese con le proverbiali molle, in quanto si sta parlando di ragazzi in piena pubertà, lontanissimi da quel che si definisce un prodotto finito e tutti da verificare di fronte ad avversari “veri”.

Va sempre ricordato, infatti, che il basket liceale è un pianeta estremamente vasto e articolato, con oltre 1 milione di ragazzi e ragazze che scendono in campo, di cui solo una ristrettissima percentuale riuscirà a fare della pallacanestro la propria vita. Ma è anche un mondo affascinante e spensierato, per tanti versi sorprendente se si confronta con la concezione dello sport giovanile a cui siamo abituati in Italia e in Europa, a noi familiare grazie a film e serie tv e pur sempre da vivere con una certa leggerezza.

 

Throwback

Kemba Walker, nei suoi quattro anni di liceo, dal 2004 al 2008 ha vestito il green and gold della Rice High School di New York, a Harlem, Manhattan. Una scuola privata cattolica che oggi non esiste più, avendo chiuso i battenti nel 2011 per problemi finanziari. Dell’esperienza di Kemba con i Raiders si ricorda in particolare una vittoria al Madison Square Garden nel 2007, nel suo anno da junior, per 53-51 contro la Simeon Career Academy di Chicago capitanata dalla guardia senior Derrick Rose.

La Rice High School è stata la scuola di alcuni giocatori di rilievo, tra cui Dean Meminger (campione NBA con i New York Knicks nel 1973), Felipe Lopez, star liceale di New York poi per quattro anni a St. John’s, che però non ha mantenuto le promesse a livello NBA dove è rimasto poche stagioni tra Vancouver, Washington e Minnesota, ed Edgar Sosa, visto in Italia a Caserta, Biella e Sassari, di origini dominicane così come Lopez.

Al liceo Kemba Walker, prima di salutare per approdare a Connecticut, ha tenuto una media di 18,2 punti e 5,3 assist nell’anno da senior.

 

 

High School Stuff

G League, ecco il Select Contract
Vita sempre più dura per la NCAA nel reclutare i migliori liceali in uscita: la G League punta a diventare un’alternativa  percorribile per i prospetti di high school non ancora eleggibili per la NBA. Dalla stagione 2019-20, la lega di sviluppo potrà offrire loro il Select Contract, un contratto da 125 mila dollari dalla durata di 5 mesi, assicurando un adeguato programma di sviluppo e di supporto a questi diciottenni (età minima necessaria) che si preparano al salto nel professionismo.

Battle in the Apple!
Un grande showcase a New York con i 40 prospetti top e 6 tra i programmi più interessanti del panorama high school dell’area, il tutto intrecciato con musica e fashion per un’unica esperienza culturale metropolitana: il 9 dicembre 2018 al Barclays Center di Brooklyn arriva il Battle in the Apple, l’evento promosso da Danny Green (nativo del sobborgo newyorchese di North Babylon) insieme a Kevin Spann e Darren Duncan, due suoi amici d’infanzia. Obiettivo: riportare uno showcase di livello nazionale nella Grande Mela per i migliori talenti, anche durante la stagione invernale. Tra gli altri, annunciata la presenza dei Class of 2019 Jaden McDaniels, Jalen “Baby Westbrook” Lecque, Alonzo Gaffney, Aidan Igiehon. Info: www.battleintheapple.com.

No varsity for LeBron Jr.
LeBron James Jr., per tutti Bronny, il primogenito quattordicenne di King James, in questa stagione non potrà giocare nella squadra varsity della Crossroads School di Santa Monica, la prep school privata che frequenta da quest’anno e la cui iscrizione aveva, tempo addietro, fornito validi indizi sulla destinazione di suo padre una volta conclusa l’esperienza a Cleveland. Secondo le regole della California Interscholastic Federation, non è permesso alle matricole far parte della squadra principale della scuola. Bronny porta il numero zero in omaggio a Russell Westbrook, il suo giocatore preferito in NBA, escluso papà LeBron ovviamente.

 

The Gym

Credits to: NYTimes.com.

Palo Alto High School
Peery Family Center
Palo Alto, California
Home of the Vikings
Notable alumni: Jeremy Lin

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Pubblicato da
Francesco Mecucci

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