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Michael Beasley, the walking bucket

Che giocatore è Michael Beasley?

Be Easy può giocare ala piccola o ala grande indifferentemente, senza essere svantaggiato fisicamente contro nessuno. Atleticamente non si discute, col tempo ha anche cambiato le sue abitudini alimentari sregolate per rimanere fisicamente integro e non prendere peso. Bravo a muoversi con i piedi, possiede un ottimo controllo del corpo, è veloce quanto basta ed è bravissimo a virare usando al meglio la schiena contro i difensori per poi tirare o andare a canestro.

Oggi non è esplosivo come ai suoi esordi nella lega ma sa ancora usare la sua taglia e la sua varietà di movimenti per avere la meglio contro chiunque difenda su di lui. Molto bravo in isolamento, solitamente si piega molto attirando il difensore in basso verso il parquet, dove lo può sorprendere più facilmente alzandosi in fretta per un jumper o scappando via in penetrazione.

Il tiro dalla media è il suo preferito, non disdegna però il tiro da tre. Da fuori preferisce il catch-and-shoot piuttosto che crearsi il tiro da solo. Mentalmente però è inconsistente, non è sempre concentrato. È un buon rimbalzista, anche se il suo strapotere da man among boys degli anni del college è svanito subito tra i professionisti.

Il passaggio è un aspetto del gioco su cui ha sempre lavorato, ma senza mai raggiungere un livello elevato. In difesa se la cava, usa la sua stazza sa stare attaccato all’uomo per dargli fastidio. Alcuni dicono che Beasley sia la prova vivente che la “teoria della mano calda” esiste, perché quando è in ritmo diventa impossibile fermarlo. Questo è il suo vero punto di forza, la sua arma segreta.

 

Back to relevance

Nel febbraio 2015 Michael torna ancora a Miami, ma in estate si ritrova ancora free agent e decide che la Cina inizia a piacergli davvero. È il turno degli Shandong Golden Stars, li conquista a quasi 32 punti di media.

Nella primavera del 2016 arriva un’altra chance dall’NBA. A chiamarlo sono gli Houston Rockets. In Texas disputa delle ottime gare e si fa notare anche nei Playoff. Nell’unica partita che Harden e compagni riescono a strappare ai Warriors nel primo turno, Beasley aiuta i suoi con 12 punti, i più importanti quelli che sigla dalla lunetta a 41 secondi dalla fine per mettere in ghiaccio la vittoria.

A settembre l’ennesimo cambio di rotta, dopo la positiva parentesi con i Rockets sono i Milwaukee Bucks a credere ancora in lui. Con i Bucks Be Easy non sfigura e fornisce un contributo importante in una regular season che regala a Milwaukee la sesta posizione a Est, risultato insperato a inizio anno. Al primo turno dei Playoff la squadra di Antetokounmpo si deve arrendere ai Raptors, ma la stagione positiva di Beasley si conclude con la chiamata dei New York Knicks.

Galvanizzato da quello che ha fatto vedere in Wisconsin, Beasley arriva nella Grande Mela carico come una molla, dichiarando anche di sentirsi allo stello livello (come talento puro) di LeBron e Durant. Scommette forte su se stesso, accettando due milioni di dollari dai Knicks quando sul tavolo ha anche un’offerta di 12 milioni arrivata da un team cinese. “Voglio guadagnare, certo, ma soprattutto dimostrare che sono il migliore. La palla ti dirà chi sono i giocatori migliori, non i contratti, non i media.”

La nuova sfida lo esalta.

“Mostrerò a tutti quello che hanno visto quando ero al college. Ho soltanto bisogno di un’opportunità. Sono sempre stato un realizzatore, mi sento un ‘walking bucket’ (canestro che cammina). A questo punto della mia carriera sono stanco che il mio valore non sia riconosciuto. Voglio rispetto. Negli ultimi nove anni, sono sempre stato un ‘walking bucket’. Non importa quali sono le circostanze, io segno sempre. Da anni mi sento dire che sono un drogato, che mi piace far festa e basta, ma è un’etichetta che mi è rimasta attaccata per via del mio passato, nient’altro”.

(Credits to Yahoo)

Con i Knicks non arrivano i Playoff ma Beasley è una nota positiva, da veterano riesce a ad aiutare i più giovani e quando viene chiamato in causa risponde sempre presente (13,2 punti e 5.6 rimbalzi di media), pur continuando a palesare la proverbiale discontinuità di prestazioni. Ha dichiarato che dal 2012, quando sua figlia (ha quattro figli in totale) ha iniziato a essere in grado di leggere parole come ‘marijuana’, ha dato un taglio netto alle droghe.

Nel suo periodo newyorchese ha attirato l’attenzione anche per le sue unghie smaltate con diversi colori dalle sue figlie, per la scelta di indossare tre orologi (due ai polsi uno alla caviglia) al fine di “mantenere l’equilibrio”, per l’intervista televisiva in cui si è presentato con la felpa GOAT in New York e tanta voglia di spiegare come qualcuno sia riuscito a capire che usiamo solo il 10% del nostro cervello, senza successo. Ha anche affermato misteriosamente di essere “il giocatore preferito del tuo giocatore preferito”, riuscendo fortunatamente a far dimenticare le sue dichiarazioni una volta in campo.

Nonostante il suo contributo alla causa, i Knicks non puntano su di lui. I Lakers del nuovo arrivato LeBron James invece sì, pensano che possa far comodo in uno spogliatoio tranquillissimo, dove già lo aspettano Lance Stephenson e JaVale McGee. A parte gli scherzi, Beasley potrebbe trovarsi bene a partire dalla panchina nel gioco up-tempo e senza posizioni definite pensato da Luke Walton. In passato, ha sempre dimostrato che non gli servono tanti minuti per segnare tanto, caratteristica che potrebbe fare comodo ai gialloviola. È inoltre un perfetto esempio del giocatore ideale nella visione di Magic Johnson e Rob Pelinka, in grado di giocare in diverse posizioni e di cambiare difensivamente su chiunque. La sua intervista al media day ha fatto subito capire di che pasta è fatto.

Finora si è fatto notare per questa incredibile performance e per una mezza rissa con Draymond Green in pre-season, poi guai fisici e un misterioso problema personale lo hanno tenuto lontano dal campo. I tifosi dei Lakers si augurano che sia solo questione di tempo prima che il “walking bucket” si manifesti ancora, per aiutare i giallo-viola e se stesso a trovare un lieto fine a una storia mai banale.

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Andrea Madera

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