4) RAYMOND LEWIS
West coast, per l’esattezza Los Angeles, in questo caso la strada non gli ha donato un secondo nome, ma per farvi intendere con immediatezza lo spessore del giocatore, basta riportare le parole del suo coach al college, Jerry Tarkanian di Call State L.A.
Egli senza mezze misure lo descrisse come il miglior giocatore di basket che avesse mai visto nella sua vita (per convincerlo ad accettare l’offerta del college gli regalarono una Corvette come incentivo).
Ineffetti guardando le statistiche, o meglio ammirandole, verrebbe da dare ragione al coach: 38.9 punti a partita con il 60% dal campo; per molti che lo hanno visto, Lewis è senz’altro stato il miglior giocatore di pallacanestro mai uscito dallo stato delle California; per stile ed efficacia paragonabile ad Allen Iverson (30 anni prima di A.I.).
A differenza di molti in questa lista Raymond in NBA voleva andarci sul serio, ed effettivamente i Seventy Sixers lo selezionarono per il loro training camp, nel quale diciamo che seppe distinguersi mettendo a referto 60 punti alla fine del primo tempo durante una partitella.
Purtroppo però le parti non seppero accordarsi sul contratto, e la carriera professionistica di Lewis gli scivolò dalle mani, precludendoci la possibilità di poter ammirare su palcoscenici importanti, uno dei migliori giocatori della sua epoca.
Quando parliamo di Raymond Lewis purtroppo però siamo costretti a parlarne al passato, mentre infatti veniva consegnato il premio di MVP della regular season a “The Answer” nel 2001, Raymond emetteva il suo ultimo respiro a causa del degenerarsi di una infezione alla gamba postuma alla sua amputazione, crudele ironia per la fine di un talento irrealizzato.
In “Black Jesus THE ANTOLOGY” di Federico Buffa, è a lui dedicato la storia “Il più grande che non sia mai esistito”, leggendola non può che scendere una lacrima.