Il 2018 è terminato ed è tempo di bilanci per quanto visto in questa prima parte di stagione NCAA che ha già messo in mostra diversi prospetti futuri. La lega, attraverso il suo sito, ha stilato una lista dei 7 migliori giocatori su ambo le metà campo e noi abbiamo deciso di seguirli stilando la nostra personale; I giocatori che seguiranno sono messi in ordine casuale e coscientemente non abbiamo voluto creare una classifica.
Zion Williamson (Duke): era il giocatore che tutto il College Basket, e non solo, aspettava con ansia; il nativo di Spartanburg non si è fatto attendere mostrando alla nazione come il suo talento non si esaurisse con le schiacciate che hanno fatto il giro del mondo sui social. 201 cm (scarsi) per 129 kg (solo Boban Marjanovic pesa più di lui) di muscoli ed esplosività, fisico da tight end prestato alla pallacanestro, Zion ha subito incantato il Cameroon Indoor Stadium e tutto il paese: i suoi numeri dicono 19.8 punti, 9.4 rimbalzi, 2.3 assist il 65% dal campo, 2.1 rubate e 1.9 stoppate e un presenza fisica ed emotiva sul campo che ha difficilmente eguali; ha la miglior efficiency rating della lega, 40.8 con un ampio distacco sul secondo, e gioca solamente 26 minuti di media; rapportati su 40 minuti i suoi numeri sarebbero obiettivamente senza senso.
Con lui e con RJ Barrett Duke è tra i migliori attacchi della nazione sia per punti segnati che per percentuali dal campo e individualmente i miglioramenti sono ancora infiniti, a partire da un tiro da tre punti ancora assai deficitario, 3/18 17%. Questa stagione per Williamson è solo un trampolino verso quello che lo aspetterà al piano di sopra, ma la cattiveria e l’intensità con cui sta giocando fa pensare che anche quest’anno voglia lasciare le briciole agli avversari.
In vista della prima scelta al prossimo Draft, per quello che si dice e per quanto fatto vedere, sembra essere un affare in famiglia tra lui e RJ Barrett, con Williamson che in prospettiva sembra poter avere potenzialità ancora immense da sviluppare
RJ Barrett (Duke): canadese, 201 cm con un wingspan di quasi 210 cm, negli USA lo hanno conosciuto a loro spese, quando nel 2017 ai Mondiali U19 segnò 38 punti in semifinale con gli Stati Uniti portando poi la propria squadra a vincere la competizione (in finale contro la nostra Italia), assicurandosi anche il titolo di MVP della manifestazione.
Il numero 1 della classifica di ESPN ha numeri assolutamente straordinari, 23.8 punti di media, conditi da 6.8 rimbalzi, 3.8 assist e il 46.8% dal campo. Ogni tanto gli capita di forzare e di andare fuori ritmo, vedi la partita con Gonzaga o il primo tempo al Madison Square Garden contro Texas Tech, e il 65% ai tiri liberi potrebbe essere un problema quando si giocheranno le partite punto a punto, sopratutto per un giocatore che attacca in questo modo il ferro, ma come per Zion, questi Blue Devils quando le partite si faranno importanti vanno dove li porta il talento di RJ Barrett. L’USG% è di 34.5%, un dato altissimo se si pensa che nella stessa squadra ci sono giocatori come lo stesso Williamson, Cam Reddish e Tre Jones, sintomo di quanto detto e di come anche i compagni gli riconoscano lo status di star.
Come riportato sopra, la corsa alla prima scelta sembra essere a due tra lui e il compagno di squadra: Probabilmente al di là di qualche errore di scelta, il nativo di Toronto è un giocatore più pronto rispetto a Williamson, ma in ottica futura potrebbe avere meno potenziale da sviluppare
Ja Morant (Murray State): da un ateneo glorioso della ACC si passa alla meno rinomata Ohio Valley Conference dove a Murray State sta impazzando il talento di Ja Morant: sophomore nativo della Carolina del Sud che sta conducendo la squadra del Kentucky verso una delle migliori partenze della propria storia. Dopo un ottimo anno da freshman, conclusosi con l’eliminazioni al primo turno del torneo NCAA (in cui la squadra mancava dal 2012) contro West Virginia, Morant si è preso le chiavi della squadra primeggiando per punti (23), assist (9.3 e 56% di AST%, 1° nella nazione in entrambe le statistiche) e rimbalzi (7), il tutto tirando con il 52% dal campo. Unica pecca le 4.8 palle perse a partita, dovute anche alle tante responsabilità che il giocatore è costretto a prendersi in squadra.
In una squadra che fa della difesa il suo punto di forza (14° per punti concessi a partita e per defensive rating) il talento e l’inventiva di Morant risultano fondamentali (33% di USG%), sopratutto dopo la partenza dei due senior Jonathan Stark e Terrell Miller Jr, migliori realizzatori nella scorsa stagione. Il record della squadra, alle porte delle partite di conference in cui nella Ohio Valley Conference l’avversaria, almeno sulla carta, sembrerebbe essere ancora Belmont, dice ora 8-2 e le possibilità di partecipare per il secondo anno consecutivo alla March Madness (sarebbe la prima volta dalla stagione 1998-99) passano sicuramente dalle mani del prodotto della Crestwood High School.
Dietro il duo di Duke ora le previsioni del Mock Draft danno proprio il prodotto di Murray State, che nelle ultime settimane ha guadagnato diverse posizioni a discapito di giocatori come Cam Reddish, Nassir Little e Keldon Johnson
Jarrett Culver (Texas Tech): Dopo aver raggiunto il miglior risultato nella storia dell’ateneo con le Elite 8 nella scorsa stagione (sconfitta con Vilanova), la parabola di Texas Tech, con le partenze di Keenan Evans, Zhaire e Zach Smith, sembrava destinata ad affievolirsi, ma così non è stato e una delle motivazioni ha un nome e un cognome: Jarrett Culver.
Dopo una buona stagione da freshman chiusa a 11.2 punti di media il nativo del Texas ha letteralmente preso per mano i Red Raiders portandoli da imbattuti fino alla partita del Madison Square Garden di New York contro Duke. In uno dei palcoscenici più importanti della pallacanestro il giocatore di Chris Beard, nonostante qualche errore nel finale, ha tenuto in scacco per un tempo e mezzo la super difesa di coach K segnando 25 punti con 6 rimbalzi e 4 assist. Dopo la sconfitta con Duke i Red Raiders si sono subito rialzati andando a vincere l’ultima partita, prima dell’inizio delle calendario di Big12, contro Texas-Rio Grande; 19 punti con il 64% dal campo e 0 palle perse per Culver. Giocatore di una pulizia e di un’essenzialità disarmante, il prodotto della Coronado High School produce 19.6 punti di media, con 5.6 rimbalzi, 4.3 assist e il 45% da tre punti in neanche 30 minuti di gioco, con la squadra che nei momenti difficili sa di poter fare affidamento su di lui sia in attacco (30% di USG%, dato molto più alto rispetto alla scorsa stagione senza che questo influisse sulla percentuale di palle perse, passate da 13.3% a 12.9%), ma anche in difesa, dove grazie ad un wingspan di 209 cm, Culver può trasformarsi in un ottimo difensore (78.7 di defensive rating).
In ottica Draft in questo momento il giocatore viene dato verso la seconda metà del primo giro, con diverse squadre da Playoff che potrebbero aggiungere alla propria faretra un giocatore dal sicuro impatto e che anche fisicamente può essere pronto piuttosto velocemente.
Carsen Edwards (Purdue): la stella di Purdue non è nuovo a questi palcoscenici e probabilmente nessuno avrebbe potuto storcere il naso se il nativo del Texas, dopo la scorsa stagione a 18.5 punti di media con il 40% da tre punti, si fosse dichiarato al Draft. Ma, vuoi la delusione della sconfitta alle Sweet 16 contro Texas Tech (partita chiusa con losing effort da 30 punti), vuoi un Draft talentuoso in cui il prodotto di Atascocita High School non si è sentito sicuro di poter essere scelto dove avrebbe voluto, e Carsen Edwards ha deciso di tornare nell’Indiana per la sua terza stagione NCAA.
Se da una parte per la squadra l’inizio con 7 vittorie e 5 sconfitte non è stato dei migliori (con la partenza di 4/5 del quintetto), i numeri di inizio stagione per Edwards sono stati da fantascienza:26 punti i media (quarto miglior marcatore della nazione, con anche una partita da 40 punti nella sconfitta contro Texas) con 4 assist e ancora il 40% da tre punti. Purdue ha avuto fin ora uno dei calendari più difficili della Division I affrontando già, oltre ai Longhorns, squadre come Virginia Tech e l’imbattuta Michigan, con le cose che non sono destinate a migliorare visto il livello quest’anno della Big Ten; per questo motivo se la squadra di Matt Painter vorrà provare ad entrare tra le 64 del Torneo sarà necessario che Carsen Edwards continui a sfornare questo tipo di prestazioni anche nel 2019, anche se il supporting cast intorno alla stella di Purdue non pare essere in grado di seguirlo (38% di USG%, 4° della nazione e dato un po’ troppo alto per una squadra che vorrebbe puntare ad arrivare a marzo inoltrato) .
Se non per arrivare al Torneo NCAA una stagione così produttiva potrebbe aiutarlo almeno a migliorare le sue quotazioni al Draft con molti addetti ai lavori che, come l’anno scorso, nutrono parecchi dubbi nei suoi confronti a causa di un fisico che in NBA rischia di soffrire troppo la fisicità dei pari ruolo.
Markus Howard (Marquette): questi Golden Eagles non sono sicuramente la squadra più talentuosa che l’ateneo di Milwaukee si ricorderà nella sua storia, ma una partenza così 11-3 non si vedeva da quasi 10 anni e non si era mai vista sotto la guida di Steve Wojciechowski. “Il colpevole” di questo inizio sprint è il junior Markus Howard, le cui prestazioni hanno fatto il giro degli Stati Uniti e non solo. Il nativo dell’Arizona, dopo una stagione in cui si condivideva le responsabilità con Adrew Rowsey si è preso definitivamente la leadership della squadra (34% di USG%) facendo registrare partire da record: le sue statistiche recitano 23.9 punti di media, con 4 assist, 4 rimbalzi e il 42% da tre punti (più tentativi da tre che da due in stagione, visti anche i soli 180cm), ma quello che ha messo davvero il prodotto della Findlay College Prep sulla mappa sono state le due prestazione da 45 punti nel mese di dicembre; una contro Buffalo n°21 del ranking e un’altra contro Kansas State una delle migliori difese della nazione.
Marquette viene da una sola partecipazione alla March Madness nelle ultime 5 stagioni e vorrebbe interrompere questo trend; per fare questo, e puntare ad essere ancora in gioco quando comincerà il tabellone a 64 squadre i Golden Eagles dovranno sperare che la loro stella continui a bersagliare i canestri avversari con questa continuità. La Big East di quest’anno non è sicuramente tra le più irresistibili delle ultime stagioni e l’obiettivo non è così utopico, anche se la sconfitta di 20 contro St. John (8 punti, 2/15 dal campo per Howard) ha destato qualche preoccupazione
Dedric Lawson (Kansas): alla notizia del trasferimento da Memphis ai Jayhawks non c’erano dubbi su quale dei due gemelli Lawson avrebbe avuto più impatto sulla squadra di Bill Self, ma sinceramente chi poteva aspettarsi che in una squadra con già così tanto talento Dedric Lawson potesse avere questo tipo di rendimento? il nativo della città del Tennessee, dopo un virgola alla seconda partita contro Vermont, ha cominciato ad ingranare ventelli (7 partite su 8 con 20 o più punti) e non si è più fermato. La sua leadership in campo è lampante (29% USG% dopo solo 11 partite) e, oltre ad un tiro da tre punti su cui ancora non nutre grande fiducia (ma per quello c’è il suo compagno Legerald Vick che tira con il 45% da tre punti), non c’è cosa che l’ala di 203 cm non sappia fare: giocare in post, partire in palleggio, attaccare il ferro, tirare dal mid-range, le armi in suo possesso sono davvero tantissime e a questo aggiunge anche una difesa più che discreta.
I suoi numeri fino a questo momento dicono 19.6 punti di media, con 10.8 rimbalzi (fondamentali visto anche l’infortunio di Azubuike per alcune partite), 2.5 assist e il 52% dal campo. Inoltre il prodotto della Hamilton HS ha il vizio di non sentire troppo la pressione e di produrre le migliori prestazioni nelle situazioni importanti, vedi i 28 punti nella vittoria contro i campioni in carica di Villanova o i 30 che hanno permesso ai Jayhawks di rimanere in partita contro Arizona State.
Dopo la sconfitta alla Wells Fargo Arena, la prima della stagione, Kansas ha perso la prima posizione del ranking scivolando al quinto posto, ma, se il rendimento di Dedric Lawson rimarrà questo, con il ritorno di Azubuike, il killer instinct di Vick e la crescita dei freshman Devon Dotson e Quentin Grimes, chi vuole arrivare fino a Minneapolis ad aprile dovrà sicuramente fare i conti con la squadra di Bill Self.
Esclusi illustri: Rui Hachimura, Caleb Martin, Ethan Happ
Duke Blue Devils: certo, 11-1 con quelle due fuori serie lì in attacco sembra essere il minimo sindacale, ma le vittorie della squadra di coach K non passano solo dall’essere tra i migliori attacchi del College Basketball (4° per punti segnati, 7° per offensive rating, 10° per percentuale dal campo): infatti quello che sembra essere completamente diverso dalla scorsa stagione, in cui Duke era sempre ai primi posti per numeri offensivi, è l’approccio difensivo che la squadra mette nei 40 minuti di gioco. I numeri sono li a confermarlo, 2° nella nazione per defensive rating, 1° con distacco per stoppate (8 a partita), 4° per palle rubate e 5° per % dal campo lasciata agli avversari (un misero 37%).
La partita al Madison Square Garden contro Texas Tech è stata l’emblema di come la difesa possa davvero essere il metronomo per il successo di questa squadra in questa stagione NCAA. In una gara in cui per quasi 30 minuti il canestro è sembrato stregato per RJ Barrett e compagni, i ragazzi di Durham sono rimasti in gioco grazie alle 15 palle rubate, 6 del solo Tre Jones (MVP della partita con anche 13 punti, 5 assist e 5 rimbalzi), e il 38% dal campo concesso. Oltre al freshman da Apple Valley, da questo punto di vista è fondamentale il ruolo in squadra di due giocatori come il capitano Javin DeLaurier e dell’australiano Jack White;
quest’ultimo in particolare ha visto in pratica quadruplicarsi il proprio utilizzo, passando dai 6 minuti della scorsa stagione ai 25′ di questi primi due mesi. Con i suoi 201 com per 97 kg White è in grado di difendere su praticamente qualsiasi posizione, oltre che essere un ottimo rimbalzista (6.8 a partita, secondo in squadra dopo Williamson); inoltre l’australiano ha di molto migliorato la sua efficienza dall’arco, portando la sua percentuale molto vicino al 40%, cosa che permette di non pagarlo troppo in attacco nei tanti minuti in campo (7.2 punti di media mantenendo sempre un Usage molto basso, 10%). Infine, oltre a tutto questo, in questa stagione ogni tanto in mezzo all’area arrivano stoppate di questo tipo.
Le difese a zona per nascondere i buchi di Marvin Bagley e Gary Trent sembrano ora un brutto ricordo (anche se ogni tanto Barrett e Reddish qualche giro di riposo se lo prendono) e, aspettando l’arrivo delle partite di Conference, Duke sa ora di avere nella difesa un’arma che può portarla davvero lontano.
Bruno Fernando (Maryland): Il nativo dell’Angola poteva probailmente già trovarsi al piano di sopra se a fine maggio non avesse deciso di tornare a Maryland per il suo anno da sophomore, dopo aver testato l’interesse nei suoi confronti nelle settimane precedenti al Draft. Scoperto durante i Mondiali Under 17 del 2014 a Dubai (gli stessi in cui Rui Hachimura fu miglior realizzatore con 22.6 punti a partita e Jayson Tatum si affacciò sul panorama Mondiale), in cui chiuse con 9.1 punti, 10.6 rimbalzi e 2.7 stoppate, Fernando è arrivato ai Terrapins passando per la Florida (Montverde Academy prima e IMG poi).
Dopo un primo anno in cui le sue cifre sono aumentato solamente dopo l’infortunio del Canadese Justin Jackson e il conseguente inserimento in quintetto per il proseguo della stagione, Bruno Fernando è sicuramente diventato uno dei leader nella squadra di Mark Tungeon, che ha avuto come sempre un ottimo avvio, ma che dovrà dimostrare di saper mantenere le prestazioni anche con le avversarie della Big Ten, cosa che nelle ultime due stagioni non gli è riuscita.
Con i suoi 208 cm di altezza e i 225 cm di wingspan Fernando è un incredibile rim protector: il nativo dell’Angola produce infatti 2.5 stoppate a partita giocando meno di 30 minuti. Inoltre il giocatore ha una velocità di piedi insospettabile che gli permette di resistere anche sui cambi difensivi contro gli esterni avversari. Il suo defensive rating di 88.3 è da considerare ottimo, sopratutto in una squadra che dal punto di vista difensivo non lo aiuta (95.2 di squadra, 98 se si considerano solamente i giocatori che giocano più di 15 minuti di media); inoltre con lui in campo la squadra subisce 7 punti in meno per 100 possessi (93.1 di squadra, 86.3 con lui in campo). Anche a rimbalzo Fernando è una presenza con 9.7 palloni catturati a partita. In questo momento il giocatore di Maryland viene dato tra le prime 10 scelte del prossimo Draft, per confermare questa posizione la speranza per lui è che la sua squadra possa fare più strada rispetto all’anno scorso arrivando almeno a giocare il Torneo NCAA.
De’Andre Hunter (Virginia): la difesa dei Cavaliers sotto Tony Bennet è una sicurezza da ormai diverse stagioni (1° per punti subiti nella NCAA dal 2013, in ACC dal 2011) e sembrava quindi scontato premiarla nuovamente come collettivo; abbiamo allora deciso di inserire in questa lista un solo giocatore di questo “muro”, quello che in questa stagione ha innalzato di più il proprio rendimento. Dopo il suo primo anno da redshirt freshman in cui ha vinto il premio di sesto uomo della ACC, e dove non è riuscito a giocatore il torneo NCAA a causa della rottura del polso durante il torneo di Conference (Virginia poi eliminata al primo turno dalla #16 UMBC), De’Andre Hunter è entrato in pianta stabile nel quintetto dei Cavaliers dando un apporto fondamentale su ambe due i lati del campo.
Se in attacco il nativo di Philadelphia ha legittimato la promozione con 14.5 punti di media e il 43% da tre punti, in difesa il suo rendimento si misura ben oltre quelli che sono i numeri che produce: con i suoi 201 cm e 105 kg Hunter ha una struttura fisica che gli permette di difendere su qualsiasi giocatore in campo, dagli esterni ai lunghi sotto canestro su qualsiasi cambio. Come detto, non devono ingannare statistiche come le stoppate o le palle rubate in cui i Cavaliers non eccellono neanche di squadra, ma la fisicità che mette sul parquet e la capacità di levare qualsiasi soluzione facile agli avversari, sopratutto in transizione, costringendoli a giocare con un Pace bassissimo, in cui poi ogni errore vale doppio.
Per il giocatore di Virginia questo inizio di stagione così convincente è valso l’ingresso nel primo giro del Mock Draft; Hunter da parte sua spera di poter giocare fino alla fine in questa stagione e mettersi quindi anche in mostra durante la March Madness NCAA, portando la propria squadra più avanti possibile verso la destinazione finale di Minneapolis.
Texas Tech: Come detto precedentemente in presentazione di Jarrett Culver, in pochi si potevano aspettare di trovare i Red Raiders al 11° posto del ranking NCAA con 12 vinte ed una sola sconfitta, dopo le partenze dei giocatori cardine della passata stagione. Se uno dei motivi è sicuramente l’esplosione di Culver, la base su cui Chris Beard sta costruendo i successi di questi primi mesi è senza ombra di dubbio la difesa. Texas Tech, al contrario di Virginia, gioca ad un ritmo più alto (70.4 possessi a partita, 7 in più), ma riesce ugualmente ad essere, numeri alla mano, con i Cavaliers, la miglior difesa della nazione.
La squadra del nostro Davide Moretti è 2° per punti subiti a partita (52.3) e 1° per percentuale dal campo (32.8) e da tre punti (24%) concessa, con anche uno dei migliori attacchi della lega come quello di Duke che per un tempo e mezzo ha visto le proprie percentuali ben al di sotto delle proprio medie stagionali (7/22 per Barrett con 0/7 da tre) e i difensori avversari mettere sempre un corpo sulle penetrazioni portando i giocatori di coach K a commettere diversi falli in attacco.
Texas Tech è anche 1° in tutta la NCAA per defensive rating di squadra, e ha ben 5 giocatori che risultano nelle prime 10 posizioni per defensive rating individuale. Tra questi 5 spiccano il senior da South Dakota Mike Mooney, primo nella classifica appena citata, a cui aggiunge anche 2.2 rubate a partita e il lungo da St. John Tariq Owens, secondo per defensive rating e con 2.4 stoppate a partita (13.7 di BLK% 5° nella nazione) in soli 22 minuti di media. Per l’ateneo che ha sede a Lubbock ora sono iniziate le partite con le squadre della Big12, e dopo la vittoria in trasferta contro West Virginia arriverà Kansas State. Con i Kansas Jayhawks che paiono per ora un gradino sopra le altre, saranno questi due mesi a dirci se i Red Raiders potranno continuare ad essere così competitivi anche in una conference solita a portare diverse squadre al Torneo.
Nickeil Alexander-Walker (Virginia Tech): altro giocatore che da una stagione all’altra ha cambiato per ora il panorama della propria squadra: uscito dal college il senior Justin Bibbs, coach Buzz Williams ha deciso di mettere in mano le chiavi degli Hokies al sophomore Nickeil Alexander-Walker. Canadese di Toronto, dopo una stagione da gregario, il classe 1999 è uscito come l’allenatore si aspettava, dimostrando un grandissimo talento su entrambi i lati del campo. In attacco il prodotto della Hamilton Heights Christian Academy è il leader indiscusso con 18.5 punti di media, il 58.7% dal campo e il 47% da tre punti.
Anche in difesa però Alexander-Walker è cresciuto tantissimo ed è in questa metà campo che la squadra sembra per ora aver fatto davvero una cambio di mentalità che potrebbe portarli ad una stagione molto positiva. Rispetto ad un anno fa, prima di iniziare cioè le partite di Conference, Virginia Tech subisce 17 punti in meno di media, risultando la 5° per punti subiti a partita, senza che l’attacco perda di efficacia (2° per offensive rating e 5° per percentuale dal campo con il 52%). In questi numeri si inserisce la crescita del canadese, che l’anno scorso in molti scout descrivevano come un difensore pigro e disattento: ora Alexander-Walker sfrutta a pieno le proprie doti fisiche ed atletiche (196 cm per 95 kg con uno wingspan di 206 cm) che gli permettono di essere considerato tra i migliori difensori del College Basket (82.8 di defensive rating). Inoltre in 31 minuti di media, grazie alle sue braccia lunghe, il giocatore ruba 2.4 palloni con un STL% di 4.7%, tra le migliori della NCAA.
Con questo inizio di stagione Nickeil Alexander-Walker ha fatto un balzo all’interno del Mock Draft, andandosi a posizionare in zona lotterò e alle porte della top-10. Ora per Virginia Tech cominceranno le partite contro le squadre della ACC (prima vittoria arrivata contro Notre Dame), con l’obiettivo di migliorare il 10-8 con conseguente 7° posto delle ultime tre stagioni.
Brandon Clarke (Gonzaga): La stagione degli Zags era cominciata come meglio non ci si poteva attendere, con la vittoria al Maui Invitational in finale contro Duke e il primo posto nel ranking, poi due sconfitte consecutive con Tennessee prima e sopratutto con i 100 punti subiti da North Carolina hanno fatto scendere un po’ le quotazioni della squadra di Mark Few. Ora per Gonzaga cominceranno le partite di Conference, ma essendo nella non irresistibile WCC, di cui sono campioni da 6 anni consecutivi, saranno poche le partite “competitive” da qui a marzo e la preoccupazione più grande per il coaching staff sarà arrivare sani al Torneo NCAA recuperando Geno Crendall e il lungodegente, ma fondamentale, Killian Tillie.
Uno dei protagonisti di questo inizio di stagione è stato sicuramente Brandon Clarke: canadese come Alexander-Walker, ma di Vancouver, il giocatore degli Zags è arrivato questa stagione dopo due stagioni a San Jose State e un 2017-18 di red shirt; in questi primi due mesi a Spokane Clarke si è subito dimostrato essere un atleta e un giocatore di primissimo livello su entrambi i lati del campo. In attacco il prodotto della Desert Vista High School di Phoenix sta producendo 17.1 punti di media con il 70% da campo, con tante soluzioni vicino al ferro usufruendo degli assist di Josh Perkins. Ma è in difesa dove Clarke sta facendo ancor di più la differenza per la squadra, non facendo rimpiangere per ora l’assenza del fratello minore di Kim Tillie in forza a Gran Canaria: 3.1 stoppate a partita (11% di BLK%), 1.6 rubate e unico della squadra a stare sotto 90 di defensive rating (87.7), il tutto giocando 27 minuti di media. Dall’ingresso a Gonzaga il giocatore ha preso quasi 10 kg arrivando a quota 95, che combinati ai 201 cm di altezza e i 208cm di wingspan permettono a Clarke di non soffrire sotto canestro contro lunghi più forti fisicamente e di poter anche contenere con efficacia gli esterni avversari.
Se anche in ottica Draft la stella della squadra è senza ombra di dubbio il giapponese Rui Hachimura, Brandon Clarke sta comunque conquistando posizioni, e fino a questo momento viene indicato verso l’inizio del secondo giro. Le mani non sono ancora educatissime, dovesse lavorare anche su quello non è da escludere un suo spostamento sul lato sinistro del Mock Draft.
Sagaba Konate (West Virginia): una cosa è sicura, quelli di quest’anno non saranno i Mountaineers delle ultime due stagioni, quelli di Javon Carter (finito ai Grizzlies), gli unici che misero davvero in difficoltà Villanova nella corsa al titolo NCAA della scorsa March Madness. Di quella partita, finita 90-78 per i Wildcats, è rimasta impressa a molti la giocata di Sagaba Konate che stoppa a due mani un Mikal Bridges lanciato a schiacciare in transizione.
Il maliano è alla sua terza stagione a West Virginia con il suo apporto che è andato di anno in anno migliorando. In attacco Konate segna più di 13 punti di media e ha messo su anche un tiro da tre punti credibile (39% su 3 conclusioni a partita), ma è in difesa che il nativo di Bamako da il meglio di sé: 2.8 stoppate a partita (12% di BLK% 8°, dopo essere stato 1° la scorsa stagione con 15.6%), leggermente meno alla scorsa stagione in cui erano 3.2, quasi 1 rubata e 8 rimbalzi in soli 24 minuti sul parquet. Il prodotto della Kennedy Catholic alza di molto il livello della difesa nella propria squadra: unico con un defensive rating sotto il 90 (89.5), con West Virginia che subisce 10 punti in meno per 100 possessi con lui in campo. Unico problema per lui sono i falli che spesso lo portano a giocare meno minuti di quanti vorrebbe concedergliene coach Bob Huggins (3.3 di media con due partite concluse per 5 falli di cui una in soli 14 minuti).
In una competitiva Big12 difficile pensare che i Mountaineers possano arrivare al Torneo NCAA, per questo motivo i prossimi due mesi saranno fondamentali per Konate anche in ottica Draft 2019; per ora il giocatore viene dato ad inizio secondo giro con le cose che da qua a giugno che potrebbero cambiare di molto.
Esclusi illustri: Barry Brown, Ty Jerome, Matisse Thybulle
Come già ampiamente ricordato ora, con l’inizio delle partite di Conference, si entra nel vivo della stagione, con le migliori squadre della nazione che si sfideranno sempre più frequentemente. Un antipasto da qui ad inizio marzo che ci accompagnerà, passando per i tornei di Conference fino all’epilogo della March Madness. Buon anno e buona NCAA a tutti gli appassionati
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