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NBA Playoff Preview: Houston Rockets vs Utah Jazz

Di Paolo Stradaioli

Difficile trovare, nell’attuale panorama NBA, due squadre così agli antipodi capaci di esprimere un basket foriero di risultati nel lungo periodo. L’ISO ball dei Rockets contro l’advantage basketball dei Jazz, un incrocio in cui difficilmente emergerà la ragione dell’uno o dell’altro, ma che servirà ancora di più per sviscerare tutte le varianti che il gioco permette di adottare.

Percorsi affini

A inizio dicembre i Rockets perdono contro Dallas, il record dice 11-14, gli arrivi di ‘Melo e Carter-Williams in offseasonsi dimostrano inutili, a tratti dannosi. Si comincia già a parlare dei Rockets come di una squadra poco interessante per il discorso contender e qui la storia si squarcia.

Nel giro di due mesi James Harden riscrive le regole della realtà trasmettendo la sensazione che un giocatore di questo tipo sia un insulto alla democraticità del gioco. In soldoni: uno così non è legale. 41,1 di media (DI MEDIA), mai sotto i 30 punti, 32 partite giocate ai limiti dell’immaginario umano passando sul parquet quasi 39 minuti a sera e mettendoci anche 7,4 assist a partita che altrimenti la statlineè un po’ povera. Se non fosse accaduto pochi mesi fa verrebbe da dire che è tutto uno scherzo (il fatto che non lo sia terrorizza un po’ tutti, ci sono anche due partite da 61 punti, ma dai).

I Rockets rimettono il discorso sul giusto asse; tra dicembre e gennaio arrivano 12W e appena 3 sconfitte, con il trend che prosegue fino all’All-Star Game nonostante i principali alfieri del Barba (Paul e Capela) lottino spesso con noie fisiche. Dopo il break la squadra di coach D’Antoni si supera, avendo ragione dell’avversario per 20 volte rispetto alle sole 5 sconfitte. È ovviamente il miglior record della lega nella finestra post All-Star Game, infiocchettato con un NetRating di 10,7 (anche in questo caso miglior dato della lega) e, sorpresa sorpresa, 105,3 punti concessi ogni 100 possessi, il secondo miglior DefRtg dell’NBA dopo la pausa.

Se questi iniziano anche a difendere diventa obiettivamente impensabile giocare una serie a 7 contro di loro senza essere i Warriors. E il Barba? Sarà stanco? Bella domanda, intanto la stagione è, di nuovo, da MVP. Leader per punti (36,1 il secondo è Paul George a quota 28), per canestri realizzati dal campo, per liberi realizzati, mai viste tante triple non assistite nella storia, 34 doppie doppie, 7 triple doppie, un’efficienza in isolamento che non ha spiegazioni razionali (16,4 possessi a partita, 1,11 punti a possesso, 18,1 punti di media, praticamente è un campione statistico che non ha niente a che fare con la pallacanestro giocata da tutti gli altri. Vedere per credere). Il 61,6% di TS% è il miglior dato della storia, secondo solo al James Harden versione 17/18. Come si ferma uno così?

Questo sarebbe il nuovo marchio di fabbrica, il Side Step, D’Antoni riassume meglio di tutti: quello che fa lui è quasi impossibile.

Non è necessariamente detto che ci sia una risposta, ma se esiste non c’è motivo per cui i Jazz non dovrebbero trovarla. Vi ricordate quel dato sul defensive rating dei Rockets? Bene, loro sono secondi perché i primi sono i Jazz (104,8) e in tutta la Regular Season sono secondi solo ai Bucks. C’entra molto il fatto di avere a roster Rudy Gobert; se Harden punta a vincere il premio di MVP in back to back lo stesso vale per il francese con il Defensive Player of The Year (curioso che per entrambi il principale avversario sia Antetokounmpo, ma questa è un’altra storia), ma c’entra ancora di più la solidità difensiva che contraddistingue la squadra di Quin Snyder da quando l’ex assistente di Ettore Messina si è insediato a Salt Lake City.

Nelle ultime tre stagioni i Jazz sono stati sempre tra le prime tre della classe per DefRtg, quest’anno la Effective FG% degli avversari si ferma al 50,7% (solo i Bucks fanno meglio), l’Offensive Rebound% contro i Jazz è di appena 24,1% (miglior dato della lega). Se in campo ci sono i Jazz gli altri fanno una fatica bestiale a costruire soluzioni di qualità, il pallone si muove in maniera molto più macchinosa e prevedibile, contro Gobert e compagni gli assist collezionati sono la miseria di 21,6 a partita. I Magic, secondi in questa graduatoria, ne concedono 23,1. Imporre il proprio gioco per 48 minuti al cospetto di una squadra così organizzata, con dei principi così interiorizzati, risulta essere uno dei compiti più ardui per qualsiasi attacco NBA.

Pressione sul portatore, blitz al momento giusto, poi Ingles torna sugli appoggi come una molla. Ne esce un tiro a bassissima percentuale.

Per tutto il 2018 la squadra ha stentato, poi la svolta. Dopo la sconfitta a Toronto il giorno di capodanno la ruota gira: dal 2 gennaio in poi sono 32 vittorie (quarto miglior record della lega), 105 punti subiti ogni 100 possessi (miglior DefRtg della lega) e un NetRtg di 8, a strettissima distanza da Warriors e Bucks. Non è un’eresia dire che si affrontano le due squadre più in forma della lega. Bisognerà capire quale delle due riuscirà a esaltare meglio i propri pregi per ambire a sfidare i Warriors in semifinale di conference.

Scontri diretti

2-2, pari e patta. Una vittoria in casa, una in trasferta, tutte piuttosto lontane nel tempo, le indicazioni che si possono cogliere sono solo parziali ma comunque meritevoli di attenzione.

Il primo dato da sottolineare è che entrambe le squadre non sono a proprio agio oltre l’arco quando si affrontano. I Jazz tirano da 3 con un rispettabile 35,6% ma nelle quattro partite contro i Rockets il dato crolla a un misero 28,5% con un volume di tiri che rimane in media. Allo stesso tempo la macchina da triple di coach D’Antoni diminuisce sensibilmente la sua produzione (dai 45,4 tentativi a sera si passa ai 38 contro i Jazz) e allo stesso tempo le percentuali calano dal 35,6% al 30,3%. I Jazz sono la squadra che complica di più la vita nella costruzione di tiri pesanti: contro di loro si tentano, di media, 27,7 tiri a partita, nessuna squadra riesce così bene a togliere questa soluzione agli avversari.

Togliere le triple però non vuol dire concedere questi pick and roll al Barba che poi fa quello che vuole.

I Rockets (insieme ai Nuggets), d’altro canto, inficiano le percentuali avversarie da 3 meglio di chiunque altro riducendole al 34% di media. Insomma, parliamo di due squadre contro le quali è difficile prendere tiri pesanti ad alta percentuale, fattore che potrebbe andare molto più a beneficio dei Jazz che basano “solo” il 32,5% della loro produzione offensiva sulle conclusioni da oltre l’arco (a dispetto del 42,5% dei Rockets, per distacco la percentuale più alta della lega). Il risultato è che i 114,8 punti ogni 100 possessi (secondi solo ai Warriors) collassano contro la squadra di coach Snyder ad appena 99 punti. Cinque in meno dell’OffRtg dei Knicks (ultimi della classe). Allo stesso tempo il DefRtg a quota 100 (sono permesse le battute a sfondo politico) sarebbe per distacco il miglior dato della lega, segno che, se la difesa dei Jazz è un problema di difficile soluzione per tutti, l’attacco degli stessi non è performante contro la franchigia texana.

Se Mitchell non è in serata le chance di portare a casa la partita si assottigliano sensibilmente, nelle due sconfitte contro Houston il prodotto di Lousville ha tirato con il 32,6% dal campo e il 22,2% da 3. Con queste percentuali Utah non può pensare di battere l’irreale produzione offensiva dei Rockets, nemmeno alzando le barricate in difesa. That’s 2K19 basketball.

Chiavi tattiche

In parte le abbiamo già esplorate, ma è giusto rimarcare l’inevitabile: se i Jazz non segnano non si inizia neanche. È vero, difensivamente solo i Bucks possono essere paragonati a Utah, ma, nel basket contemporaneo, specialmente in una serie a 7, prima o poi un attacco come quello dei Rockets diventa un problema ingestibile. È chiaro che le condizioni fisiche di Chris Paul sono un’incognita, le scorie di una Regular Season giocata con quel regime di giri potrebbero pesare sull’efficacia di Harden, ma se i Jazz cominceranno a litigare con il ferro sarà difficilissimo passare il turno.

Le buone notizie per Utah sono che, da dopo l’All-Star Game, hanno il quarto OffRtg della lega, Gobert si è rivelato per tutta la stagione un grimaldello offensivo di primissimo livello e troppo a lungo sottovaluto (concentrati come eravamo a esaltarne le doti nella propria metà campo), Ingles è a tutti gli effetti il playmaker della squadra e un giocatore con questo IQ cestistico farà tutta la differenza del mondo in postseason. Sarebbe importante recuperare un tiratore come Korver (monitorato day-by-day), che durante la stagione ha dato molta più aria all’attacco dei Jazz, mentre c’è ottimismo intorno alle condizioni di Ricky Rubio che potrebbe essere già pronto per Gara 1. Nell’ultimo match di Regular Season coach Snyder ha dato tanto campo a Grayson Allen e il rookie ha risposto con un quarantello che suggerisce una certa voglia di giocare i playoff. Forse non sarà la soluzione ideale per l’attacco dei Mormoni, ma avere uno scorerdi questo tipo che si alza dalla panchina potrebbe essere un balsamo per la produzione offensiva dei Jazz.

Dall’altra parte l’idea sarà più o meno la stessa degli ultimi due anni: switchare sui blocchi sistematicamente, forzare una marea di turnover (negli ultimi due mesi di Regular Season nessuna squadra ha costretto gli avversari a più palle parse) e aggrapparsi a giocatori come PJ Tucker e Paul, sulla carta due difensori eccellenti che probabilmente si spartiranno il compito di limitare Mitchell (ci sarebbe anche Shumpert, ma chissà se avrà voglia).

Nella metà campo offensiva la priorità sarà quella di chiamare Gobert lontano dal pitturato per limitare il suo strapotere sotto le plance. Capela non è un giocatore capace di aprire il campo ma è cresciuto tanto in questi anni, le sue doti da bloccante non sono paragonabili a quelle dei migliori in questo fondamentale, ma parliamo comunque di un buonissimo screener, nonché uno dei migliori rimbalzisti offensivi su piazza, probabilmente buona parte del risultato della contesa passerà da quanto lo svizzero riuscirà a limitare Gobert nelle due metà campo. Il francese ha vissuto una stagione sensazionale (migliore in carriera per punti, rimbalzi, assist e percentuali dal campo) è diventato uno dei migliori bloccanti della lega con 1,35 punti a possesso in quella situazione e la bellezza di 5,9 screen assist a partita, nessuno come lui quest’anno. Senza contare il solito impatto difensivo che probabilmente lo porterà a lottare fino all’ultimo per confermare il ruolo di miglior difensore in NBA. Se Capela si lascerà divorare dallo strapotere di Gobert per Houston sarà veramente dura.

 

Qui Gobert non ha l’istinto di cambiare, Korver fa un mezzo pasticcio, il francese pensa solo al pitturato, tripla facile per Green.

Giocatore chiave

Il più significativo plot-twist della stagione dei Jazz sono stati gli infortuni, a stretto giro di posta, di Rubio, Neto ed Exum, privando coach Snyder di tutte le sue point guard. L’unica soluzione spendibile era mettersi nelle mani di Joe Ingles. L’australiano ha risposto presente e oggi è probabilmente l’uomo più importante nel gameplandella sua squadra.

 

Finta, mette palla a terra, cioccolatino per Exum.

Con Ingles in campo il NetRtg è di 8,1, senza si scende a -0,8, la forbice più ampia in tutto il roster di Utah. Miglior assistman della squadra dietro a Rubio, 39% da 3, 56% di eFG%, in difesa Snyder gli affida quasi sempre il miglior attaccante avversario, parliamo di un giocatore totale che per doti fisiche faticherebbe nel campionato italiano, figurarsi in NBA. Ingles sta vivendo la sua miglior stagione in carriera e la sua presenza permette anche soluzioni alternative, come un quintetto votato al 3&D con O’Neal e Crowder in campo capaci di accoppiarsi con tutti.

Il compulsivo uso del pick and roll dei Rockets potrebbe essere disinnescato proprio da questo terzetto che non avrebbe problemi ad accettare cambi sistematici e potrebbe proteggere Gobert dall’andare a perdersi lontano dal ferro. Ingles è stata la chiave di volta della stagione dei Jazz, se continuerà a dare determinate garanzie anche ai playoff per Utah la corsa potrebbe continuare.

Pronostico

Si preannuncia una serie molto equilibrata che rischia di non trovare un padrone prima di gara 7. Se Chris Paul rimarrà sano per tutta la serie allora il backcourtdei Rockets potrebbe essere ingestibile anche per la difesa di coach Snyder. Nel complesso però Utah sembrerebbe arrivare con più frecce al proprio arco a questo appuntamento quindi diciamo che alla fine saranno i Jazz a passare il turno. Anche se…

Guarda i commenti

  • Ottima analisi anche se sono un fan dei Rockets. Secondo me i texani sono sottovalutati da buona parte dei giornalisti perche non giocano come molti intendono il basket. Comunque, secondo me, se tengono fisicamente i Rockets vinceranno il titolo. Golden State non e quella dell'anno scorso e attenti ai Clipper

  • Probabilmente la serie più intrigante, ma credo che chiunque passerà non ha le armi per fermare i Warriors, solo Boston può pensare di giocarsela. Prevedo un 4-3 Houston

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Pubblicato da
Redazione NbaReligion

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