Da oltre un anno il suo 30 su 30 è uno dei libri più apprezzati tra quelli che parlano di sport. Un ideale pass all’area per conoscere a 360 gradi il mondo della palla spicchi Made in USA. Un successo inevitabile quanto meritato che ha convinto Riccardo Pratesi, oggi tornato a scrivere sulle colonne di La Gazzetta dello Sport, a produrre anche una versione e-book.
Con il primo turno di Playoff (quasi) in archivio abbiamo deciso di contattare Riccardo per parlare un pò di quello che è successo ma soprattutto di quello che ci dobbiamo attendere dai prossimi mesi di NBA. Buona lettura.
Dopo anni in cui la vincente della Eastern Conference era praticamente già definita in partenza, quest’anno le semifinali propongono due sfide interessantissime e apparentemente molto equilibrate: cosa dobbiamo attenderci secondo te?
Equilibrio. Ma finalmente verso l’alto. Dopo troppe stagioni in cui LeBron ha dominato la Conference per giganteschi meriti propri, ma anche per le colpe di una concorrenza inadeguata. La sfida Milwaukee-Boston è molto affascinante. Anzitutto ci darà una risposta in chiave Giannis Antetokounmpo. Dopo una regular season da potenziale MVP, è già pronto per essere il nuovo spauracchio ad Est, quando inizia la post season, oppure e’ ancora troppo presto? In chiave Celtics invece, la serie potrebbe svelare il futuro di Kyrie Irving: se le cose dovessero andare male sarebbe difficile vederlo vestito ancora di verde, dopo l’estate, ma in caso di ritrovata chimica di squadra e sgambetto alla franchigia col miglior record NBA. Toronto-Philadelphia mette di fronte due franchigie che sono andate all in. Chi perde, fallisce. Non ci sono giri di parole da fare. I canadesi, stanchi d’essere delusi dai Playoff, in Kawhi Leonard hanno finalmente la coperta di Linus cui aggrapparsi nei momenti di difficolta, per inseguire le Finals e per convincerlo che si può vincere anche oltre confine. I 76ers, scocciatisi non a torto del Processo, più lungo di quelli giudiziari italiani, hanno accatastato stelle. Ma quante sapranno brillare, quando conta davvero? Per Ben Simmons un esame chiave de suo status, per Jimmy Butler una verifica in prospettiva futuro prossimo. Ma alla fine la differenza, in un modo o nell’altro, la faranno le ginocchia di Joel Embiid.
Spostiamoci ad Ovest e parliamo di una franchigia che hai osservato molto da vicino durante il tuo “soggiorno” USA: i Golden State Warriors. Al netto dei meriti enormi dei Clippers, i campioni in carica, hanno mostrato qualche piccola crepa nel loro meccanismo perfetto: si tratta solo di un piccolo appannamento, soprattutto mentale, di questo momento, oppure si tratta di qualcosa di più serio?
I Warriors sono sempre stati soggetti a blackout di concentrazione. Pigri, indolenti, a volte molto presuntuosi. Inevitabile, quando hai messo su una dinastia di successi e giochi con 4 All-Star in quintetto. La superficialità è costata loro le Finals del 2016, quando sul 3-1 pensarono di aver già vinto, pur arrivati “cotti” a fine stagione dopo aver inseguito ogni record possibile/immaginabile. Si ritrovarono senza benzina, affiancati e poi superati dal treno LeBron, con Irving vagone di testa. La premessa è per dire che contro i Clippers hanno secondo me peccato di nuovo di narcisismo. Convinti d’essere comunque più belli e più bravi, giocando al gatto col topo con Lou Williams e compagni, quando proprio non sarebbe stato il caso. I Warriors sono “corti” come rotazione. A maggior ragione dopo l’infortunio di Cousins. Ma restano la squadra migliore dell’NBA per talento. È verosimilmente l’ultima avventura playoff, tutti assieme, di questo gruppo. Basterà per motivarli e mettere da parte le combustioni interne che teste come quelle di Durant, Green e dello stesso Boogie, comportano di default?
Rimaniamo ad Ovest e parliamo della più grossa delusione di questo primo turno di Playoff: gli Oklahoma City Thunder. Cosa non ha funzionato secondo te contro i Blazers e soprattutto, vista la situazione “ingolfata” a livello di salary cap, cosa dobbiamo attenderci in estate da Presti? Rivoluzione o avanti con questo gruppo?
I Thunder hanno anzitutto pagato l’infortunio alla spalla di Paul George. Con lui al meglio, era legittimamente nella conversazione per l’MVP sino all’All-Star Game, avrebbero chiuso la stagione regolare con un record e un piazzamento migliore. E quelle percentuali al tiro sciagurate che ne hanno caratterizzato le prime gare della serie, quelle che hanno incanalato la serie verso l’esito finale, non si sarebbero probabilmente viste. Per un sistema basato su due All-Star dominanti, averne uno non al meglio cambia e non poco le prospettive. Poi Russell Westbrook ha sbagliato 2 partite su 5. E questo, con un supporting cast mediocre, eppure strapagato, i Thunder non se lo potevano permettere. L’infortunio di Roberson è stato gestito in maniera dilettantesca. La promozione di Terrance Ferguson, promettente, ma totalmente inadeguato, ancora, a questo livello, e’ stata una follia. Avrebbero dovuto attingere dal mercato degli svincolati per cercare rinforzi a basso costo. Il salary cap intasato non permette rivoluzioni. Va voltata pagina in panchina: via Donovan. Ci sono disponibili Coach di ben altro livello, come Messina e Joerger. Come strategie di mercato potrebbe essere lecito mettere in piedi una trade per Adams – ammirevole per atteggiamento, come sempre e più che mai ma che vale la metà dei soldi che guadagna – che porti in cambio una guardia tiratrice adeguata. I limiti dal perimetro sono palesi.
Se OKC è stata la delusione, va da se che Portland sia stata una sorpresa, per lo meno nelle dimensioni della vittoria della serie. I Blazers sono pronti per la Finale di Conference? E, parafrasando Barkley: visto il super back-court, con Nurkic avrebbero dato veramente fastidio ai Warriors?
I Blazers hanno come miglior giocatore un uomo squadra, un uomo franchigia. Damian Lillard si è consacrato nei Playoff, tornando quello capace di eliminare Houston con le sue prodezze solo 3 stagioni fa. La sua gara 5 sinora il momento piè emozionante di questa post season. 50 punti e quella tripla vincente finale sulla sirena, da casa sua, con poi il saluto agli sconfitti, dopo tanto trash talking. Roba da Oakland finest, un instant classic che rivedremo tante volte, in futuro. Sono pronti per la Finale di Conference? Lo sono se Kanter, infortunato alla spalla sinistra, potra offrire comunque il suo meglio. Ha l’attacco per mettere in crisi Jokic, in caso di accoppiamento con Denver. Se incrociassero gli Spurs i Blazers sarebbero favoriti, e non solo grazie al fattore campo favorevole ma anche perché sono più “lunghi” del recente passato. Ricordiamoci che hanno dominato i Thunder senza Nurkic.
Lasciamo per un attimo i Playoff e proiettiamoci sul futuro. Anche in questa stagione hai assistito live al Torneo NCAA: quali sono i giocatori che ti hanno impressionato maggiormente e chi, escluso Zion Williamson, vedi come futuro crack del basket NBA.
Ho seguito live il primo ed il secondo turno del Torneo Ncaa, il mio quinto da giornalista, da Jacksonville, Florida. Ho ammirato di persona i prospetti di Kentucky: Tyler Herro è un Luke Kennard più atletico, Keldon Johnson un super atleta con un tiro dolcissimo, ma ancora prospetto molto acerbo, PJ Washington un possibile David West 2.0. Alla fine si sono giocate il titolo squadre esperte, come da tradizione, trascinate comunque da due prospetti da Top 10 al Draft come De’Andre Hunter di Virginia e Jarrett Culver di Texas Tech. In assoluto, credo che Zion, talento atletico generazionale, andrà numero 1 se non altro per l’hype che legittimamente lo accompagna, e Ja Morant numero 2. Sono curioso di vedere Bol Bol, post infortunio: prospetto con tante incognite, ma dannatamente intrigante.
Futuro non vuol dire solo Draft, ma anche free agency. E quella di questa estate promette di essere particolarmente scoppiettante. Facciamo finta che tu sia un veggente anziché un giornalista, dove vedi nella stagione 2019/2020 Durant, Leonard, Irving, Thompson, Butler e Walker?
Parto da Klay Thompson poichè credo sia l’unico che resti al suo posto, nella Baia californiana. Poi iniziano le risposte difficili. Credo che Kevin Durant se ne andrà. Dove, non lo so. Non credo lo sappia neppure lui. Immagino uno tra Kemba Walker e Irving a New York: forse pesino entrambi, uno ai Knicks e l’altro ai Nets. Il destino di Leonard e Butler dipenderà probabilmente dal rispettivo cammino Playoff, anche se ho l’impressione che Kawhi possa salutare tutti comunque. E’ losangelino…
Parlare di mercato senza parlare di Lakers è praticamente impossibile, soprattutto alla luce di quanto successo recentemente con le dimissioni di Magic. Due domande secche: Chi sarà il prossimo allenatore? Riuscirà Pelinka a portare uno dei top free agent alla corte di LeBron?
Il prossimo allenatore dei Lakers credo possa essere Tyronn Lue. Per la disperazione inevitabile dei tifosi Lakers. Uno yes man di LeBron, cacciato persino da Cleveland senza James nei paraggi, e per far spazio a coach Larry Drew. Pelinka non porterà a casa nessuno, non per incapacità, ma perché il mercato dei Lakers, ormai nemmeno più tanto segretamente, lo fanno Rich Paul e LeBron. Battute a parte, credo che Anthony Davis sia non solo possibile, ma diventi necessario per allontanare con una trade i giovani, pur promettenti, che LeBron ha scaricato, e che farebbero – ed è difficile dar loro torto – fatica a dividere lo spogliatoio col fenomeno di Akron per un’altra stagione.
Angolo premi: i tuoi personali voti per MVP, Rookie of The Year, Difensive Player of The Year, Most Improved Player of The Year , Sixth Man of The Year, Coach of The Year.Non sono pronostici.
Sono le mie valutazioni personali. Quindi, per capirci, non l’esito dell’assegnazione dei riconoscimenti, che ricordiamo tengono conto solo della stagione regolare, ma i miei giudizi. E dunque: Antetokounmpo MVP perché i Bucks hanno chiuso col miglior record NBA e il suo pacchetto attacco/difesa per me è più completo di quello di Harden, Luka Doncic matricola dell’anno senza neanche concorrenza, George miglior difensore, Derrick Rose miglior sesto uomo davanti a Lou Williams, Pascal Siakam giocatore più migliorato. L’allenatore dell’anno è la valutazione più tosta da fare: dico Coach Malone. Denver non era neanche una certezza Playoff a inizio stagione, ed ha chiuso in scia ai Warriors.
A nome di tutta la redazione di NbaReligion.com, un caloroso ringraziamento a Riccardo per la gentilezza e per la grande disponibilità concessaci
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Ma' io uno che dice che Jordan si comprava le partite non lo ritengo molto competente.