Road To Draft

Road to NBA Draft 2019: Keldon Johnson

Squadra: Kentucky Wildcats (Freshman)

Ruolo: Small Forward

2018-19 Stats Per Game

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls Blks FG% 3pts FG% Ft%
13.5 5.9 4.5 1.3 1.6 0.8 0.2 46.1 38.1 70.3

2018-19 Advanced

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
10.4 11.3 5.5 16.5 11.8 22.7 0.6 52.1 55.8

 

Negli ultimi dieci anni, cioè da quando siede sulla panchina di Kentucky, John Calipari ha allenato ben 25 one-and-dones. Da John Wall a Anthony Davis, da DeMarcus Cousins a Karl-Anthony Towns, da Eric Bledsoe a Jamal Murray, da Enes Kanter a Hamidou Diallo, solo per citare i Wildcats più rappresentativi scelti al Draft NBA al termine del loro anno da freshman. La lista, già un record, è destinata ad allungarsi in questo 2019, con lo scorer bianco Tyler Herro e tutta l’energia di Keldon Johnson pronti all’approdo tra i professionisti dopo una sola stagione a Lexington. Insieme a loro, da Kentucky si è dichiarato anche PJ Washington, ala forte al secondo anno.

Come molti altri prospetti NBA, anche Keldon Johnson, ala piccola di 1,98 per 98 chili, già nazionale USA under 19, è un giocatore ancora acerbo, un diamante allo stato grezzo che per trovare il proprio fit nella lega dovrà sottoporsi all’inevitabile lavoro duro che attende chi vuole tenere botta dopo il grande salto. In ogni caso, la taglia fisica, l’atletismo e la versatilità che porta in dote, sia in attacco sia in difesa, unitamente al suo sviluppo in prospettiva, sono oggetto di interesse da parte di più di una franchigia, dal momento che certi requisiti ricoprono un’importanza centrale nella NBA odierna.

Cominciamo così.

Oltre a tutto ciò, per sopperire alle immancabili lacune di un giocatore della sua età (compirà vent’anni l’11 ottobre 2019, a pochi giorni dal suo auspicabile debutto), Johnson cerca di metterci qualcosa in più: un’enorme determinazione e sicurezza nei propri mezzi. Questa attitudine competitiva l’ha forgiata fin da bambino, nel giardino di casa a South Hill, Virginia, teatro di innumerevoli sfide al tradizionale canestro appeso sopra la porta del garage, con i due fratelli maggiori Kaleb (oggi in squadra a Georgetown) e Kyle, sotto l’occhio vigile e al contempo rassicurante di papà Chris, punto di riferimento di una famiglia molto unita e composta anche da mamma Rochelle e da un’altra figlia, Kristyn.

Keldon ha sempre preso con serietà la sua passione per la pallacanestro, mosso dalla convinzione che potesse essere una strada sicura per il futuro. Tanto che ha frequentato la Oak Hill Academy, la prestigiosa scuola privata che inserisce i migliori prospetti liceali in un programma d’élite per prepararli nel migliore dei modi al college e successivamente alla NBA. Kevin Durant, Carmelo Anthony, Jerry Stackhouse sono soltanto alcuni dei grandi nomi transitati per la sperduta cittadina di Mouth of Wilson, sempre in Virginia ma nell’interno, non lontano dal Kentucky appunto, dove si studia e si gioca a basket perché non c’è altro da fare, sia per il regolamento da caserma vigente nella scuola sia per assenza di alternative nel raggio di svariate miglia.


Prestazione di 20 punti di Keldon Johnson contro Auburn.

Uscito da Oak Hill con una ragguardevole media di 22,1 punti, 6,8 rimbalzi e 4,4 assist, Keldon Johnson ha scelto Kentucky preferendola a North Carolina State, università di cui è tifoso suo padre, e a Maryland, ritenendo che soltanto alla corte di John Calipari potesse compiere i necessari progressi per prepararsi al salto in NBA. Maturate in 36 presenze, le cifre dell’unico anno a Kentucky, terminato con l’eliminazione per mano di Auburn alle Elite 8 del torneo NCAA, gli sono valse il premio di SEC Freshman of the Year: 13,5 punti in 30,7 minuti con 5,9 rimbalzi, 46,3% dal campo e un incoraggiante 38,1% al tiro da tre (ma con solo 3,2 tentativi a partita).

 

Punti di forza

L’atletismo di Keldon Johnson è fuori discussione e lo si vede nella sua naturalezza nell’attaccare il ferro, innescata da un primo passo esplosivo con cui prendere il tempo e bruciare l’avversario in marcatura diretta su di lui. Quando non riesce a schiacciare, nonostante la sua notevole elevazione, fa affidamento su un levigato floater che gli consente di andare a segno contro avversari più alti e grossi, mentre grazie a una struttura fisica di fatto già da NBA assorbe senza problemi i contatti in penetrazione. Keldon si infiamma in un istante e quando è on fire riesce a segnare come vuole. Analogamente, risulta particolarmente difficile da arginare in transizione, fase in cui sa portare palla o pescare compagni liberi. E’ infine un ottimo rimbalzista.

Primo passo fulminante e decollo in slam dunk.

Il tiro da tre di Johnson si attesta già su buoni livelli e, se acquisirà man mano sempre più fiducia, sarà in grado di diventare presto una seria minaccia dal perimetro. Di conseguenza, attirando maggiori attenzioni difensive su di sé, potrebbe trovare ancor più opportunità di attaccare l’area, cosa che al momento gli riesce meglio. A livello di high school la sua percentuale dall’arco era di 31,4%, mentre al college è salita al 38,1%: un importante segnale di progresso e lui lo sa, perché l’etica del lavoro non gli manca. Sa tirare bene in catch-and-shoot e in generale mostra evidenti qualità off the ball, essendo bravissimo a liberarsi dalla pressione degli avversari e a farsi trovare in posizione ideale per il tiro, a riprova di un ottimo feeling con il flusso del gioco.

Il suo punto di forza resta la grande versatilità. Una combinazione di forza fisica, rapidità e tenacia che ne fanno un potenziale 3&D nonché 2-way player. In difesa, oltre che in ala piccola, è in grado di controllare entrambe le posizioni di guardia e anche quella di “4” se l’altra squadra è in small ball. Lui stesso in NBA potrebbe ritrovarsi a giocare shooting guard. Il carattere lo porta ad adattarsi senza problemi a fare più cose e da lui arriveranno sicuramente tanti intangibles utili alla causa.

Mano educatissima per il floater.

 

Punti deboli

Se off the ball se la cava, la capacità di crearsi una dimensione offensiva direttamente dal palleggio è l’aspetto in cui Keldon Johnson, attualmente, appare deficitario. D’altronde la sua altezza e struttura fisica gli consentirebbero di sviluppare quella che è ormai una skill estremamente richiesta in NBA: sapersi creare palla in mano lo spazio tra sé e il proprio difensore diretto per andare al tiro. Questa è la sfida che lo attende al massimo livello.

Il tiro da tre di Johnson è già discreto, anche se dovrebbe aumentare la velocità di rilascio. Tuttavia sembra a volte riluttante ad affidarsi alla conclusione dalla lunga distanza, facendo finire di conseguenza fuori ritmo l’intera azione offensiva della sua squadra. E deve migliorare la selezione dei tiri che si prende. Allo stesso modo, eccedere troppo nelle penetrazioni potrebbe trasformarsi in un limite per lui: è richiesta quindi l’esigenza di lavorare sempre di più a un maggiore equilibrio tra la sua esplosività e la visione di gioco.

Buon tiro da tre ma rilascio da velocizzare.

Al college ha realizzato tiri liberi con una percentuale del 70,3%: non certo il top, per un esterno. Così come appena 1,6 assist a partita è una quota piuttosto bassa per un giocatore che potrebbe presto ritrovarsi a occupare un ruolo di guardia. Keldon deve quindi crescere nel playmaking e nel ball handling, per essere ancora più efficace in pick and roll e nel gioco a metà campo. Il suo atletismo va indirizzato a generare un maggior numero di palle perse da parte degli avversari, riducendo contemporaneamente le proprie, in quanto tende spesso ad andare fuori controllo, a forzare tiri e passaggi e ad essere troppo aggressivo.

E’ infine propenso a essere incostante e a sparire dal gioco quando non è in giornata, ombre che fanno da contraltare alle innegabili luci dei frangenti in cui sembra un dominatore assoluto in campo.

Pick and roll niente male, come passatore. E non è il suo punto di forza.

 

Upside

In una lega in cui il requisito fondamentale per un’ala è saper difendere su più ruoli, attaccare il ferro e tirare efficientemente da tre, Keldon Johnson ha le potenzialità per essere un buon 3&D a livello NBA, se saprà trovare il giusto equilibrio tra il suo atletismo dirompente e la lucidità necessaria per compiere scelte e movimenti giusti. Non sarebbe una sorpresa vederlo affermarsi come eccellente difensore e affidabile scorer, soprattutto se riuscirà a evolvere nella capacità di crearsi il proprio tiro dal palleggio.

L’altezza non eccessiva (non arriva ai due metri) lo proietta verso un ruolo di guardia. Intensità, durezza, fiducia in se stesso e determinazione giocano a suo favore, ma sarà l’equilibrio tra tutto ciò che sa fare (e non è poco) e la capacità di specializzarsi in qualcuna di queste cose a determinare il suo successo. Perché essere bravo in tutto ma eccellente in nulla non è considerata una prospettiva ideale in NBA. Sulla sua volontà di lavorare duro per crescere, non ci sono dubbi, e lo conferma coach Calipari:

“A Kentucky ha fatto incredibili progressi e migliora partita dopo partita, ha un grande atteggiamento in tal senso e sa dove ha bisogno di migliorare”.

 
Un po’ di highlights della stagione a Kentucky.

 

Draft Projection

I mock draft posizionano Keldon Johnson tra la metà e il tardo primo giro. Per uno come lui, che necessita di essere sgrezzato e non poco, l’ideale sarebbe finire in una franchigia innanzitutto funzionale e quindi in una squadra che abbia bisogno di difensori perimetrali, affidabile tiro da tre e atletismo. Oklahoma City Thunder alla 21, come elemento in grado di allungare la panchina e fornire supporto a Westbrook, George e Adams, potrebbe essere una destinazione ideale, così come Portland alla 25, che ha bisogno come il pane di elementi come lui. Positive per situazione e contesto sarebbero le scelte numero 15 dei Detroit Pistons, 16 degli Orlando Magic o la 18 degli Indiana Pacers.

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Pubblicato da
Francesco Mecucci

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