Road To Draft

Road to NBA Draft 2019: Grant Williams

Squadra: Tennessee (Junior)

Ruolo: Forward

2018-19 Stats Per Game

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls Blks FG% 3pts FG% Ft%
18.8 7.5 5.3 2.2 3.2 1.1 1.5 56.4 32.6 81.9

2018-19 Advanced

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
18.5 13.3 8.5 17.4 11.8 26.4 5.4 58.2 64.6

Nel corso dell’ultima stagione NCAA, la Tennessee di Rick Barnes è stata a lungo tra le migliori squadre dell’intera nazione. I Volunteers hanno chiuso la stagione con un eccellente record di 31-6, classificandosi secondi in SEC, arrivando fino alla finale del torneo di Conference e alle Sweet Sixteen nel torneo NCAA. A guidarli in campo c’era Grant Williams, autore di un’annata che gli è valsa per il secondo anno di fila il titolo di SEC Player of the Year e l’inserimento nel miglior quintetto SEC della stagione, fruttandogli anche per la prima volta l’inserimento nel miglior quintetto del torneo della Conference e, soprattutto, l’elezione al grado di All-American.

Dopo una serie così importante di riconoscimenti, dunque, per l’ex numero 2 dei Volunteers è arrivato il momento di giocarsi le proprie carte all’interno del Draft NBA. Le possibilità di imporsi come giocatore di spessore anche al livello superiore, però, per Williams passano tutte attraverso il corretto utilizzo della sua dote più marcata: l’altissimo QI cestistico a sua disposizione.

Punti di Forza

Basta davvero un rapido sguardo a quanto fatto da Williams in maglia Volunteers per rendersi conto di come la sua caratteristica principale sia l’intelligenza cestistica: una dote che gli permette di assottigliare l’evidenza dei propri limiti e accentuare la qualità dei suoi pregi.

Nella metà campo offensiva Williams sfrutta la sua scaltrezza per posizionarsi sempre nello spazio giusto per punire la difesa: oltre a portare dei blocchi che si traducono in screen assist e oltre a essere un eccellente rimbalzista in attacco (nella scorsa stagione ha catturato 2.2 rimbalzi offensivi a gara), cosa non scontata per un’ala poco atletica di 2.03 m, il numero 2 di Tennesse ha guidato la sua squadra in punti segnati grazie a un’innata capacità di modellare il proprio gioco d’attacco in relazione alle esigenze della sua squadra.

Grant Williams ha fondato buona parte del proprio fatturato offensivo sulla sua produttività in post, su jumper dal midrange e sulle partenze frontali da zone intermedie del campo, con le quali può anche mettere in mostra il suo spin move: una soluzione che ha perfettamente meccanizzato e che porta a termine indifferentemente con entrambe le mani.

Il suo gioco in post -sviluppatissimo (in tali situazioni tirava con il 56% dal campo) e parzialmente traslabile a livello NBA nelle situazioni in cui l’ex Tennessee dovrà fronteggiare avversari meno alti o fisici- rappresentava la sua arma primaria a livello NCAA: oltre a riuscire a tagliar fuori i suoi diretti marcatori grazie a un ottimo senso della posizione, Williams possiede un vasto set di partenze, movimenti e conclusioni che porta a termine sia con la mano destra che con quella sinistra. Il suo fisico solido in tal senso lo aiuta particolarmente: non perde praticamente mai l’equilibrio ed è difficilissimo da spostare.

Malgrado sia in svantaggio di centimetri, fa perno sulla spalla sinistra e crea separazione dal diretto avversario: la tecnica del gancio è ottima, la mano pure.

La sua buona affidabilità nel tiro dal midrange gli ha permesso di trasformarsi in un efficace giocatore di pick-and-pop, anche senza necessariamente riaprirsi sul perimetro: quando si spazia dopo aver portato il blocco è anche capace di attaccare il closeout e chiudere a centro area senza perdere la morbidezza del tocco.

Punisce quell’attimo di esitazione del suo difensore dopo la sua riapertura per prenderlo in controtempo. Chiaramente dovrà ampliare il range del suo “pop” per traslare questa situazione di gioco a livello NBA.

Ma Williams non è solo un giocatore capace di lucrare in prima persona sui vantaggi costruiti dai compagni: è un ottimo passatore sia dal post che all’interno della circolazione della propria squadra. Un vero e proprio playmaker secondario da inserire in un sistema già rodato: sa trattare la palla sia a metà campo che in transizione, pescando i taglianti con linee di passaggio e letture tutt’altro che banali. Grazie ai suoi 3.2 assist a gara e un’assist percentage del 18.5% (a fronte di una turnover percentage dell’11.8%) può far gola a quelle squadre da playoff che hanno bisogno di aggiungere caratteristiche simili alle proprie ali in uscita dalla panchina.

A metà campo sa passarla in tutti i modi: dal post basso, con l’extra pass perimetrale e dal post alto.

 

Punti Deboli

Le più grosse debolezze di Williams sono le dimensioni e una piuttosto marcata mancanza di atletismo: alto 203 cm e con una wingspan di 211 cm (dimensioni sotto media per le power forward NBA), l’ormai ex numero 2 dei Volunteers potrebbe risentire al livello superiore di una pallacanestro più rapida, atletica e fisica.

Williams gioca spesso al di sotto del ferro: non è uno schiacciatore feroce né uno stoppatore d’elite e, questa caratterstica potrebbe, alla lunga, sembrare molto evidente in una lega nella quale la sua buona struttura fisica rischia di non risultare sufficiente per assorbire ogni contatto come succedeva a livello NCAA.

Nella metà campo difensiva, soprattutto, Williams potrebbe pagare lo scotto più imporante: la sua tendenza a commettere falli (mai sotto i 3 a gara nella sua carriera collegiale) potrà essere amplificata dalle qualità tecniche e atletiche dei giocatori che si troverà a fronteggiare. In NBA rischia di risultare troppo lento per tenere il primo passo delle small forward e troppo poco lungo ed esplosivo per tenere botta nei duelli fisici contro le power forward. Insomma, la sua adattabilità alla NBA dipenderà interamente dal contesto in cui verrà calato.

Il suo scouting report contro Rui Hachimura e Brandon Clarke di Gonzaga: una gara in cui è stato espulso per 5 falli.

Inoltre, Williams non dispone neanche di un tiro da tre punti già sviluppato al punto di permettergli di evolvere in uno strech four o addirittura in un’ala piccola: il 32.6% da tre punti su 1.6 tentativi a gara fatto registrare nel suo junior year non fornisce garanzie a livello di volume ed efficienza. L’82% fatto registrare dalla lunetta può far ben sperare a tal riguardo ma del lavoro dovrà esser fatto sulla sua meccanica di tiro, al momento troppo lenta.

Upside

Non è da escludere che un giocatore con il suo pedigree e la sua intelligenza possa, dopo un periodo di apprendimento e assestamento, trovare il modo di fornire il proprio sostanzioso contributo anche a livello NBA, magari nel ruolo di starter.

Arrotondando la mano nel tiro pesante potrebbe evolvere in un’ala piccola dotata delle giuste armi da sfruttare nella pallacanestro moderna: un fisico tosto per portare dei blocchi, caratteristica sempre più richiesta per le ali che vengono coinvolte nelle sempre più creative combinazioni di pick-and-roll a livello NBA, un ottimo senso dello spazio e la capacità di lettura necessaria per punire le scelte effettuate su di lui con degli scarichi precisi.

Il suo futuro nella lega passerà tutto dalla sua etica del lavoro e, chiaramente, dal contesto nel quale verrà fiondato all’approdo nella National Basketball Association.

Draft Projection

Stando a quanto ci arriva dai principali Mock Draft presenti su internet, dalla 20esima pick in poi tutte le scelte potrebbero essere quelle giuste per vedere il suo nome chiamato da una franchigia NBA. Uno scenario particolarmente intrigante per la sua crescita potrebbe essere la possibilità di essere scelto dai Golden State Warriors alla numero 28: andando a scuola da Draymond Green potrebbe ben apprendere a che livello, con la giusta dose di lavoro e competitività, possono ambire delle ali grandi sottodimensionate ma estremamente intelligenti nella NBA del 2019.

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Pubblicato da
Jacopo Gramegna

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