Road To Draft

Road to NBA Draft 2019: Carsen Edwards

Squadra: Purdue (Junior) 

Ruolo: Point Guard

2018-19 Stats Per Game:

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls Blks FG% 3pt FG% Ft%
24.3 3.6 3.2 0.4 2.9 1.3 0.3 .394 .355 83.7

2018-19 Advanced:

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
18.3 6.0 1.3 10.6 12.3 37.3 1.0 .490 .541

A volte i draft NBA contengono una quota eroe, un giocatore che non avrà una carriera da star nella lega ma arriverà con molte attenzioni addosso per via di quanto fatto al college. Per l’edizione 2018-19, la quota eroe è interamente soddisfatta da Carsen Edwards.

Eroe perché alla terza stagione a Purdue, programma di spessore ma che durante la scorsa March Madness non era fra le candidate ad arrivare fino in fondo, ha letteralmente trascinato i suoi compagni fino alle Elite 8, a un over time di distanza dalle Final Four, e lo ha fatto concludendo il torneo con 34.8 punti a partita, nono miglior dato della storia NCAA, e superando il record di Steph Curry di “output per night”, miglior dato dal 1991.

Una delle imprese del suo torneo è arrivata nella partita che valeva le Sweet 16, contro i campioni in carica di Villanova (vincitori anche nel 2016):

Non contento, ha replicato lo stesso punteggio alle Elite 8, che hanno però visto l’avventura sua e di Purdue concludersi dopo un over time contro Virginia, poi vincitrice delle Final Four:

Edwards non è un predestinato, ha passato ben tre stagioni al college per mancanza di considerazione da parte della NBA, è alto solamente 185 centimetri (a fronte di ben 90kg di muscoli) e non sembra avere il destino della star nel proprio futuro.
Dopo un torneo di questo livello, però, il passo verso la declaration per il draft 2019 è stato inevitabile, e nonostante un saluto commovente al college che è stato casa sua per tre anni, dalla prossima stagione potremo vedere Edwards in NBA.

Punti di forza

Impossibile non partire dallo scoring, principale arma a disposizione di Edwards e sulla quale probabilmente si baseranno tutte le speranze per la sua carriera NBA.

Durante la March Madness Edwards ha dimostrato di poter essere pericoloso anche da distanze solitamente eccessive per i giocatori di college, incarnando un fenomeno simile a quello messo in mostra da Damian Lillard durante il primo turno di questi playoff contro gli Oklahoma City Thunder, circa un mese dopo.

“From the ‘s’ in ‘March Madness'”.

Edwards ha rapidamente capito di poter impensierire le difese ben oltre la linea del tiro da 3 punti, e usa questa capacità tanto per colpire in anticipo rispetto all’avversario diretto quanto per generare situazioni per i compagni.
La meccanica di tiro è di altissimo livello, il rilascio veloce e in sospensione gli permette di evitare di essere stoppato anche da avversari più alti di lui – situazione che capita spesso, duh – e il livello di fiducia acquisito durante il torneo gli ha permesso di scegliere al meglio cosa fare in determinate situazioni.

Edwards è abile anche a differenziare le situazioni che possono portarlo a tirare da 3 punti, riuscendo sia a crearsi possibilità da solo grazie al ball handling, quindi in spot up, che tirando in catch and shoot, vista la rapidità con cui riesce a muoversi per il campo e di conseguenza usare i blocchi dei compagni.

Nonostante i numeri non siano dalla sua, inoltre, il #3 è abile anche ad arrivare sulla linea di fondo e al ferro, grazie come anticipato a una muscolatura sviluppata che gli permette di reggere i contatti con i giocatori più grossi e inserire un’altra possibilità nel suo arsenale offensivo.

E’ bravo a servire i compagni nel traffico, ma anche a sfruttare situazioni di pick ‘n roll per arrivare al ferro assorbendo i contatti:

Punti deboli

I pochi centimetri di altezza sono per forza di cose il primo punto a sfavore nel gioco di Edwards; negli anni abbiamo visto che anche i giocatori più forti tecnicamente facciano fatica in molte situazioni quando gli avversari possono contare su leve più lunghe – Isaiah Thomas, Chris Paul, tutti giocatori che hanno avuto anni strepitosi ma il cui livello è calato nettamente appena l’esplosività fisica è venuta a mancare, e sono cominciati gli infortuni.

Edwards ha passato 3 stagioni complete al college, ciò significa che arriverà in NBA a 21 anni compiuti, un anno o addirittura due in ritardo rispetto ai suoi compagni della draft class 2019; se non sarà in grado di ritagliarsi da subito un ruolo nella squadra che lo sceglierà, le cose potrebbero peggiorare velocemente.

Un altro punto sfavore è quello che riguarda le sue abilità di playmaking. Edwards ha concluso questa stagione con meno di 3 assist di media a partita, che spicca comunque come il dato più alto della sua carriera collegiale. Il fatto di aver avuto praticamente tutto il peso offensivo di Purdue sulle spalle lo ha fatto concentrare sulle conclusioni individuali, compromettendone lo sviluppo da passatore e migliore lettore di situazioni. Traslare le sue abilità di scorer in NBA sarà impresa complicatissima, viste le dimensioni e atletismo dei difensori che dovrà affrontare da Ottobre in poi, e non riuscire ad avere un impatto nemmeno come distributore rischia di metterlo in serissima difficoltà.

I problemi in area arrivano anche alla scarsa capacità di procurarsi tiri liberi, che sarebbe invece un elemento fondamentale per aumentare le armi a disposizione di un giocatore di quelle dimensioni; nel 2018-19 Edwards ha tentato solamente 6.1 liberi a partita, in netta crescita rispetto ai 2.2 e 4.1 rispettivamente di 2017 e 2018, ma ancora non abbastanza per pensare che le cose possano cambiare particolarmente una volta arrivato in NBA.
Come fatto notare da Kevin O’Conner di The Ringer nella sua Draft Guide, concentrarsi sull’aggiunta del floater al suo arsenale potrebbe rappresentare una svolta importante, garantendogli una soluzione alternativa nelle situazioni di maggiore difficoltà, quando si troverà a metà fra la linea da 3 punti e il ferro, spinto dalle difese che penseranno primo di tutto a toglierli le conclusioni dalla distanza.

Una tendenza come quella sviluppata negli anni da Mike Conley, senz’altro un tipo di giocatore nettamente più avanti per quanto riguarda il playmaking e le letture in generale, ma con un fisico e armi simili a disposizione. Il prodotto di Ohio State potrebbe essere un buon esempio da seguire per Edwards.

L’uso del floater ha reso Conley un attaccante pericoloso da ogni zona del campo, permettendogli di ovviare a mezzi fisici limitati.

Upside

La mancanza di lavoro sul playmaking rende difficile prevedere un giorno Edwards in grado di guidare una squadra NBA da point guard. Che il ragazzo sia in grado di segnare tanto e con continuità, se inserito nel giusto contesto, è innegabile, e questo contesto potrebbe vederlo partire costantemente dalla panchina e diventare un sesto uomo o comunque opzione solida della second unit anche di squadre da playoff.

L’ideale per Edwards sarebbe una carriera simile a quelle di Lou Williams e Jamal Crawford, giocatori con i quali condivide le abilità di scoring e attenzione inferiore per quel che riguarda la regia (quantomeno nei primi anni); se Crawford però poteva contare su quasi una decina di centimetri in più, Williams ha raggiunto un livello di sensibilità e completezza tecnica che possono essere proibitive come parte del potenziale bagaglio tecnico di un giocatore che ha mostrato tanti pregi ma almeno gli stessi difetti, tutto prima ancora di giocare la prima partita in NBA.

Draft Projection

A giudicare dai principali mock draft d’oltreoceano, però, più qualche squadra sarebbe contenta di spendere la propria scelta al primo giro per Edwards, che dovrebbe essere chiamato tra la 25 e la 30 e godere di un livello di fiducia iniziale che gli possa permettere di partire con le pressioni giuste nella sua prima stagione tra i professionisti.

 

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Pubblicato da
Leonardo Flori

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