5. Earvin “Magic” Johnson
I due grandi rivali degli anni 80 Magic Johnson e Larry Bird mentre si fronteggiano a rimbalzo
Durante gli anni 80 furono completamente ridefiniti i canoni della pallacanestro statunitense. Alla base di questa rivoluzione ci furono due campioni i quali dall’alto della loro immensa comprensione del gioco, e della loro fantasia, diedero uno slancio verso il futuro alla NBA e alla pallacanestro intera.
La loro fu una rivalità epica ed indimenticabile, due interpretazioni diametralmente opposte della palla a spicchi ciononostante entrambe accomunate da diversi punti di contatto tra cui la filosofia vincente.
Magic rappresentava la teatralità e l’inganno, un playmaker in un corpo di un’ala in grado di creare gioco dal nulla scorgendo linee di passaggio ai molti intelligibili. Sapeva difendere praticamente su 4 ruoli ed attaccare con naturalezza sia dall’esterno sia stazionando l’imponente fondoschiena in post.
Un modo di stare in campo estroso ma efficace, che contagiò velocemente anche i suoi compagni di squadra dei Los Angeles Lakers, rendendoli protagonisti di un copione al cui termine c’era la firma inconfondibile dell’ex giocatore dei Michigan Spartans.
Una squadra da sogno che giocava una pallacanestro da sogno, talmente piacevole ed entusiasmante da essere derubricata tale ad uno show per il pubblico; in 11 anni i lacustri riuscirono ad approdare ben 9 volte alle finals, vincendo 5 edizioni.
Di queste forse la più bella ed indimenticabile vittoria è quella del 1987 arrivata dopo aver battuto in 6 gare gli acerrimi nemici di Boston.
Quell’edizione a detta di molti veniva considerata come uno spareggio fra le due formazioni, che nelle annate precedenti si erano spartite un titolo a testa negli scontri diretti, e che quindi vedevano nelle finali dell’87 l’occasione ideale per prevalere definitivamente l’una sull’altra.
Oltre allo scontro fra compagini, la serie metteva in scena anche l’atto finale della pluriennale rivalità fra Bird e Johnson.
Tutte le partite della serie furono vinte con scarti decisamente alti, tutte tranne gara 4, dove sul campo del Boston Garden, edificato nel quartiere West End della capitale del Massachusetts, andò in scena una vera e propria battaglia punto a punto.
Il pubblico era incandescente, lo slogan “Beat L.A.!!!” veniva scandito continuamente dagli spalti come una colonna sonora che accompagnava ogni azione offensiva di Johnson e compagni, mentre su molte magliette con sfondo verde spadroneggiava a caratteri cubitali la scritta “I hate L.A.”.
La partita sembrava largamente indirizzata verso i colori bianco verdi, tanto che verso la fine del terzo periodo i Celtics potevano vantare un vantaggio in doppia cifra. Tuttavia nell’ultimo e decisivo quarto lo strappo venne ricucito dalle giocate dei Lakers che regalarono ai loro tifosi uno dei finali più memorabili di sempre.
A 29 secondi dalla fine Los Angeles si portò in vantaggio di un punto grazie ad un alley-oop finalizzato da Kareem ovviamente imbeccato da Magic: era il primo vantaggio dei Lakers dal 5-4 dopo 3 primi e 30 del primo quarto.
Larry Bird dopo il time-out rispose con una tripla dall’angolo che riconsegnò il vantaggio nelle mani dei Celtics. I Lakers cercarono di riequilibrare il punteggio l’azione successiva pareggiando i conti con Jabbar in lunetta: il primo tiro andò a buon fine, il secondo invece sputato dal ferro, venne contestato a rimbalzo per poi finire oltre la riga di fondo a 7 dalla fine dopo essere stato toccato da McHale.
Sulla rimessa Johnson prese palla e fece uno dei suoi canestri più belli: tagliò dall’esterno del campo verso il centro dell’area, questo mentre era inseguito da 3 giocatori, librò la mano destra verso il cielo e mise la palla in buca per il definitivo vantaggio.
A seguire Johnson intervistato disse:
” Noi volevamo questa partita, ed io ero pronto a fare qualsiasi cosa per riuscire in questo proposito, dovevo prendermi io la responsabilità di quel tiro”.
I Lakers avrebbero vinto il titolo in gara 6, ma per tutti il quarto incontro fu la partita decisiva che consentì ai Lakers di portarsi sul 3-1, e gestire i match successivi con maggiore serenità e consapevolezza.
Stagione 1986-1987: 24 punti, 12 assist, 6 rimbalzi, 2 rubate, 52% dal campo, (per partita) 1° a ovest record 65-17
Playoff 1987: 22 punti, 12 assist, 8 rimbalzi, 2 rubate, 54% dal campo (per partita)
Johnson mentre effettua il celeberrimo gancio (the baby-hook) contro 3 difensori dei Celtics che consentì ai Lakers di vincere una tiratissima gara 4 al Boston Garden