Top 10

I 10 giocatori ad aver vinto nella stessa stagione il titolo di MVP della RS e delle Finals

2. LeBron James

Il gioco spalle a canestro del prescelto

Come tutti ben sappiamo il re per riuscire nell’ardua impresa di vincere un titolo NBA dovette trasferirsi sotto il caldo sole di South Beach, rinnegando temporaneamente la sua patria e la sua gente.

Una scelta che fu oggetto di un’attenzione mediatica spropositata ed inedita per gli ambienti sportivi.

La vicenda ricevette cotanto interesse che la notizia ufficiale venne data in diretta nazionale dallo stesso James su ESPN.

“The Decision” ormai era cosa fatta, il dado era stato tratto. Lebron  James dopo 7 stagioni con i Cleveland Cavs era pronto a voltare pagina per puntare dritto al titolo.

A Miami LeBron trovò ad aspettarlo a braccia aperte Wade e Bosh, due campioni di assoluto livello che con l’aggiunta dell’allora numero 6 avrebbero formato un trio d’assi difficilmente battibile; Miami si presentò in pole position sulla griglia di partenza pronta a scattare verso l’obiettivo finale.

La prima stagione di convivenza dei Big Three tuttavia si rivelò essere decisamente deludente in confronto ai pronostici degli esperti, soprattutto a causa del fatto che Miami non riuscì a centrare la vittoria finale per merito dei Dallas Mavericks guidati dal discepolo prediletto di Holger Geschwinder: Dirk Nowitzky (secondo MVP europeo nella storia delle finals nel 2011, dopo Tony Parker nel 2007).

Anche dal punto di vista personale la stagione di James si rivelò amara di soddisfazioni, il titolo di MVP venne infatti assegnato ad un giovanissimo ragazzo proveniente da Chicago: D-Rose.

Il numero 1 dei Bulls in quel momento rappresentava il futuro della lega, un futuro che come purtroppo ben sappiamo non si realizzò mai.

Dopo quella stagione le critiche cominciarono a piovere incessanti e sempre più pesanti ai danni del prescelto, che ormai veniva considerato un campione incompiuto e capriccioso, un giocatore che non era riuscito ad imporsi nonostante un super-team costruito ad hoc secondo le sue richieste.

L’unico modo per far zittire quelle voci e togliersi dalle spalle una scimmia che ormai era diventata tale e quale a King-Kong era uno ed uno soltanto: vincere.

E così fu.

Nella stagione 2011-2012 LeBron viaggiò a medie eccellenti imponendosi come MVP della RS, e portando gli Heat al secondo posto ad est dietro solo ai Chicago Bulls, nella loro versione migliore dal post-Jordan.

Il re durante i playoff scalò le marce alte per riuscire ad arrivare alle finals; la sua prova più memorabile fu in gara 6 delle finali di conference contro i Boston Celtics, quando riuscì a portare di peso gli Heat a giocarsi gara 7 (poi vinta) con un primo tempo alla Jordan da 30 punti con 11/12 al tiro segnando in qualsiasi modo concepibile dalla mente di un giocatore.

Tranquillo a partita in ghiaccio:

“Eyes on the prize, è un’espressione americana: gli occhi sul trofeo, e gli occhi di LeBron James in questa partita erano sul trofeo fin dall’inizio della partita stessa.”

(A onor di cronaca bisogna ricordare che i Bulls quell’anno vennero estromessi dai Playoff a causa del primo infortunio gravissimo che subì Derrick Rose, senza quel fattaccio i Playoff probabilmente si sarebbero svolti diversamente ma a malincuore questo non lo sapremo mai.)

Alle finali gli Heat si mangiarono in un sol boccone un’arrembante OKC arrivata alle Funals dopo una stagione entusiasmante.

I Thunder non riuscirono mai ad imporre il loro ottimo gioco nei momenti chiave dovendosi troppo spesso affidare alle giocate individuali dei suoi campioni ovvero Durant e Westbrook, mentre Harden non riuscì mai a essere decisivo in uscita dalla panchina come lo era sempre stato fino a quel momento nei playoff.

Il tabellino recitò 4-1 Heat, la squadra della Florida tornò campione dopo il titolo del 2006, e il prescelto riuscì finalmente a raggiungere il suo obiettivo: finalmente aveva vinto e tutti o quasi tacquero.

L’anno successivo fu re-peat, James venne eletto nuovamente migliore giocatore per la stagione regolare e riuscì a vincere il titolo dopo avere prevalso in una serie memorabile contro i San Antonio Spurs.

Il momento chiave delle finals fu sicuramente il tiro da 3 punti realizzato da Ray Allen, che permise il pareggio agli Heat in gara 6 a 5 secondi dalla fine (the miracle shot), mentre i magazzinieri degli Spurs stavano già prelevando dagli scatoloni le magliette celebrative del titolo a bordo campo.

In gara 7 la scelta di Popovich fu quella di concedere il tiro pesante a James per cercare di limitare il suo gioco in aria e le sue penetrazioni dai cui scaturivano gli scarichi per gli esterni degli Heat che avevano mietuto diverse vittime; il prescelto mise 5 bombe su 10, mentre Battier giocò la partita della vita mettendo a referto 18 punti in 28 minuti con 6/8 da oltre l’arco.

Gli Heat furono incoronati per la seconda volta consecutiva campioni NBA così come James, il quale per la prima volta dai tempi di Michael Jordan riuscì ad associare per due anni di fila la vittoria del titolo di MVP della stagione regolare con quello delle finali.

L’anno successivo gli Spurs seppero prendersi una dolce rivincita; così si concluse l’avventura di LeBron a Miami.

Stagione 2011-2012: 27 punti, 8 rimbalzi, 6 assist, 2 rubate, 53% dal campo (per partita) 2° a est record 46-20 (lockout)

Playoff 2012: 30 punti, 10 rimbalzi, 6 assist, 2 rubate, 50% dal campo (per partita)

Stagione 2012-2013: 27 punti, 8 rimbalzi, 7 assist, 2 rubate, 56% dal campo (per partita) 1° a est 66-16

Playoff 2013: 26 punti, 8 rimbalzi, 7 assist, 2 rubate, 49% dal campo (per partita)

Le finals del 2013 intavolarono per la prima volta lo scontro diretto fra Leonard e James

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Pubblicato da
Daniele Bona

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