L’ex allenatore NBA, David Blatt, nella giornata di oggi ha drammaticamente annunciato di essere malato di sclerosi a placche progressiva primaria. Il nativo di Boston ha pubblicato, tramite il sito dell’Olympiacos, una lettera in cui ha spiegato ogni il suo stato di salute:
“A volte la vita ti getta addosso cose a cui non riesci a dare una spiegazione, che non hanno logica. E’ in quei momenti che capisci di dover fare delle scelte che mettono alla prova il tuo carattere. Qualche mese fa mi è stata diagnosticata una sclerosi a placche progressiva primaria (PPMS). E’ una malattia che ha diverse forme e si manifesta in diversi modi, attaccando il sistema immunitario e cambiando di conseguenza la qualità della tua vita e l’abilità di fare anche le cose più elementari e semplici. Dopo lo shock iniziale e la difficoltà nell’accettare i cambiamenti ai quali questo male mi avrebbe costretto, ho deciso che non sarei arretrato di un millimetro. Mi sarei semplicemente adattato per cercare di trovare un modo per continuare a vivere nella maniera più normale possibile. Quindi mi sono rifatto alla mia filosofia di allenatore, basata su tre pilastri. 1. Qual è il problema? 2. Perché si è presentato? 3. Come posso risolverlo? Beh, il problema è la PPMS, che in gente della mia età si manifesta con debolezza nelle gambe, fatica e perdita d’equilibrio, cose che mi creano non pochi problemi. Ho quindi iniziato una serie di esercizi di ginnastica e nuoto per rinforzare la mia muscolatura e la sua flessibilità. Devo cercare di essere più attivo per evitare spasmi muscolari che possono occorrere in questi casi. Chiedo a me stesso più di quanto dovrei per raggiungere quel traguardo. Secondo, perché mi è successo? Non c’è una spiegazione, per cui non puoi far altro che accettare la malattia e fare il massimo per combatterla. E’ facile lasciarsi prendere dalla depressione, è una lotta costante, senza fine, perché non esistono cure ma per fortuna non è mortale. Ci vuole coraggio, determinazione e la forza per non mollare mai. Il perché va dimenticato, non c’è risposta. Infine, come risolvere il problema. Lavorando, facendo un piano di battaglia, adattandomi alle nuove circostanze, imparando cosa comporta questo male, trovando gente con cui condividere il problema e che possa aiutarmi, senza nascondermi. Vorrei far capire agli altri che, anche se la mia vita è cambiata, sono sempre lo stesso. Quando sono un po’ giù di morale, chi mi è vicino è lì’ a ricordarmelo. Non sono il tipo che si piange addosso, l’autocommiserazione fa solo precipitare la situazione. Non avere la stessa agilità di prima non limita la mia capacità di fare il mio lavoro, le cose che facevo prima. Sono fortunato, ho un grande staff medico che mi segue e una dirigenza che ha accettato la mia malattia e mi aiuta nella lotta quotidiana. Lamentarsi è solo uno spreco di energie, e visto che chiedo ai miei giocatori di essere sempre la miglior versione di loro stessi, non posso che fare altrettanto con me. Il grande John Wooden una volta disse: “Le cose vanno per il meglio quando la gente fa il massimo per farle andare per il meglio”. La mia condizione non è uno scherzo, ma c’è chi sta peggio di me. Devo essere d’esempio per tutti e continuare a vivere la mia vita nel miglior modo possibile e non mollare, non mollare mai”.
Il mondo del basket, e non solo, si stringe intorno al coach.
LEGGI ANCHE:
Mercato NBA: Sixers e Celtics in testa alla corsa per Danilo Gallinari
NBA, I Lakers non useranno Anthony Davis nel ruolo di centro
Guarda i commenti
Ciao
Matt non ci conosciamo ma abbiamo una cosa in comune "la brutta bestia"che si fa? Ci vuole tanta tanta forza e pazienza e pregare ti abbraccio e mi raccomando non mollare mai