Terza puntata di preview per questa stagione NBA 2019/2020 che si fa sempre più vicina. Se vi siete persi dei pezzi basta fare rewind e andare a ripescare il pezzo sulla Atlantic Division e quello sulla Northwest Division. Invece, questa puntata è dedicata a quella division che FiveThirtyEight ha definito Historically awful e che anche quest’anno dovrà sperare in tante cose (alquanto difficili da verificarsi) per non risultare la peggior division della lega: benvenuti nel magnifico mondo della Southeast Division!
Nonostante un’annata decisamente anonima per tutta la division, (con i soli Orlando Magic capaci di fare i playoff grazie soprattutto all’esplosione di Nikola Vucevic), la situazione è stata piuttosto mossa in estate, specialmente per l’altra squadra della Florida. I Miami Heat hanno portato a casa un fuoriclasse come Jimmy Butler, candidandosi solo con questa mossa a contendere ai Magic il primato della division e a poter ambire a un posto ai playoff. La squadra di Spoelstra ha aggiunto un giocatore da rotazione solido come Meyers Leonard, un prospetto interessantissimo come Tyler Herro (13esima scelta al draft) e si è liberata di Whiteside, lasciando campo libero alle strabordanti doti difensive di Adebayo nello spot di centro.
Gli Heat potrebbero addirittura diventare una seria minaccia ad Est, nel caso riuscissero ad aggiungere un’altra stella al roster, e il nome più papabile sembra essere quello di Bradley Beal. Il giocatore dei Wizards non ha ancora deciso cosa fare, il front office capitolino vorrebbe, ovviamente, tenerlo, visto che intorno al prodotto di Florida il neo GM Tommy Sheppard vuole ricostruire la franchigia. La ricostruzione parte dal primo giapponese nella storia della lega a essere stato scelto al primo giro: Rui Hachimura è la nona scelta del draft, ma probabilmente non sarà lui a cambiare il volto della franchigia.
Se parliamo di rebuilding, chi è già a buon punto sono gli Atlanta Hawks. Coach Pierce scommetterà nuovamente sulla coppia Young-Huerter, ancora anni luce lontani dagli splash brothers originali, ma c’è tempo per implementare chimica e stile di gioco. Nel frattempo, occhi puntati sulla spaventosa maturazione di John Collins, reduce da una stagione che ha accarezzato i 20+10 di media, e sulle due scelte al draft: De’Andre Hunter, più pronto e più versatile, e Cam Reddish un freak atletico che potrebbe trovarsi a meraviglia con Young. Fare meglio delle 29 W dello scorso anno è quasi un imperativo e le aggiunte di Parker, Turner e Crabbe porteranno esperienza al giovane core degli Hawks.
Una squadra che sicuramente i playoff non li farà sono gli Hornets. A Charlotte non c’è più Kemba, non c’è più Lamb, praticamente non c’è più nessuno che ha tra le skill “mettere la maledetta palla nel cesto!”. Un po’ un problema a questo gioco, ma si sa, i rebuilding vanno valutati con la giusta pazienza. Nel frattempo, PJ Washington avrà sicuramente spazio per dimostrare il suo valore, Monk e Bridges devono battere un colpo oppure va ridimensionato tutto l’hype intorno al loro ceiling (il ridimensionamento è già iniziato, ma insomma) e Terry Rozier è chiamato a dimostrare se può essere davvero un protagonista in questa lega.
Di tutto ciò ci occuperemo a breve, ma intanto, iniziamo con la franchigia uscita vincitrice dalla Southeast Division lo scorso anno.
Orlando Magic
Da diciottesimi a ottavi nella lega. Non si parla di record, ma di defensive rating, tanto basta a certificare l’impronta che Steve Clifford è riuscito a dare a questi giovani e talentuosi Magic. L’ex coach di Charlotte non è uno sprovveduto, anzi, è uno dei più sottovalutati allenatori della lega, capace di imprimere il suo marchio specialmente nella metà campo difensiva. La prima ricompensa è stata il ritorno alla postseason dopo un digiuno lungo sei anni (con anche una vittoria contro i Raptors, futuri campioni), la seconda è stata la firma di Vucevic, quadriennale a 100 milioni di dollari, soldi ben spesi per un’All-Star capace di viaggiare a 20+12 di media, con quasi 4 assist a partita e un sensazionale 51% dal campo.
Vucevic può ancora crescere nella metà campo offensiva, specialmente per quanto riguarda il suo gioco in post, ancora troppo facile da leggere per i difensori. Inoltre, da quest’anno, c’è da scommettere che gli avversari dei Magic attueranno un gameplan con al centro la necessità di contenere il lungo montenegrino, e proprio da questa realtà la stagione dei Magic deve ripartire. C’è bisogno che alcuni profili diano conferme sul loro reale valore, a cominciare da Aaron Gordon.
Il prodotto di Arizona è reduce da una stagione a corrente alternata, anche se da gennaio ha girato la levetta e ha cominciato a fare sul serio, sfornando numerosi ventelli, aggiungendo atletismo e imprevedibilità all’attacco dei Magic. Con lui in campo il NetRating è di 1,5 mentre senza di lui è -2,2, un differenziale che in squadra è meno lusinghiero solo rispetto a quello di Vucevic. Le sue percentuali da 3 continuano a migliorare, off the ball rimane un fattore, ma deve migliorare ancora tanto nella gestione dei possessi e nella capacità di produrre gioco, da solo o da situazioni di pick and roll (quarto giocatore per usage in squadra, e da ball handler nei pick and roll gioca appena due possessi a partita).
Analoghe le domande circa la consistenza offensiva di due giovani veterani come Ross e Fournier. Il primo rimane un fattore in uscita dalla panchina, ha concluso la sua miglior stagione a livello di punti e rimbalzi, aggiunge esplosività e pericolosità da oltre l’arco, ma rimangono forti dubbi sulla consistenza mentale del giocatore. La sensazione rimane quella di non poter permettersi di tenerlo in campo per più di 25 minuti, un peccato date le qualità del giocatore sui due lati e la sua utilità tattica nell’allargare il campo.
Fournier, d’altro canto, aveva abituato il pubblico dell’Amway Center a un volume offensivo superiore, a essere un giocatore capace di sobbarcarsi la maggior parte delle responsabilità offensiva della squadra. L’esplosione di Vucevic e la maturazione di Gordon hanno tolto pressione al giocatore francese, il quale è anche migliorato nella lettura del gioco (comunque non siamo ancora a livelli ottimali), ma oltre al suo volume di gioco anche le sue percentuali sono calate; nella serie contro i Raptors ha tirato con un misero 34% dal campo, contribuendo alla sterilità offensiva dei Magic.
In ogni caso la vera rivelazione potrebbe essere la qualità difensiva dei Magic. Coach Clifford ha già dimostrato di poter modellare egregiamente il materiale a sua disposizione; quest’anno ci sarà anche Al Farouq Aminu ad aggiungersi alla batteria di giocatori capaci di correre il campo e switchare su ogni blocco. Gordon, Isaac, Ross, Iwundu, Aminu avere cinque esterni di questo tipo, con almeno due (Isaac e Iwundu) che hanno solo raschiato il loro potenziale difensivo, rischia di essere un unicum nella lega su cui Orlando potrà cementificare la propria ricostruzione.
Un altro tassello per fare il salto di qualità è quello della point guard. Chi è davvero Markell Fultz? Se la risposta a questa domanda sarà anche solo vagamente riconducibile all’hype generato dal suo unico anno al college, allora i Magic potrebbero aver trovato la loro chiave di volta, se invece l’ex giocatore dei Sixers non sarà altro che un backup di D.J. Augustin, la ricerca di un playmaker di livello assoluto dovrà continuare. Coach Clifford spera di poter rivitalizzare il prodotto di Washington, che dovrebbe iniziare la stagione senza particolari noie fisiche. L’obiettivo minimo è quello di fare meglio delle 42 vittorie dello scorso anno, missione alquanto possibile.