Nella notte è arrivata la replica alle parole di Donald Trump da parte di coach Steve Kerr. L’allenatore dei Golden State Warriors si è detto sorpreso delle improvvise critiche da parte del Presidente degli Stati Uniti d’America riguardo la questione che sta tenendo banco in questi giorni tra Cina e NBA dopo il tweet di Daryl Morey a favore di Hong Kong:
“Sono rimasto profondamente sorpreso, ma soltanto perché sono stato coinvolto in prima persona. Poi ti fermi a pensare e ti rendi conto che in realtà succede ogni giorno. È soltanto l’ultimo episodio di una lunga serie. Ieri ero soltanto il suo ennesimo bersaglio, ce n’è un altro oggi e ne troverà uno nuovo domani. Così il circo può andare avanti: è strano, ma è ciò che sta accadendo”.
Kerr è figlio di Malcolm Kerr, ambasciatore americano in Libano assassinato da uomini armati nel 1984:
“Ho riflettuto anche sulle diverse visite che ho fatto alla Casa Bianca nella mia vita. Ho vissuto da privilegiato, lo so, e ho conosciuto personalmente gli ultimi cinque presidenti USA prima di Trump. La prima volta è stato nel 1984, c’era Ronald Reagan a Washington. Lui invitò me e mia madre sei mesi dopo l’attacco terroristico che aveva ucciso mio padre Malcolm. Reagan e il vice presidente George H. W. Bush ci fecero accomodare nello Studio Ovale, parlando per mezz’ora con noi e ringraziandoci per il servizio reso alla nazione da mio padre. Grati per l’impegno dimostrato nel promuovere i valori americani e la pace nel Medio Oriente . Di fronte a questo, l’unica cosa che ho potuto constatare è il contrasto rispetto a quello che accadeva 35 anni fa. All’epoca non c’era pregiudizio rispetto alle opinioni politiche dell’interlocutore. La questione era: tu sei americano, lavori per lo Stato e questo merita dignità e rispetto. Sia da parte delle persone che al di fuori che soprattutto da quelle dentro le istituzioni. È molto triste constatare come le cose siano andate allo sfascio”.
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