Impressionanti prestazioni individuali. 50, 60 o 70 punti messi a segno da un solo giocatore. Dominio assoluto sul parquet. Statistiche clamorose. Difese che impazziscono. Compagni che ti passano la palla di continuo. Pubblico che fa il tifo per te azione dopo azione sempre di più. Eppure, tutto ciò non basta a uscire dal campo vittoriosi. Perché il basket è gioco di squadra, non una disciplina individuale e i fattori determinanti sono molteplici. E poi, in ogni caso, una delle due formazioni deve per forza risultare perdente alla sirena finale. Signore e signori, ecco a voi i losing efforts: straordinarie performance, veri e propri one man show, che però non sono sufficienti a evitare la sconfitta.
Il losing effort – letteralmente “sforzo perdente” – è sicuramente una delle situazioni più frustranti che si possano verificare in NBA e in generale nel basket. La mentalità sportiva diffusa negli Stati Uniti riserva una notevole enfasi all’individualismo, al saper prendersi la responsabilità di trascinare la squadra al successo. Per questo, quando la vittoria non arriva al termine di una prestazione del genere, lo sconforto, soprattutto per il suo autore, dev’essere piuttosto profondo.
Il losing effort non sempre, anzi quasi mai, è sintomo di eccessivo egoismo da parte del leader della squadra. Per come viene inteso lo sport oltreoceano, se un giocatore è particolarmente in stato di grazia, è giusto che accentri il gioco e che lo si cerchi come terminale di ogni azione. A volte, inoltre, è la squadra stessa ad essere troppo debole o falcidiata dagli infortuni, così che affidarsi alla propria stella è l’unica soluzione praticabile.
Per tutti questi motivi, fin dagli inizi la NBA è stata ricca di partite pazzesche da parte di un solo giocatore. A volte concluse con la vittoria della sua squadra, altrettante con un losing effort. È successo in regular season, nei Playoffs e nelle Finals. È successo anche quando non era stato ancora introdotto il tiro da tre punti. E nel basket di oggi, giocato a ritmi molto più alti che in passato, questo tipo di sontuose prestazioni è notevolmente aumentato.
Ecco una classifica dei 10 losing efforts più importanti e iconici nella storia della NBA.
10. Damian Lillard, 60 nella “Notte dei Losing Efforts”
Negli ultimi anni, come accennato in precedenza, le prestazioni individuali monstre da parte delle superstar NBA si sono moltiplicate. Tra quelle che hanno raggiunto quota 60 punti, se ne contano quattro: due ad opera di James Harden e Klay Thompson, corrispondenti però a vittorie, e due invece perdenti: Kemba Walker nella stagione 2018-19 con gli Charlotte Hornets (con overtime) e Damian Lillard in questo 2019-20 con i Portland Trail Blazers.
In questa classifica, optiamo per Lillard: la prova, l’8 novembre 2019, è arrivata contro i Brooklyn Nets senza bisogno di overtime ed è un perfetto saggio della grandezza di questo leader naturale dalla tecnica purissima e dal carattere gigantesco. Dal punto di vista difensivo, Lillard ha mandato fuori di testa i Nets, che però sono riusciti a prevalere 119-115 al Moda Center. Le cifre di Dame: 19/33 dal campo, 7/16 da tre, 15/15 dalla lunetta.
Per lui career high e primo Blazer di sempre a segnare 60 punti. Questa performance, curiosamente, è arrivata in quella che è stata una vera e propria “Notte dei Losing Efforts”: D’Angelo Russell, 52 punti con i Golden State Warriors, e Luka Doncic, 38 con i Dallas Mavericks (con 14 rimbalzi e 10 assist), hanno avuto i loro massimi in carriera, ma nessuna delle loro squadre ha vinto la partita.