La stagione altalenante, i molti contratti in scadenza ma anche una chimica che non pare esserci né in campo né fuori, stanno rendendo il campionato di Cleveland un vero e proprio campo minato.
I casi nelle ultime settimane sono stati diversi, tutti potenzialmente esplosivi. Dal litigio tra Thompson con il proprio allenatore, alla sfuriata in campo di Love verso i suoi giovani compagni. Per finire con le accuse di insulti a sfondo razzista del coach verso i propri giocatori. E proprio su quest’ultima vicenda sembrava poter esplodere una vera e propria rivolta, con alcuni giocatori che avevano pubblicamente dichiarato il proprio disagio per l’accaduto.
Ma a gettare acqua sul fuoco ci ha pensato proprio Tristan Thompson. Colui che prima di Natale si era attaccato con Beilein durante una partita. Nel post gara con Detroit, il centro canadese ha dichiarato che:
Alla fine del giorno, è lui il nostro coach. Noi siamo i giocatori, e dobbiamo andare fuori e fare il nostro lavoro alla fine dei conti. Questa è la cosa che conta
Non parole di aperto supporto, sarebbe stato difficile pensare il contrario dati i precedenti, ma sicuramente dichiarazioni che stemperano gli animi. Anche perché un attacco da un veterano del suo calibro. Anche perché l’altro grande veterano del titolo vinto, Kevin Love, ha si espresso solidarietà verso il coach, ma è anche con le valigie pronte da inizio stagione.
Il peso di Thompson invece avrebbe potuto portare ad una frattura incolmabile se il centro avesse usato altri toni.
Anche perché a domanda diretta sul caso dei presunti insulti razzisti, Thompson ha chiesto di parlare della partita esaltando la prestazione di Brandon Knight. A riprova di voler evitare polemiche.
Sul campo invece, Thompson ha chiuso con una prestazione da 14 rimbalzi e 35 punti, career high.
Il segnale è stato dato. Se parte Love, lo spogliatoio Cavaliers può contare un altro leader.
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