“La vita è come una scatola di cioccolatini, non sai mai quello che ti capita!”
Così recita una famosa citazione tratta dal film Forrest Gump. Con Kobe, nonostante le emozioni che gli ha regalato, la vita è stata beffarda ed ingiusta. La sera del 25 gennaio, nella sfida tra i Los Angeles Lakers ed i Philadelphia 76ers, Kobe si è visto sorpassare da LeBron come terzo marcatore della storia NBA. Proprio nella sua Philadelphia, la città in cui Bryant è nato e dove ha iniziato il suo tour d’addio.
Un post sui social per complimentarsi con il suo erede: questa è l’ultima traccia lasciata da Kobe al mondo. Il destino ha voluto che se ne andasse in un fatale incidente d’elicottero nel momento in cui Los Angeles, sponda Lakers, aveva ritrovato il sorriso proprio come negli anni in cui lui giocava. I fasti del Mamba erano ormai lontani, ma LeBron ha avuto il coraggio di lasciare la sua Cleveland per affrontare una nuova sfida.
Quella tragica mattina Kobe gli ha definitivamente passato il testimone. Bryant ha lasciato un’eredità sportiva immensa, era amato da tutti, anche da chi era stato costretto ad arrendersi dinanzi al suo sconfinato talento. Vedere l’intero mondo NBA emotivamente distrutto dalla sua morte rappresenta perfettamente chi era Kobe e cosa sempre sarà. Ancor più indicativo è stato vedere piangere come un bambino Doc Rivers, storico coach dei Boston Celtics ai tempi in cui Kobe incantava i palazzetti degli Stati Uniti.
“Aveva il DNA che nessun atleta potrà mai avere. Oggi siamo tutti Lakers”.
Queste le parole di un Rivers distrutto, questo era l’umore del mondo NBA quel maledetto giorno. Altra reazione che resterà alla memoria di tutti è stata quella di LeBron James. Le immagini che lo ritraggono scoppiare in lacrime in aeroporto quando ha appreso la notizia sono lo specchio della sua enorme sofferenza. LeBron si è preso qualche giorno di silenzio prima di esprimere tutte le sue emozioni sulla vicenda.
“Ho il cuore a pezzi fratello, te lo prometto, vincerò anche per te.”
Se già prima di questo tragico avvenimento LeBron era in missione per portare i Lakers alla vittoria, ora lo è ancora di più. Anche Shaq, compagno di mille battaglie di Kobe, è scoppiato a piangere in diretta tv quando si è trovato a parlare del suo grande amico.
“Non volevo crederci e non potevo neanche immaginare una cosa del genere. Non provavo un dolore così grande da tempo.”
L’Olimpo del basket lo aveva già accolto prima della sua tragica morte, Kobe era già tra i più grandi di sempre. Restare 20 anni nella stessa franchigia, vincere con la stessa canotta 5 titoli NBA, segnare 81 punti in una sola partita, non è da tutti. Kobe con il pallone tra le mani non era come tutti gli altri. Nessuno ha mai avuto il suo carisma ed il suo talento. Sul piano cestistico è impossibile paragonarlo con i grandi che lo hanno preceduto: ogni decennio nella NBA è stato una storia a sé.
Kobe ha fatto la storia del basket ed ha contribuito a diffondere il modello NBA in tutto il mondo. Per il Mamba avere il pallone tra le mani, guardare negli occhi un avversario prima di segnare un canestro, ha rappresentato tutta la sua vita. Il giorno del suo addio al basket, acciaccato ed appesantito dall’età, segnò 60 punti, mettendo in scena l’ultimo lampo di genio.
Mentre aspettiamo il suo memoriale pubblico in programma questa sera alle 19.00, riecheggiano nella nostra mente solo due parole, le stesse pronunciate da lui al termine della sua gara d’addio:
Mamba out