Top 10

I 10 marcatori All-Time dei Los Angeles Lakers

Quando si parla di NBA, spesso si finisce con l’associarla immediatamente ai Los Angeles Lakers, una delle sue franchigie più rappresentative, grazie al suo appeal globale e le sue numerose vittorie. Inoltre, spesso e volentieri alcuni dei giocatori più importanti della lega ne hanno indossato la celebre casacca gialloviola, scrivendo le pagine della storia passata, presente, e probabilmente futura.

Andiamo però a vedere chi, nel corso della sua carriera, sia riuscito ad entrare nella lista dei 10 marcatori all-time dei Los Angeles Lakers.

 

10. Jamaal Wilkes: 10.601 punti

Soprannominato dai suoi compagni di squadra Silk (seta), Jamaal Wilkes ha militato per ben otto stagioni ai Los Angeles Lakers, contribuendone alla causa con ben 10.601 punti a referto.

Selezionato al Draft del 1974 dai Golden State Warriors con l’undicesima scelta, seppe mettersi in mostra fin da subito, conquistando il  premio di matricola dell’anno e successivamente il suo primo titolo NBA nel 1975.

Nel 1977, dopo tre stagioni nella Baia, Jamaal Wilkes si unì ai Los Angeles Lakers, dove vi giocò fino al 1985 vincendo altri tre anelli nel 1980, 1982 e 1985, prima di ritirarsi l’anno successivo.

Pur non essendo mai stato il primo violino della squadra, il suo valore gli è sempre stato riconosciuto dalla franchigia, come dimostrato dal suo numero 52 appeso allo Staples Center, nel novero delle maglie ritirate dai Los Angeles Lakers.

Dai suoi allenatori, come nel caso di John Wooden nel suo periodo a UCLA, spesso è stato descritto come il prototipo del giocatore perfetto, sia dal punto di vista tecnico che professionale.

“Si è sempre comportato come un bravo studente: educato, un buon giocatore di squadra e un buon difensore. Sapeva giocare perfettamente sia dall’arco che nel pitturato.”

 

9. Byron Scott 12.780 punti

Il secondo giocatore nella lista è Byron Scott, la guardia titolare dei celebri Lakers dello Showtime.

Selezionato in prima battuta dai San Diego Clippers, fu immediatamente scambiato ai Los Angeles Lakers in cambio di Norm Nixon.
Il tempo confermò la bontà dell’intuizione dei Los Angeles Lakers: la franchigia infatti trovò nel giocatore un ottimo ingranaggio in aggiunta alle sue numerose di stelle, che seppe dimostrare il proprio valore nel migliiore dei modi, con 12.780 punti.

Dopo ben 10 anni di successi, la strada di Byron Scott si separò da quella dei gialloviola, direzione Indiana Pacers, prima di fare ritorno nel 1996 per un’ultima stagione, con il compito di fare da chioccia a nientemeno che Kobe Bryant.

Dopo aver appeso gli scarpini al chiodo, è ritornato ai Los Angeles Lakers sotto la veste di allenatore, dirigendo la squadra per 2 stagioni dal 2014 al 2016, nell’ultimo anno della carriera del Black Mamba.

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  • Ho apprezzato questo articolo che mi ha rispolverato i miei anni 90 e inizio 2000 con American Superbasket, dove, oltre l'attualità si leggeva anche articoli di storia della NBA.E già allora, su quella rivista, si scriveva in maniera fantasiosa e articolata avendo già a disposizione Federico Buffa e altri.. È bello scrivere, romanzare a volte, ma non bisogna farlo a mio parere con una verità dei fatti che va' comunque mantenuta. Una verità che può nascere da una ricerca, apparentemente lunga o meno, se si vuole davvero immaginare qualcosa su fatti che siano giornalisticamente certi, documentati.Il mio piacere di leggere l'articolo, è sfumato proprio alla fine sul capitolo dedicato a Kobe Bryant. Ho in casa da un paio di anni la biografia su di lui:"Showboat".
    Stavo leggendo il libro, prima dell'incidente in elicottero, e avevo ancora in mente la parte dedicata alla primavera 1996.
    Mi è piaciuta, e ha avuto un senso, l'analisi di quel draft perché fatta con osservazioni e dichiarazioni pubbliche di quel tempo... NON è plausibile lo sliding door di Kobe a Charlotte. Perché i fatti andarono diversamente. Gli Hornets, erano una delle poche squadre NBA a non aver fatto a BRYANT nessuno provino individuale, e fu colta questa occasione dal GM Jerry West. I Lakers, che avevano deciso di prenderlo dopo il secondo provino durato pochissimo tanto quanto fu fantastico, ragionarono sul draft e le necessità delle squadre e su chi avrebbe voluto davvero un 18 enne poco conosciuto di Philadelphia. In conclusione :i Syxers, non lo presero con uno scambio di scelta per Jerry Stackhouse, perché avevano pensato che un ragazzo di Philadelphia avrebbe ceduto sotto pressione della sua città , come era successo a suo padre.Una vera sliding door può essere :Kobe e Iverson (scelta numero 1 scontata allora) insieme nel 1996...L'altra sliding door possible davvero fu New Jersey Nets perché ai vari provini, era piaciuto ai manager dei Nets e legato bene con il loro allenatore di allora :John Calipari. Non fu' scelto dalle "retine" perché l'agente di Kobe (scelto per lui da Adidas)li aveva spaventati dicendo che avrebbe preferito "tornare "in Italia piuttosto che giocatore per loro. È importante il suo agente di allora, perché fu lui che godeva dell'amicizia di West, a procurargli un provino a cui i Lakers non pensavano neanche perché avevano Jones e Van Exel in “guardia" e stavano prendendo O'neal....In conclusione Charlotte, che ripeto non lo conosceva e non lo avevano potuto vedere nemmeno ai tradizionali draft camp sempre per scelta dell'agente, scelse al 13 un giocatore su richiesta dei Lakers indicata loro davvero solo 5' prima, perché gli Hornets avevano ottenuto il centro giallo viola Vlade Divac "ormai" superfluo.
    Quindi, le due "sliding doors del suo iniziò carriera furono la squadra della"sua città" natale e quella del New Jersey stranamente le finaliste dell'est che affrontò rispettivamente nel 2001 e 2002 con la squadra dei suoi sogni d'infanzia fatti in Italia.

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Pubblicato da
Lorenzo Garbarino

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