8. Baron Davis
Da uno che da sempre chiamano Il Barone ti aspetteresti delle nobili origini. In realtà l’infanzia di Baron Davis è stata tutt’altro che nobile. Nato e cresciuto a Compton, fin da piccolo ha assistito alla tossicodipendenza di entrambi i genitori: entravano in palazzi abbandonati e ne uscivano dopo ore. Baron non era mai sicuro che ci fosse davvero qualcuno ad aspettarlo a casa, dopo la scuola, per fargli trovare qualcosa da mangiare o, semplicemente per abbracciarlo.
“Se non fosse per mia nonna, probabilmente non sarei qui. Sono cresciuto a South Central L.A., lì dove il costo della vita sale e le tue chances di vita scendono. La droga, le armi, il benessere: tutta questa roba può traviarti. Sopravvivi a questo, e tutto il resto che affronterai sarà facile, a tua disposizione.”
Baron capì presto di non doversi vergognare dei propri genitori, avendo essi fatto una scelta, seppur sbagliata. Non ha mai avuto un letto, ha sempre dormito in camera da pranzo. Ma deve tutto ai suoi nonni: suo nonno, benché troppo malato per camminare, gli costruì un canestro lungo la via dove vivevano. Era qualcosa di così speciale che Baron scoppiò in lacrime. Lì trovo la forza per diventare grande, in quei 137 passi che dividevano casa sua da quella dei nonni, quei 137 passi che ogni giorno percorreva allenandosi. E se mai avesse sbagliato un solo dribbling, un solo palleggio, un solo crossover, avrebbe ricominciato da capo. E’ così che si diventa grandi.