Curiosità

NbaReligion Talks: Marco Crespi

Quando si parla di Marco Crespi, tutti conoscono il suo curriculum da allenatore. Gli inizi a Milano, la promozione a Biella, l’impresa sfiorata a Siena. Poi il basket femminile, oggi in Svezia, ieri con la Nazionale italiana. Molte meno persone invece conoscono il suo passato (e che passato) da scout NBA con Phoenix Suns e Boston Celtics. Un amore quello con il basket Made in USA che nasce da lontano e che, dal 2016, racconta dalla cabina di commento di Sky.

Noi di NbaReligion lo abbiamo contattato per parlare un po’ di basket. Buona lettura.

Come nasce la passione per il basket NBA?

Chi si avvicina al basket non può che rimanere affascinato dalla NBA. È una fascinazione a 360° che va dal campo, ad ogni processo legato al basketball operations. La capacità che hanno le squadre NBA di produrre, allo stesso tempo, spettacolo e profitto è un inno allo sport. Ogni scelta racconta una visione, un’analisi… amo tutto questo.

Passione diventata anche un lavoro: come è arrivata questa opportunità?

È arrivata grazie a Mike D’Antoni, di cui ero stato assistente a Milano, che mi ha portato ai Phoenix Suns come scout. Dopo Phoenix ho fatto tappa a Boston e poi nel 2016 ho deciso di accettare la proposta di Sky. Nonostante quelle di scout e commentatore siano professioni molto diverse, mi piace metterle sullo stesso piano visto che, in entrambi i casi, ho avuto modo di conoscere persone e metodi di lavoro che ti arricchiscono. Entrambe le considero esperienze altamente formative in quanto mi hanno aiutato a sorpassare giudizi che avevo, che erano dettati dalla non conoscenza e da un non volersi aprire al cambiamento. 

Qual era la cosa che guardava e che guarda ancora oggi in un giocatore?

Gli occhi. Gli occhi nel capire il gioco, gli occhi per attaccare. Gli occhi dopo un errore. Gli occhi danno una risposta non solo emotiva o nervosa: ci raccontano una lettura ma anche la durezza mentale di un giocatore.

Tra pochi mesi, anche se ancora non c’è una data ufficiale, andrà in scena il Draft 2020: quali possono essere i giocatori più interessanti? Un giudizio su Nico Mannion?

Interessante è un termine molto generico quando parliamo di giovani. Perché ogni prospetto è interessante. I giocatori interessanti non sono solo quelli che diventeranno stelle ma anche quelli che diventeranno ottimi “pezzi” di un quintetto. Se devo fare un nome dico Tyrese Hailburton di Iowa State. Intelligenza notevole unita ad un ottima componente fisica: messo in un contesto di basket “serio” potrebbe essere un giocatore molto interessante nonostante non se ne parli troppo. Di Mannion, del suo modo di giocare, sappiamo già tutto. Dico solo che è un finto giovane e che ha la faccia giusta. È un giocatore con la faccia giusta. 

Restando in tema: il mancato Torneo NCAA, la sospensione di molti campionati internazionali e la possibile assenza di workout avrà impatto nel processo di scelta delle franchigie?

Non penso. Nessuno perderà del tempo a pensare cosa avrebbero potuto vedere e cosa avrebbero potuto fare. Non fa parte del modus operandi di una franchigia NBA rimpiangere una cosa. C’è una nuova realtà con cui fare i conti e ognuno lavorerà con il proprio metodo. Dubito che ci siano squadre impreparate. 

A proposito di franchigie…Negli ultimi anni abbiamo visto i cosiddetti Big Market faticare molto in termini di risultati mentre cose molto interessanti sono successe a squadre “di provincia”: c’è un motivo dietro a ciò oppure è solo casualità?

Per come la vedo io il rapporto tra aspettativa e valutazione passa sempre per qualcosa di emotivo. Ciò a volte toglie profondità all’analisi. Forse è anche per questo che dove non c’è pressione, dove non c’è un’aspettativa eccessiva, il risultato sembra migliore. 

E in questi risultati, quanto peso hanno gli allenatori? Da rappresentate della categoria ci può spiegare se e quanto incide un coach su una squadra? Per lei chi è il miglior coach in NBA?

Adoro Spoelstra. Miami gioca con qualità di sistema. Una qualità che fa sentire i giocatori parte di un progetto. Tutti comprendono che il sistema viene prima di ogni cosa: da Butler, la stella della squadra, il quale capisce che il sistema influenza positivamente la sua prestazione, a Nunn che senza sistema avrebbe potuto solo sognare ciò che ora sta vivendo da protagonista. Il bravo allenatore è quello che riesce a costruire un sistema di qualità. Un contesto cioè che esalta ogni tipo di giocatore, dalla stella all’ultimo della rotazione, da chi gioca un volume alto di possessi a chi invece osa oltre le proprie qualità proprio per la sicurezza che gli viene dal “Trust the system”

L’NBA è considerata da sempre una “lega di giocatori” e non potevamo finire la nostra chiacchierata parlando di alcuni di loro. Con LeBron James che si sta avviando verso la fine della carriera, sarà Giannis Antetokounmpo l’erede designato come volto della lega? Oppure c’è qualcun altro che può insidiarlo? Magari Tatum…

LeBron è, e resterà unico. Il giocatore più forte di tutti, una forza che va oltre il suo splendore tecnico ed atletico. Trovare un giocatore che possa raccogliere il testimone senza abbassare i suoi standard non è semplicissimo ma Giannis è meraviglioso. Non solo da vedere ma anche per come pensa ed agisce dentro e fuori dal campo. Tatum, di cui sono innamorato, quando scoprirà veramente quanto è forte, ci stupirà più di quanto stia già facendo. Fa delle cose in campo che solo dopo averle riviste ti rendi conto di quanto siano belle. 

A nome di tutta la redazione, un ringraziamento a Coach Crespi per il tempo concessoci.

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Pubblicato da
Gherardo Dardanelli

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