1. LeBron James
“The chosen one”, così recitava la copertina di Sport Illustrated andata in stampa il 18 febbraio 2002, un’edizione iconica, un cult per il giornalismo sportivo, che in prima pagina riportava la fotografia di un giovanissimo LBJ vestito con la divisa bianco-verde del suo liceo.
Una vera e propria profezia, che dopo quasi 20 anni, possiamo definire azzeccata in quanto rispettata a lunghi tratti: il “prescelto” questo è, e rimarrà sempre LeBron James volente o nolente.
James nacque ad Akron, Ohio, nel 1984; quando l’infante venne dato alla luce sua madre Gloria Marie James aveva solamente 16 anni, praticamente una adolescente che si ritrovò con le spalle al muro, sola e senza alcun aiuto con il pesante fardello di doversi occupare del figlio.
Sola, anche e soprattutto perché il padre di LeBron non ha mai fatto parte della vita dei due, talmente anonimo e impalpabile che nessuno al di fuori degli stretti interessati ha mai saputo esattamente chi sia o sia stato il padre naturale di LBJ.
Sul caso sono state redatta diverse teoria nel tempo, alcune audaci ed improbabili altre decisamente verosimili, ma nessuna di queste mai avallata ufficialmente dai diretti testimoni, e conseguentemente mai francobollata con il timbro di autenticità.
La vita di madre e figlio divenne una vera e propria lotta per la sopravvivenza: Gloria era costretta a cambiare continuamente luogo di residenza per le sue difficoltà economiche, dovute al fatto che non riusciva a trovare un lavoro stabile e proficuo (non aveva terminato neppure il liceo).
Ben presto si rese conto che per il giovanissimo James questo non sarebbe stato di certo l’ambiente ideale in cui crescere, di conseguenza giunse alla sofferta decisione di separarsi dal figlio per permettergli di vivere in un ambiente famigliare più stabile e confortevole, rappresentato dalla casa di Frank Walker, un allenatore di calcio giovanile locale che si impegnò ad educare e crescere James.
Fu proprio lo stesso Walker ad introdurre al basket LeBron a 9 anni mentre era ancora un bambino delle elementari, nessuno avrebbe mai potuto prevedere ciò che da li in poi sarebbe successo.
Le prime esperienze memorabili nel mondo del basket di LBJ avvennero con i Northeast Ohio Shooting Stars; il team ebbe un discreto successo e attirò l’attenzione della popolazione locale, sbalordita dal livello di pallacanestro che erano in grado di esprimere quei ragazzini.
La squadra era guidata da James e dai suoi amici Sian Cotton, Dru Joyce III e Willie McGee; il gruppo venne soprannominato “Fab Four” (come i 4 di Liverpool) e si promisero che avrebbero scelto il medesimo liceo.
I 4 amici decisero di frequentare la St. Vincent-St. Mary High School, una scuola cattolica privata, all’interno della quale la maggior parte degli studenti era bianca; la cosa suscitò diverso sgomento e polemica negli abitanti locali (per lo più afroamericani ) ai quali sembrava che “i fantastici quattro” si fossero allontanati dal loro background e dalla comunità che li aveva sostenuti negli anni precedenti.
Al primo anno da matricola per LBJ e soci fu subito titolo statale, un trofeo che venne conseguito con un record che alla voce sconfitte riportò il numero 0; da freshman James ebbe una media di 21 punti e 6 rimbalzi a partita che iniziò a far strofinare gli occhi a molti addetti ai lavori.
Alla seconda stagione Lebron migliorò in ogni voce statistica, 25,2 punti e 7,2 rimbalzi con 5,8 assist e 3,8 rubate per match, numeri che trasformarono la sua squadra liceale in un vero e proprio carro armati schiaccia sassi.
L’incredibile successo della squadra ed il carisma strabordante dei suoi componenti generò un entusiasmo mai visto negli abitanti della piccola cittadina dell’Ohio, talmente vasto e grande da obbligare la compagine a giocare le partite casalinghe nel palazzetto universitario da 5500 posti, che sistematicamente raggiungeva il tutto esaurito quando i “Fighting Irish” giocavano in casa.
Sugli spalti tifosi, famiglie, studenti ma soprattutto scout collegiali e giornalisti oltre che moltissimi osservatori delle franchigie NBA, i quali si erano scomodati ad effettuare viaggi di migliaia di miglia pur di poter analizzare dal vivo il ragazzo meraviglia con la 23 sulle spalle
I Fighting Irish terminarono la stagione 26 – 1 e per la seconda volta consecutiva vinsero incontrastati il titolo statale, LeBron James venne nominato Ohio Mr. Basketball e selezionato per gli USA Today All-USA First Team, diventando il primo giocatore nella storia a vincere entrambi i riconoscimento al secondo anno.
La pressione mediatica nei confronti del ragazzo iniziò ad intensificarsi: prima dell’inizio del suo terzo anno un articolo scritto da Ryan Jones apparì sulla celeberrima rivista Slam, il titolo non lasciò a fraintendimenti:
“Lebron James, il più grande giocatore liceale d’America”.
A rotta di collo si inserì Sport Illustrated che mise LBJ in prima pagina con un pezzo dai toni adulatori che soprannominava LBJ “il prescelto”, fu la prima volta nella storia della nota rivista specializzata che il volto di un giocatore delle High School veniva messo in copertina.
Intanto LeBron continuò a giocare ritoccando nuovamente al rialzo i suoi numeri: 29 punti, 8,3 rimbalzi, 5,7 assist e 3,3 rubate per partita, per la seconda volta consecutiva divenne Ohio Mr. Basketball, inoltre venne selezionato All-USA first team, e divenne il primo giocatore non Senior ad essere nominato atleta Gatorade dell’anno.
St. Vincent-St. Mary concluse l’anno con un bilancio vittorie/ sconfitte di 23-4, ma non riuscì a ripetere per la terza volta la vittoria del titolo statale.
Alcune voci a fine stagione diedero già per probabile l’approdo di James in NBA tramite il draft di quella stessa estate 2002, LeBron ai tempi non aveva neppure terminato il liceo eppure molte persone pensavano che il ragazzo meritasse subito di entrare nei professionisti. Venne addirittura organizzata una petizione a livello nazionale per raggiungere tale scopo, che pose LeBron al centro dell’attenzione dell’intero paese.
La lega tuttavia, giustamente preoccupata di poter generare un pesante precedente in grado di dare il via ad una lunga reazione a catena, restrinse le regole per l’ammissibilità al draft precludendo a LBJ la possibilità di rendersi eleggibile.
Durante quello stesso periodo, LeBron fece uso contenuto di marijuana per cercare di far fronte al pesante stress psicologico dovuto alla pressione costante ed opprimente che riceveva da parte dei media locali e nazionali, (non dobbiamo dimenticarci che James ai tempi dei fatti era solo un adolescente di 16 anni).
La squadra iniziò ad essere costantemente assediata da fotografi e telecamere, tutti volevano sapere chi era il giocatore tanto osannato dalla critica, tutti volevano vedere l’incredibile enfant prodige, tutti erano pronti a spremere quel povero ragazzo per un servizio inedito o una notizia scioccante.
Il quarto anno di liceo di LeBron potrebbe essere facilmente paragonato ad una tourneè di una rockstar, per i “Fighting irish” furono organizzate partite di esibizione in tutto il paese contro le migliori squadre liceali nazionali.
Le partite raggiungevano facilmente il tutto esaurito ed inoltre erano tutte trasmesse in pay-per-view da ESPN a livello nazionale
James ebbe una media di 31,6 punti, 9,6 rimbalzi, 4,6 assist e 3,4 rubate per partita, e venne nominato Ohio Mr. Basketball e selezionato negli USA Today All-USA prima squadra per il terzo anno consecutivo.
Ricevette la nomina a “Gatorade Giocatore nazionale dell’anno” per il secondo anno consecutivo, partecipò all’EA Sports Roundball Classic, al Jordan Capital Classic ed ovviamente al McDonald ‘s All-American Game, inoltre rese noto ufficialmente che si sarebbe reso eleggibile per il Draft NBA 2003.
A causa dell’assillante pressione dei media e del giro d’affari che si generò intorno al ragazzo nel suo ultimo anno da senior LeBron fu al centro di pesanti controversie, le quali venivano automaticamente amplificate dall’attenzione dei network.
Una delle più celebri fu quella che riguardò il fatto che LeBron ricevette un Hummer H2 (un’imponente vettura fuori strada) come “regalo di compleanno” da sua madre, la quale per permettersi il suv aveva chiesto un prestito utilizzando come garanzia per le future rate il guadagno di James come superstar NBA.
L’accaduto spinse l’Ohio High School Athletic Association (OHSAA) ad aprire un’indagine sulla base che per regola nessun dilettante può accettare qualsiasi tipo di dono valutato oltre $100 come ricompensa per le prestazioni atletiche.
L’accusa venne successivamente fatta cadere in quanto il regalo era stato effettuato da un parente stretto e non da un agente o un qualsiasi altro rappresentante di azienda, casi analoghi a questo si succedettero per tutto l’anno con conseguenze anche pesanti quali squalifiche o revoche temporanee della idoneità sportiva per giocare a livello liceale.
I piccoli guai con la legge comunque non ebbero rilevanti conseguenze sulla stagione del giocatore che vinse al termine dell’annata il suo terzo titolo statale in quattro anni.
Il 26 giugno 2003, al Madison Square Garden, David Stern pronunciò il nome di LBJ alla prima scelta assoluta appartenente ai Cleveland Cavaliers, nel medesimo draft furono selezionati giocatori del calibro di Dwyane Wade, Carmelo Anthony e Chris Bosh.
Da lì a qualche anno il prescelto si sarebbe trasformato nel re.
James in maglia Cavs nel 2003