È difficile crederlo ora, ma c’è stata un’epoca in cui Internet non era diffuso come oggi. In realtà, non si tratta di nemmeno troppo tempo fa: basti pensare anche solo ai primi anni 2000, quando nel 2005 gli utenti internet nei paesi più sviluppati erano appena il 51% della popolazione, mentre nel 2020, solamente 15 anni dopo, questa percentuale è arrivata all’87%. Alcuni oggetti, nelle nostre case, nelle aule di scuola o negli uffici, sono comunque ancora qui con noi a testimoniare quell’era: lavagne con gesso e cancellino, enciclopedie, vecchi fax, quotidiani e riviste.
Senza alcun tipo di social network, dunque, proprio queste ultime giocavano un ruolo fondamentale per l’informazione sportiva, soprattutto per quanto riguardava la pallacanestro d’oltreoceano. Superbasket, Dream Team, Rivista Ufficiale NBA erano solamente alcuni dei magazine più venduti nei primi anni 2000 in Italia, e il recarsi in edicola per acquistarne una copia era spesso anche l’unico modo per scoprire cosa accadeva negli Stati Uniti per chi non aveva un costante accesso a Internet. Il risultato, ora, a distanza di qualche lustro, è una voluminosa pila di riviste ammassate l’una sopra l’altra in qualche angolo della soffitta, o riposte in un vano dimenticato della libreria del salotto.
Eppure, alcune di loro sono entrate nella cultura di massa senza rendercene immediatamente conto. Due in particolare: SLAM Magazine e Sports Illustrated. Se il primo, fondato nel 1994, è interamente dedicato alla pallacanestro americana, con uno stile che si rivolge a una fascia di pubblico piuttosto giovane, il secondo è di respiro più ampio, spaziando su ogni sport possibile, regalando comunque importanti pagine di basket ai suoi lettori. Nonostante le differenze, da tempo immemore le due riviste sono sinonimo di prestigio e notorietà: finire sulla copertina di uno dei due magazine, per un giocatore di basket, significa fama assicurata. Pensateci: quanti giocatori sono saliti alla ribalta nazionale e internazionale semplicemente apparendo sulla copertina di una riviste? (Risposta: LeBron James nel 2002).
Abbiamo dunque raccolto nei paragrafi seguenti dieci storiche copertine delle due riviste, ovvero quelle che sono diventate delle vere e proprie icone nella cultura della pallacanestro, venendo usate come punto di riferimento ancora oggi da tifosi, addetti ai lavori o semplici appassionati. Ci sono Michael Jordan, LeBron James, Allen Iverson e molti altri: insomma, non ci resta che riscoprirle tutte. Pronti? Cominciamo.
1. “A Star Is Born”
Credits to Sports Illustrated
Data pubblicazione: 10 dicembre 1984
Giocatore in copertina: Michael Jordan
Partiamo dunque dal lontano 1984, quando sul numero di dicembre apparve per la prima volta un ventunenne Michael Jordan. La rivista titola “A Star is Born”, e non potrebbe essere diversamente: nel suo primo mese e mezzo fra i professionisti, MJ tenne una media di 24.9 punti a partita, segnando 45 punti solamente alla sua nona partita in NBA, e più generalmente infuocando i parquet della lega con il suo atletismo e la sua rapidità.
Proprio per sottolineare questo principio, la copertina raffigura il numero 23 dei Bulls svettare su tre giocatori dei Bucks, che con le braccia alzate non riescono comunque a fermarlo: Jordan si protrae verso l’altro, mentre l’avversario direttamente alla sua destra lascia tradire un’espressione di dolore, che ben si presta a definire il concetto di potere fisico mostrato da His Airness.