E’ altamente probabile che i giocatori degli Utah Jazz e dei New Orleans Pelicans, compagini che inaugureranno la ripresa delle partite ufficiali tra poco più di un giorno, propendano per inginocchiarsi durante l’inno nazionale statunitense, che, come consuetudine, risuonerà pochi minuti prima dell’inizio dell’incontro.
Il gesto, semplice ma evocativo, possiede una finalità simbolica ben chiara, legata indissolubilmente ai valori sui quali si fonda il movimento “Black Lives Matter“.
Il Commissioner della NBA, Adam Silver, appositamente intervistato dal giornalista Marc Stein, ha speso queste parole in merito alla vicenda:
“Rispetto e difendo la protesta pacifica. Non ho la certezza di cosa faranno i giocatori domani, ma dovrò sicuramente valutare i possibili gesti, una volta esibiti. Questi tempi sono altamente paradossali, debilitati dal virus e dalla crisi sociale, ed è anche plausibile che i giocatori agiscano istintivamente. Solo vedendo cosa accadrà effettivamente, potrò prendere delle decisioni.”
A stretti termini di regolamento, David Stern istituì nel 1981 una regola (da allora sempre rimasta invariata) circa i comportamenti ammessi in questo genere di situazione: durante la cerimonia degli inni nazionali, i giocatori, gli allenatori e tutto lo staff devono essere presenti, mantenendo una postura eretta, rispettosa e composta. Da una parte inginocchiarsi risulterebbe quindi totalmente contro il regolamento, dall’altra è doveroso ricordare la linea di permeabilità citata da Silver in questo momento così peculiare.
In conclusione, solo quando risuonerà “The Star-Spangled Banner” scopriremo quale decisione, presumibilmente comune, hanno preso i giocatori.
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