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Road to NBA Draft 2020: Jalen Smith

Squadra:  Maryland Terrapins (Sophomore)

Ruolo: Power forward/Center

2019-20 Stats Per Game

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls Blks FG% 3pts FG% Ft%
15.5 10.5 7.3 3.2 0.8 0.7 2.4 53.8 36.8 75.0

2019-20 Advanced

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
6.0 18.6 11.5 25.6 12.2 22.8 8.2 59.0 62.6

 

Dopo un anno passato in coppia con Bruno Fernando nel 2018-19, in questa stagione Jalen Smith si è preso l’assoluto predominio del frontcourt di Maryland, imponendosi come un giocatore piuttosto interessante anche in ottica NBA. Non appena le sirene dei pro si sono materializzate, Smith ha scelto di cavalcare l’onda presentandosi a questo Draft come una vera e propria mina vagante: le skills per ammaliare gli scout NBA ci sono tutte e il suo borsino è uno di quelli da seguire maggiormente da qui alla notte delle scelte.

Punti di forza

Nonostante questo sia un Draft all’interno del quale i lunghi sono piuttosto numerosi e distribuiti in varie zone del tabellone, quello di Jalen Smith non può che essere un nome da tenere d’occhio per via della sua completezza. Sono, infatti, numerosi i lunghi al momento sprovvisti di una completezza offensiva paragonabile al prospetto in uscita da Maryland.

Smith, infatti, è dotato di un repertorio offensivo piuttosto profondo e moderno: quando ricopre il ruolo di bloccante nelle situazioni di gioco a due può rollare con forza al ferro, facendo valere la propria eccellente coordinazione, il suo atletismo e le sue mani forti o, al contrario, può aprirsi per il pick-and-pop, arma che ormai rappresenta una variante tattica dominante in NBA.

Come vedete il repertorio offensivo è abbastanza vario e interessante.

Rispetto alla sua stagione da freshman ha migliorato le sue percentuali perimetrali di circa 10 punti, arrivando a sfiorare il 37% su circa 3 conclusioni a partita. A tal riguardo il già solido 75% in lunetta (anche qui circa 10 punti percentuali guadagnati rispetto al 2018-19) non può che far intravedere un futuro ancor più roseo per il giocatore. Questa sua pericolosità perimetrale, unita all’ottima cordinazione a cui si faceva riferimento, gli permette anche di effettuare delle contromosse contro i close out delle squadre avversarie: sa mettere palla per terra e chiudere al ferro con continuità. In questo modo, se inserito in un sistema offensivo piuttosto strutturato come quelli di squadre da tardo primo giro può risultare un jolly  interessante da utilizzare in uscita dalla panchina.

Coordinazione e buona capacità di tenere a distanza l’avversario .

A questa dimensione offensiva, inoltre, aggiunge un solido feeling per il rimbalzo, che nell’ultima stagione si è concretizzato con una solida doppia doppia di media (10.5 rimbalzi a partita), maturata anche grazie ai 3.2 rimbalzi medi catturati nella metà campo offensiva: numeri interessanti, anche alla luce di come maturano. Smith, infatti, è in grado di lanciarsi a rimbalzo d’attacco direttamente dal suo posizionamento perimetrale, arrivando in corsa e risultando difficilissimo da tagliar fuori per le difese avversarie.

Altra cosa che fa molto bene: segue il penetratore, riuscendo spesso a prendere posizione per il rimbalzo offensivo da distanza davvero ravvicinata.

Se la dimensione offensiva di Smith è intrigante, nella metà campo difensiva l’ormai ex numero 25 di Maryland non è da meno. Ha la rapidità sufficiente per assorbire un cambio difensivo e tenere anche alcuni palleggi degli esterni avversari e a livello di rim protection stiamo parlando di uno dei prospetti più intriganti dell’intero draft.
Le 2.4 stoppate rifilate a gara e un’intrigantissima block percentage dell’8.2% restituiscono l’idea di un giocatore dotato di buone misure (208 cm di altezza e 218 di wingspan) e un atletismo di eccellente livello (soprattutto sul primo salto), che può far comodo a moltissime franchigie NBA alla ricerca di alternative di qualità nel front-court.

C’è anche la chase-down nel suo arsenale.

Punti deboli

I veri punti deboli di Smith sono da intravedersi nelle zone grigie del suo talento. Dopo aver dipinto il quadro di un attaccante in grado di essere pericoloso al ferro e sul perimetro, infatti, non possiamo che soffermarci sul calo qualitativo che il suo gioco subisce quando deve effettuare una scelta e non semplicemente “reagire” in tempi brevi.

L’assoluta assenza di un passing game di buon livello (0.8 assist a partita) rende molto difficile ipotizzare un suo sviluppo come playmaking five. Questo potrebbe limitarne le prospettive, soprattutto se si considera che è anche sprovvisto di un gioco in post solido a sufficienza da renderlo un giocatore affidabile quando il ritmo rallenta e la sua squadra ha necessità di giocare a metà campo.

Nelle letture di passaggio a metà campo è molto scolastico e cerca spesso l’hand-off: quando questa soluzione è negata può anche commettere dei disastri.

Meno evidenti ma comunque da sottolineare sono, invece, i miglioramenti che deve effettuare difensivamente per potersi guadagnare un posto in pianta stabile nella lega: il suo footwork è da migliorare, risultando a volte di livello inferiore a quanto richiesto per poter fornire un apporto vero e proprio contro i giochi a due di livello NBA.

Al contempo, se inserito in un contesto difensivo di squadra, Smith necessita di essere sgrezzato: a volte è irruento nei suoi recuperi, tanto in closeout perimetrale quanto al ferro e, pertanto, rischia di essere pescato facilmente in fallo in una pallacanestro tanto dinamica quanto quella giocata al piano di sopra.

Sui close-out c’è tantissimo lavoro da fare.

Upside

L’innesto di Smith al piano di sopra sarà, con ogni probabilità lento e, come per la stragrande maggioranza dei giocatori in uscita dall’NCAA, verrà definito in grande percentuale dalla meta d’approdo iniziale. Le possibilità di Smith di ritagliarsi un ruolo di crescente nella lega ci sarebbero tutte, così come i talenti per adeguarsi alla pallacanestro che domina la NBA nella pallacanestro moderna ma occhio a correre troppo con la fantasia: le possibilità di un’iniziale partenza dalla G League sono tutt’altro che remote.

Draft projection

Dalla pick numero 20 in poi il suo può diventare ben presto uno dei nomi caldi: occhio ai Milwaukee Bucks con la numero 24, ai Boston Celtics con la 26 e, in caso di inopinato calo nelle gerarchie del prodotto di Maryland, ai Toronto Raptors alla numero 29: questi ultimi, infatti, più di una volta si sono mostrati capaci di cogliere occasioni intriganti a fine primo giro e tramutarle in giocatori NBA di ottimo impatto.

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Pubblicato da
Jacopo Gramegna

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