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Road to NBA Draft 2020: Vernon Carey Jr.

Squadra: Duke Blue Devils (Freshman)

Ruolo: Power Forward/Center

2019-20 Stats Per Game

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls Blks FG% 3pts FG% Ft%
17.8 8.8 6.1 2.7 1.0 0.7 1.6 57.7 38.1 67.1

2019-20 Advanced

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
8.2 19.2 12.0 26.1 12.3 31.0 5.8 58.8 61.5

 

Arrivato in NCAA dopo essersi piazzato quinto nel ranking RSCI del 2019, Vernon Carey ha vissuto un’annata individuale di ottimo livello in un top college come Duke. Anche in un’annata particolare come quella 2019-20, la squadra allenata da Coach K si è confermata una delle squadre con la maggiore esposizione della nazione e, malgrado qualche battuta d’arresto di troppo (6 in stagione, 5 in ACC) Carey è rimasto sul taccuino degli scout per tutta la stagione. Ciò che sorprende è la volubilità delle sue quotazioni nei vari Mock Draft, che lo vedono essere oscillare tra la quidicesima scelta e il secondo giro inoltrato. Un caso stranissimo, che si spiega con una sua dimensione più “old school” rispetto ad altri lunghi che popolano questo Draft.

Punti di forza

Ciò che immediatamente appare evidente di Carey è la sua quasi assoluta unicità nella classe di lunghi che si affacciano alla NBA: Carey sembra pensato per giocare prevalentemente a metà campo, a differenza di quasi tutti i suoi colleghi, tendenzialmente esplosivi in campo aperto e abituati a giocare su ritmi altissimi.

Carey è, con ogni probabilità, il miglior giocatore di post di questo draft: dispone di un arsenale profondo di movimenti spalle a canestro e di una mano sinistra di eccezionale qualità con la quale pennella sia da centro area che svitandosi sul fondo. Anche la sua mano destra, però, è dotata di buona sensibilità. Carey, infatti, la usa per effettuare dei contromovimenti dopo aver fatto saltare le difese e questo, nel complesso, lo rende un attaccante di post up clamorsamente sopra media. Vi basta considerare che prende posizione spalle a canestro e converte positivamente un terrificante 53.2% dei possessi di post da lui condotti. Numeri terrificanti se si considera il suo 31% abbondante di Usage nell’ultima stagione.

Notate quante ricezioni spalle a canestro gli siano concesse, con quale efficacia converte tali situazione e quanto questo aspetto faccia calare il ritmo di Duke. Potrebbe essere un’interessante arma per controllare il ritmo anche a livello NBA.

Anche fronte a canestro Carey sembra avere eccellenti potenzialità: a discapito di un non eccezionale 67.1% in lunetta, ha mostrato un’eccellente morbidità nel jumper frontale e intriganti prospettive di sviluppo nel gioco perimetrale. Ha mandato a segno solo 8 triple in tutta la scorsa stagione stagione, un numero molto basso ma che assume interesse rapportato alla miseria di 21 tentativi effettuati. Il 38% fatto totalizzare, quindi, dovrà essere messo alla prova su volumi più interessanti ma, di certo, Carey rappresenta una scommessa tutto sommato agevole da vincere per degli staff come quelli NBA ormai abituati a lavorare su giocatori molto meno propensi alla conclusione perimetrale.

Jumper dalla media e tiro da tre punti: entrambi presi con un po’ di riluttanza ma entrambi molto morbidi. Ci si può lavorare con buone speranze.

Un altro aspetto che a livello NBA può risultare piuttosto interessante è il suo buon atletismo: non siamo ai livelli degli atleti top del Draft ma non stiamo neanche parlando di un giocatore sotto media, anche considerando l’ottima struttura fisica che si porta dietro. Proprio questo aspetto del suo gioco, spesso sottovalutato per la sua tendenza a giocare sotto-pace, unito a misure solide (208 cm di altezza, 217 di wingspan) gli ha permesso di imporsi come solido rimbalzista a livello NCAA e potrebbe permettergli di scalare qualche altra posizione man mano che il Draft si avvicina.

Punti deboli

Le red flag principali inerenti allo sviluppo di Carey sono, invece, tutte legate alla tenuta difensiva. La rapidità dei suoi piedi potrebbe non essere sufficiente a livello NBA: vederlo esposto a dei continui cambi difensivi potrebbe fiaccarne l’utilizzo sin dalle primissime apparizioni al piano di sopra. Anche per questo Carey è apparso uno stoppatore non d’elite: 1.6 stoppate a gara e un non irresistibile 5.8% di block percentage non sono il miglior bigliettino da visita possibile.

Se a questo sommiamo il fatto che Carey è sembrato complessivamente spesso spaesato in difesa, sia a livello di posizionamenti che a livello di capacità di coprire ampi spazi (aspetto tenuto molto in considerazione nella NBA moderna) è molto semplice comprendere come mai le sue proiezioni in vista del draft siano così oscillanti e assolutamente votate all’incertezza.

Come vedete a livello di concezione di cosa fare in difesa siamo parecchio indietro: comprensione dei tempi, degli spazi e delle scelte da effettuare a dir poco involuta, soprattutto lontano dal canestro.

Un altro aspetto che ha un bel po’ fatto storcere il naso del gioco di Carey è stata la quasi assoluta incapacità di tramutare tutti i suoi possessi in post in dei vantaggi anche per i suoi compagni. Il suo singolo assist di media è una misera, soprattutto considerando quanto sia importante riaprire la palla verso il perimetro per gli interni NBA a cui vengono affidati tanti possessi a metà campo. Pensate agli sviluppi recenti di giocatori come Marc Gasol, Domantas Sabonis e Bam Adebayo: spesso gli interni ormai sono i veri playmaker della squadra e, al momento, a Carey manca completamente l’istinto per il passaggio, imprescindibile per non diventare un giocatore monodimensionale in attacco.

Situazione paradigmatica: la difesa collassa, si libera una doppia linea di passaggio per Carey che, però, praticamente sempre preferisce concludere personalmente l’azione.

Upside

Non è semplice comprendere quale direzione possa prendere la carriera di un prospetto così peculiare. Di certo, come sempre, influiranno parecchio nel suo sviluppo sia il luogo d’approdo che la sua capacità di espandere il perimetro del proprio gioco. Se assorbito nel giusto contesto, però, Carey potrà lavorare con serenità sul suo talento e sperare di diventare un solido giocatore NBA, magari uno starter.

Draft projection

Come anticipato, la sua posizione è molto oscillante: dovesse guadagnarsi una pick al primo giro potrebbero essere in tanti a puntare su di lui: Utah, ad esempio, può essere una meta molto interessante alla scelta numero 23, così come Milwaukee alla 24 o Boston con una delle sue due scelte successive. Occhio anche ai New York Knicks alla 27, una franchigia non nuova alla scelta di giocatori in uscita da grandi atenei.

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Pubblicato da
Jacopo Gramegna

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