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Road to NBA Draft 2020: R.J. Hampton

Squadra: New Zealand Breakers

Ruolo: Point Guard/Shooting Guard

2019-20 Stats Per Game

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls Blks FG% 3pts FG% Ft%
8.8 3.9 3.1 0.8 2.4 1.1 0.3 40.7 29.5 67.9

2019-20 Advanced

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
17.9 10.4 3.8 17 14.5 22.3 1.3 45.9 48.8

 

Emblema delle nuove tendenze promosse dalla sua generazione, R.J. Hampton si affaccia a questo Draft ricco di incognite come uno degli esterni potenzialmente più interessanti dell’intero lotto. Dopo aver concluso il suo percorso di studi a Little Elm, Texas, nonostante un paio di offerte interessanti, il nativo di Dallas ha deciso di snobbare il college, preferendo andare a farsi le ossa in un campionato australiano in cui ha avuto l’opportunità di gustare un primo assaggio di vita da professionista e di confrontarsi con il basket dei grandi senza doversi dividere tra libri e palestra.

Con tutta probabilità la matematica non sarà mai il suo mestiere, ma poco importa. Nella NBL Hampton ha disputato 15 partite con la canotta dei New Zealand Breakers, nel corso delle quali è riuscito ad attirare su di sé le attenzioni di diversi scout NBA, pronti a sfruttare la clausola che permette al giovane e promettente texano di sbarazzarsi del suo contratto pluriennale in caso di chiamata dai piani alti. Il motivo… è presto detto.

Punti di forza

L’aspetto che più di ogni altro colpisce nel gioco di Hampton è quello legato all’esplosività e a un atletismo sopra la media, testato grazie alla preziosa collaborazione di avversari già piuttosto rodati a livello fisico.

La verticalità di certo non manca.

Dotato di eccellente rapidità e di una buona stazza – 196 centimetri per 84 chili -, Hampton è un’arma letteralmente letale quando sfruttata in contropiede, che il nostro è in grado di condurre con più che discreta padronanza generando punti facili in transizione grazie alla sua accelerazione e a dei buoni cambi di direzione.

Da un rimbalzo, con la giusta reattività, nascono due punti facili in contropiede.

D’altra parte, si tratta pur sempre le stesse doti che fanno dell’ex Breaker una seria minaccia in situazioni di pick-and-roll, nelle quali Hampton si distingue per essere come uno dei più pericolosi portatori di palla tra i suoi aspiranti compagni di Draft.

Due difensori bruciati in velocità e si vola al ferro.

Buona parte dei difensori avversari, infatti, fa più fatica del dovuto nel contenere le sue scorribande al ferro, dove Hampton è solito concludere con una certa enfasi lasciandosi spesso andare a degli atteggiamenti di sfida ai limiti del tecnico. A questo proposito, ci sentiamo di catalogare la grande fiducia nei propri mezzi come un qualcosa di positivo, ma occhio a non farsi prendere troppo la mano con le provocazioni.

Come ogni accentratore di gioco – nel bene e, come vedremo poi, nel male – degno di questo nome, Hampton ha sviluppato un’ottima capacità di palleggio, che combinata alla sua velocità complessiva gli consente il più delle volte di battere il difensore anche senza l’ausilio del bloccante.

Per quanto riguarda invece il tiro, specie dalla lunga distanza, le cifre attuali non sono certo da incorniciare ma c’è ancora parecchio margine di miglioramento, come sembra suggerire una meccanica tutto sommato corretta. Unica pecca: i piedi forse troppo vicini tra loro, ma parliamo di un difetto su cui un coaching staff NBA è tranquillamente in grado di lavorare.

Questo, per fortuna, è solo il punto di partenza: sarà necessaria qualche sessione mirata di tiro per rendere presentabile il jumper di Hampton sui parquet statunitensi.

Punti deboli

Quando si parla di R.J. Hampton, i maggiori dubbi aleggiano minacciosamente nella propria metà campo. A metà tra lo svogliato e il più semplicemente inadeguato, la guardia ex Breaker si fa infatti sfuggire l’attaccante di turno con una costanza decisamente preoccupante. Complice anche una rapidità di piedi non esaltante e degli scivolamenti laterali a dir poco rivedibili, chi ha la palla in mano riesce quasi sempre a trovare il corridoio per il ferro, il che porta sistematicamente i suoi allenatori a piazzarlo sull’esterno meno pericoloso onde evitare di diventare un vero e proprio fattore per la squadra avversaria.

In questa situazione di gioco, Hampton è troppo preso dal pallone per rendersi conto del movimento del suo diretto avversario e del blocco su cui di lì a poco andrà a schiantarsi. Ormai è troppo tardi per rimediare e il fallo commesso è la ciliegina su una torta da non servire agli aspiranti cestisti.

Pur sapendo come strappare un buon numero dalle mani degli attaccanti, l’Hampton difensore vive di troppe pause e di parecchi schianti sui blocchi avversari, costringendo di fatto i suoi compagni agli straordinari.

Abbiamo già avuto modo di notare come nella metà campo avversaria le cose vadano decisamente meglio, ma anche qui non mancano fattori potenzialmente limitanti. Hampton rimane un finalizzatore piuttosto creativo dalle parti del ferro che è anche in grado a sfruttare con la giusta malizia il canestro per proteggersi dall’intervento della difesa, ma il fatto di concludere esclusivamente o quasi con la mano destra finisce inevitabilmente per condizionarne l’impatto in fase realizzativa.

La sensibilità della mano debole è decisamente da rivedere.

Margini di crescita a parte, il tiro al momento risulta piuttosto inconsistente, così come le sue scelte con la palla in mano non sempre corrispondono alla soluzione migliore per la sua squadra. Parliamo fondamentalmente di un solista che fatica a leggere il gioco con il giusto tempismo, perdendo di fatto l’attimo giusto per il passaggio vincente. Le sue assistenze sono spesso imprecise e rivedibili, il che impone necessariamente al proprio allenatore di affiancarlo a una point guard in grado di dettare i ritmi di gioco e di orchestrare l’attacco.

Uno dei tanti lob mai arrivati a destinazione.

Infine, nonostante un’esplosività di gran lunga superiore a quella di tanti coetanei, è probabile che dire la sua anche in NBA Hampton sarà costretto a migliorare la forza e incrementare il tonnellaggio, nella speranza di reggere l’urto con avversari decisamente più preparati dal punto di vista fisico.

Upside

Le tante componenti da sistemare non fanno altro che elevare il tasso di imprevedibilità in un’annata – sportiva e non – scombinata dall’emergenza sanitaria. Se Hampton dimostrerà di avere nelle corde quell’etica del lavoro necessaria per limare i difetti e coltivare i pregi, cosa ad oggi tutt’altro che scontata, potrà ambire a un ruolo di primo piano nell’NBA del futuro, nella quale potrà calarsi nelle vesti di penetratore, realizzatore dalla distanza e difensore quantomeno accettabile. La principale discriminante, come sempre in casi del genere, è quella che riguarda il contesto che deciderà di puntare su di lui e lo spazio che saprà ritagliarsi in un basket che ha solo avuto modo di assaggiare a qualche migliaio di chilometri da casa.

Draft projection

In una Draft class più incerta che mai, dopo un’iniziale sosta nella zona calda della lottery, Hampton appare destinato a finire tra la decima e la ventesima chiamata. In particolare, i Pelicans alla 13 e i Magic alla 15 sembrano le due franchigie più accreditate per accaparrarsi i servigi del texano classe 2001, che potrebbe beneficiare di minuti preziosi per mettere in mostra un talento che qualcuno ha già paragonato a quelli di Dante Exum, Jordan Clarkson e, nella migliore delle ipotesi, Zach LaVine.

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Pubblicato da
Federico Ameli

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