Con i suoi Boston Celtics, Marcus Smart non è riuscito a centrare l’obiettivo delle Finals. La cenerentola Miami infatti ha costretto i ragazzi di coach Stevens alla resa e Smart al rientro anticipato a casa.
Il giocatore però, come tutti i suoi colleghi, non ha di certo dimenticato l’esperienza di Orlando, unicum nella storia dello sport. Come uniche sono molte delle vicende drammatiche che hanno portato a tutto ciò. Eppure la guardia di Boston ha voluto dare un giudizio contro corrente riguardo l’esperienza nella bolla, come riportato nell’intervista a The Player Tribune:
“Ero pronto per soffrire. Non voglio mentire. Ma sai? La bolla… in realtà si è dimostrata dannatamente grandiosa. Non il cibo, né l’atmosfera o noi che alla fine non siamo riusciti a vincere tutto, ma una parte della bolla, la quiete. Non me lo aspettavo, ma dopo soli 4 o 5 giorni in Orlando, ho realizzato che la bolla è stata una benedizione, perché mi ha dato l’opportunità di avere del sano tempo per me stesso. Molte delle cose a cui dovevo pensare prima – problemi familiari, doveri promozionali, posto in cui dover andare in dati orari- tutto questo era fuori dalla finestra”
Una confessione, quella di Smart che può suonare stravagante ma che rende bene l’idea di ciò che è stata in grado di costruire la lega. Al di là di polemiche più o meno inutili su dettagli quale cibo o rigidità eccessiva nei controlli. Un luogo completamente al di fuori dalla vita reale, dove i giocatori hanno potuto pensare esclusivamente a giocare a pallacanestro. E se alcuni, come lo stesso LeBron, avevano mostrato segni di sofferenza psicologica per una vita che non era reale, ma appunto una “bolla”, c’è chi come Smart ha saputo trarne gli aspetti positivi.
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