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Road to NBA Draft 2020: Anthony Edwards

Squadra: Georgia Bulldogs (freshman)

Ruolo: Combo Guard 

2019-2020 Stats Per Game: 

Pts  TotRebs DefRebs OffRebs Asts Stls Blks FG% 3pt
FG%
Ft%
19.1 5.2 4.5 0.8 2.8 1.3 0.6 40.2 29.4 77.2

2019-2020 Advanced: 

Ast% Reb% OffReb% DefReb% TO% Usg% Blk% eFG% TS%
17.9 8.7 2.5 14.8 12.9 30.4 1.7 47.3 52.0

 

Anthony “Ant-Man” Edwards nasce ad Atlanta il 5 agosto del 2001. La sua rincorsa verso la notte del Draft NBA 2020 parte dal cortile di casa di sua nonna Shirley, nella periferia cittadina. In questo personalissimo “tempio cestistico” avrà modo di forgiare il suo spirito competitivo e la sua durezza mentale, durante le infinite partitelle con i suoi fratelli e i loro amici.  Purtroppo, però, quella che sembrava una famiglia unita e priva di difficoltà, verrà presto scossa da un (doppio) evento tragico. La pace della sua adolescenza viene letteralmente devastata nel giro di otto mesi: sua madre Yvette e sua nonna Shirley – cui era legatissimo – vengono a mancare a causa di un tumore. Il giovane Anthony, devastato dal dolore, trovò nella palla a spicchi la miglior compagna con la quale affrontare ed elaborare il lutto e negli allenamenti individuali il miglior modo per esorcizzare la paura. Non aveva più alcun dubbio ormai, avrebbe realizzato il suo sogno di giocare in NBA per Yvette e Shirley, per onorare la loro memoria. La scelta del suo attuale numero di maglia, il cinque, ha origine proprio da questo proposito, dal momento che entrambe erano morte il giorno cinque del mese. Nel frattempo, l‘angoscia si andava sempre più tramutando in furore agonistico. Lo ricorderanno molto bene i suoi avversari ai tempi dell’High School che, nel suo anno da senior per la “Atlanta Holy Spirit Prep” furono letteralmente travolti dai suoi 25.7 punti, 9.6 rimbalzi, 2.7 assist, 2.1 rubate e 1.1 stoppate di media.
Al termine del suo ciclo scolastico, inevitabilmente, i reclutatori dei più prestigiosi College USA cominciarono ad accalcarsi davanti alla sua porta: Kentucky, Kansas e North Carolina erano pronte a regalargli le chiavi dei loro programmi cestistici. La sua scelta, un po’ a sorpresa, ricadde però sulla locale University of Georgia. A livello di impatto tecnico-fisico, i risultati rimasero molto simili a quelli mostrati durante il quadriennio di High School. Come affermato anche dal suo allenatore collegiale George Crean, Anthony Edwards sembrava semplicemente un adulto tra i bambini. Non poteva andare molto diversamente, d’altronde, se ad un talento cestistico e ad una fisicità – di gran lunga – superiore alla media si abbina un vissuto personale che ti ha costretto a crescere e maturare più in fretta degli altri.

 

Punti di forza

Valutando i punti di forza di Anthony Edwards non può non venire subito alla mente la sua fisicità debordante, il suo corpo già pronto per battagliare con gli alieni NBA, il suo atletismo d’élite. Parliamo di una combo guard di 196 cm di altezza con un’apertura alare di 206 cm, capace di raccogliere ben 5.2 rimbalzi a partita, un’enormità in relazione al ruolo.
Associato a questo telaio fisico, il suo bagaglio tecnico non poteva che risultare letale per qualsiasi avversario affrontato fino al suo ultimo match collegiale e, quasi sicuramente, potrà aiutarlo a non sfigurare anche contro i suoi futuri colleghi.
L’esplosività del suo primo passo gli ha permesso finora di attaccare con continuità le aree avversarie, mostrando tutta la completezza del suo repertorio: appoggi acrobatici di mano destra e mano sinistra assorbendo il contatto, schiacciate anche contro la difesa schierata, capacità di andare a lucrare falli con furbizia.

Appoggio di mano sinistra, resistendo prepotentemente al contatto con il difensore

 

L’esplosività, come detto, è giusto un attimino discreta

Ma ciò che più ha colpito gli scout NBA è stata la sua straordinaria capacità di controllare il proprio corpo anche nelle situazioni più precarie, sintomo di un talento purissimo da un punto di vista fisico, tecnico e mentale.

A proposito del suo controllo del corpo

Anche per quanto riguarda il tiro, le qualità sembrano essere di primissimo livello. La meccanica appare sempre molto fluida anche a fronte della pressione avversaria e le numerose triple prese e segnate da distanza NBA testimoniano quanto sia elevata la sua fiducia in sé stesso (elemento quanto mai decisivo per un tiratore che si rispetti). In spot-up o off-the-dribble che fosse, non ha mai fatto nessuna differenza per il nativo di Atlanta, il risultato è spesso stato lo stesso: la palla che accarezza il fondo della retina.

La capacità di crearsi il tiro dal palleggio sembra già da élite NBA

 

Non malissimo anche in catch-and-shoot da un range NBA

Se si vuol proprio trovare un piccolo difetto, lo si potrebbe riscontrare a livello posturale. Talvolta, infatti, ha la tendenza a buttarsi indietro con il corpo durante la sospensione, anche laddove non ce ne sarebbe bisogno. Correggere questo piccolo dettaglio potrebbe permettergli di diventare – se possibile – ancora più efficace.
A completare il quadro di una potenziale onnipotenza offensiva contribuiscono anche le sue doti da passatore assolutamente non banali. I suoi 2.8 assist di media sono un gran bel biglietto da visita per il suo altruismo e il suo QI cestistico, quanto mai evidente nelle situazioni di raddoppio difensivo, che  – spesso e volentieri – è riuscito ad eludere con lucidità.

Qui ad esempio costringe la difesa a collassare su di lui a centro area, regalando un pocket pass intelligente per il lungo libero sotto canestro

 

Ancora una volta, funge da esca per la difesa e serve benissimo un suo compagno in taglio. Il ragazzo ha visione

Inoltre, è apparso a proprio agio anche nelle vesti di palleggiatore sul pick-and-roll, cercando di mantenere sempre la testa alta e servendo spesso il compagno meglio appostato per la ricezione, forte di una gran sicurezza nel ball-handling.
In conclusione, va fatta menzione anche delle sue doti difensive già buone e ulteriormente migliorabili. Nonostante qualche sporadica leggerezza nella difesa on-ball, il potenziale è davvero di altissimo livello. Probabilmente nel contesto NBA, complice qualche responsabilità offensiva di meno e più energia da spendere anche nella propria metà campo, potrebbe assestarsi su uno standard elevatissimo.

Se motivato a sufficienza, può avere QUESTO tipo di impatto difensivo

 

Punti deboli

Tra le criticità dello stile di gioco di Edwards, emerge, in primis, il suo decision-making ancora da sgrezzare. Nonostante gli enormi margini di crescita mostrati nelle vesti di facilitatore, troppo spesso lo si è visto incaponirsi in palleggio e andare a sbattere contro delle difese ben organizzate. Il problema in questione non risiede tanto nel numero di palle perse (2.7 di media), quanto nel modo con il quale sono arrivate.
Inoltre, ad oggi, Anthony Edwards non ha mostrato grandi miglioramenti nel suo mid-range game, scegliendo quasi sempre la strada più tortuosa verso il ferro o, in alternativa, quella più distante, rifugiandosi nel tiro da tre, anche se forzato.
Per fare un definitivo salto di qualità, c’è bisogno che lavori maggiormente sulla costruzione di un jumper affidabile dalla media distanza e di un repertorio di tiri in floater che possa aiutarlo ad evitare le braccia protese dei Gobert di turno che lo attendono al piano di sopra. Visto il suo sconfinato talento e la sua durezza mentale, non c’è alcuna ragione per credere che non possa riuscire ad affinare i propri istinti e a maturare nelle scelte offensive. D’altronde, la sua percentuale del 29.4% da tre punti (a fronte di 7.7 tentativi a partita) e quella del 40.2% complessivo dal campo, avranno sicuramente fatto storcere la bocca a qualche scout NBA

Qui ad esempio si può osservare un mix dei suoi difetti. Abbassa la testa in transizione, si incaponisce in palleggio ed esegue un tiro dal mid-range totalmente privo di letture, ad inizio azione

Oltre a questo, se vorrà davvero diventare il primo violino dell’attacco della sua futura squadra, è necessario che costruisca un gioco senza palla più continuo e, soprattutto, che velocizzi le sue scelte. Troppo spesso la sua tendenza è sembrata quella di attendere la ricezione del pallone in maniera statica, intasando le spaziature della propria squadra e ritrovandosi a dover improvvisare un tiro allo scadere dei 24 secondi. In un contesto maggiormente competitivo e organizzato come quello professionistico, non potrà e non dovrà far mancare il proprio contributo anche in taglio e in uscita dai blocchi. A tal proposito, con la giusta guida in panchina, potrà sicuramente fare dei passi avanti.

 

Upside

Dovesse riuscire a limare quei pochi difetti presenti nel suo gioco, dovuti più all’inesperienza che ad altro, l’impressione è che ci si possa trovare di fronte ad un potenziale All-Star. Inserito nel giusto contesto e con la necessaria dose di fiducia da parte di compagni e coaching staff, potrebbe stupire sin da subito e raccogliere le redini del proprio sistema offensivo.
Azzardando un paragone NBA, farei il nome di Donovan Mitchell, con il quale i punti in comune sembrano essere davvero tanti, partendo dalla struttura fisica e dal talento cristallino su entrambe le metà campo e arrivando, più specificamente, alle carenze da un punto di vista di decision-making, che contraddistinguevano la stella dei Jazz al suo ingresso nella Lega (poi ampiamente superate).
La speranza è che possa ricalcarne – positivamente – le orme e seguirne il medesimo processo di maturazione mentale.

 

Draft Projection

I massimi insiders ed esperti del Draft, ad oggi, proiettano il nome di Anthony Edwards in corrispondenza della prima scelta assoluta e, molto probabilmente, finirà per essere proprio questa la sua definitiva collocazione. In ogni caso, non c’è motivo di pensare che possa scivolare più in basso delle terza scelta.
I detentori della prima chiamata sono quei Minnesota Timberwolves che, all’alba della scorsa stagione, hanno deciso di scambiare Andrew Wiggins (la cui convivenza tecnica con Towns iniziava a diventare un tantino problematica), per arrivare ad una point-guard di assoluto talento come D’Angelo Russell, ben più funzionale di fianco all’uomo franchigia “KAT”.
Attualmente, la loro maggior lacuna a livello di organico risiede proprio nel reparto esterni, con la presenza di giocatori dal talento modesto a contendersi il posto di combo-guard e small-forward titolare. Quello tra Anthony Edwards e i T-Wolves, dunque, sembra possa essere davvero un matrimonio annunciato.
In un contesto così giovane, ambizioso e, allo stesso tempo, distante dal clamore mediatico, il nativo di Atlanta potrebbe avere l’occasione perfetta per sprigionare tutto il suo – immenso- potenziale. 

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Pubblicato da
Cataldo Martinelli

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