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Pau Gasol e il legame con Kobe Bryant

Tra tutti i giocatori NBA in circolazione nel corso degli ultimi 25 anni, Pau Gasol è probabilmente quello con cui Kobe Bryant si è trovato maggiormente fuori e dentro il campo. Un legame speciale, culminato con la vittoria dei due titoli con la maglia dei Los Angeles Lakers. Il primo incontro tra i due, eppure, è avvenuto in Spagna, nel 2007, quando si conoscevano solo come avversari. Lui a Barcellona per allenarsi in vista della nuova stagione e Kobe in vacanza con la famiglia, proprio in Spagna. Queste le parole di Pau rilasciate a ESPN:

“È pazzesco come ci siamo incontrati la prima volta. Si parlava di lui pronto a lasciare i Lakers e che sarebbe stato potenzialmente ceduto a Chicago. Si parlava anche di me, perché all’epoca volevo essere in una situazione diversa da Memphis poiché la franchigia stavo andando in un’altra direzione rispetto ai miei obiettivi. Così gli ho detto, ‘Beh, forse un giorno giocheremo insieme. Non si sa mai.’ E mai avrei immaginato di essere ceduto proprio ai Lakers. Poi, pochi mesi dopo, quando pensavo che ormai non sarebbe più successo niente, ecco che arriva la trade. E sono finito insieme a lui ai Lakers. Abbiamo trascorso un periodo splendido insieme.”

Il suo arrivo nella compagine di Los Angeles, però, non ha chiaramente convinto in maniera definitiva Kobe. L’ex numero 24 giudicava solo a fine stagione, dopo la vittoria di un eventuale titolo. Gasol racconta il primo incontro, da giocatore dei Lakers, con lo stesso Kobe, avvenuto in una stanza d’hotel di Washington (la squadra era in trasferta lì) all’1.30 del mattino:

“Sono atterrato a Washington quella prima notte per unirmi alla squadra. È venuto nella mia stanza per dirmi: ‘Ehi, sono molto felice di averti qui con me. Molto felice che tu sia qui, ma ora andiamo a vincere il titolo.”

“Voglio dire, non poteva essere più chiaro di così. Si è assicurato che io sapessi subito dove mi trovato. Non c’era confusione nelle sue parole: ‘Questo è quello che voglio. Qui è dove mi trovo, ed è qui che ho bisogno di te. Ora, sei con me o no?’. Onestamente, volevo questo tipo di responsabilità. Quella era la mia occasione e non l’avrei sprecata per nessun motivo.”

Chiaro, però, che giocare insieme a Bryant vuol dire anche riuscire a sopportare la pressione delle sue parole. Il Black Mamba era sempre pronto a riprenderti quando le cose non andavano bene e Gasol era il suo primo obiettivo. Matt Barnes, ex compagno dei due, può confermare:

“Ci sono stati momenti in cui, forse, avrei dovuto andare da Gasol a consolarlo e dirgli che andava tutto bene…. perché Bryant lo insultava in qualsiasi lingua possiate immaginare.”

Gasol, però, è forse l’unico ad aver visto il reale Kobe anche fuori dal campo. Una persona diversa, rilassata. Il classico amico con cui uscire insieme:

“In mezzo a tutti diceva sempre, ‘Non ho tempo per gli amici. Sono troppo impegnato a raggiungere i miei obiettivi, ad essere il migliore in circolazione. Non ho tempo per le cose sentimentali.’ Sono cose che diceva pubblicamente, e c’era del vero in questo. Ma c’era anche altro…”

“Kobe è la cosa più vicina a un fratello maggiore che ho avuto nella mia vita. Si vedeva la sua tenacia, la sua grinta, il suo desiderio, la sua fame, la mentalità del Mamba… Ma aveva anche un lato molto gentile, molto affettuoso.”

Poi, il ricordo, chiaro, del momento in cui ha appreso della morte del suo amico. Era in Spagna e stava tornando a casa in macchina, con sua moglie, quando il telefono cominciò a riempiersi di messaggi e chiamate:

“Andai in una sorta di trance in cui rimasi completamente congelato. Ero in uno stato di shock completo. Non potevo crederci. Non ci ho creduto per giorni, settimane e mesi. Pensavo ancora che Kobe potesse essere uscito da quell’incidente con i suoi piedi e portare sua figlia – e gli altri sopravvissuti – con sé in ospedale. Avevamo quella percezione di lui come un essere umano invincibile. Se qualcuno poteva sopravvivere, quello era lui.”

“Subito dopo abbiamo prenotato un volo per la California. Abbiamo deciso che dovevamo essere lì. Non sapevamo se saremmo partiti per star via una settimana, due settimane o un mese, ma dovevamo essere lì. Volevamo essere vicini a Vanessa e ai bambini… essere lì, come zio Pau, per tutto ciò di cui avevano bisogno”.

A settembre, Gasol ha avuto una bambina e il ricordo è andato subito a Gianna, tanto da chiamare sua figlia Elisabet Gianna Gasol:

“È un modo, non solo per onorare Gianna, ma per avere sia lei che lui con noi. Loro sono la nostra famiglia e in che modo potevamo averli più presenti se non nel nome di tua figlia? La gentilezza, il cuore che aveva Gianna, il talento. Era speciale.”

Perché la storia di fratellanza tra lui e Kobe non si potrà cancellare:

“Mi mancherà per il resto della mia vita, ma lo avrò sempre con me, lo ricorderò sempre in ciò che faccio”.

 

 

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Pubblicato da
Simone Ipprio

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