Boris Diaw è stato ospite dell’ultima puntata di Real Ones, il podcast di The Ringer con l’ex compagno Raja Bell. Tanti passaggi notevoli della chiacchierata, Riportiamo di seguito le riflessioni sui Suns nell’immediato post-D’Antoni, fino alla trade che ha portato sia Diaw sia Bell a Charlotte, in cambio di Jason Richardson.
“La vera storia è che sono stato scambiato per colpa di Raja, questa è la storia, mi spiace [ride ndr.]. Ok, è caduta in prescrizione ormai, suppongo se ne possa parlare. È stato bello, poi Mike D’Antoni ha lasciato da una stagione all’altra per andare a New York. […] Nuovo allenatore, attenzione alla difesa. Tutti vogliamo vincere e all’inizio del training camp siamo molto coinvolti nel progetto. Implementiamo novità difensive e in attacco pensiamo di proseguire sulla stessa linea perché in fin dei conti era rimasto l’assistente allenatore. Nella tua mente di giocatore c’è la consapevolezza di essere stati la miglior macchina offensiva dei tre anni precedenti e non vuoi ricominciare da zero, ti aspetti di continuare sulla falsariga di quanto fatto fin lì, ma non è ciò che è successo. Abbiamo cambiato sostanzialmente ogni gioco rispetto a ciò che avevamo assimilato [con D’Antoni], sfruttavamo Steve in una maniera totalmente diversa. Avevamo Shaq, il che imponeva un cambio, bisognava giocargli attorno e al contempo innescarlo. Da una stagione all’altra si è fermata tutta una filosofia, sono venute meno le ragioni che avevano portato i tifosi ad amare i Suns a quei tempi – squadra votata all’attacco e movimento di palla. […] Steve passa dall’MVP alla mancata convocazione all’All-Star Game. È a quel punto che capisci che qualcosa non sta funzionando, significa che non stai giocando nel modo giusto: come puoi impedire a un giocatore di esprimersi al meglio delle sue possibilità cambiando un assetto di gioco?”
FRIZIONI BORIS DIAW-TERRY PORTER
La relazione con il coaching staff subentrante non è andata per il verso giusto. Diaw racconta con il sorriso un equivoco con l’allora capo allenatore Terry Porter.
“Quarto quarto, sei minuti alla fine, qualcosa del genere, ricevo palla con spazio, prendo un tiro da tre punti e sbaglio. Il coach mi sbraita addosso: ‘Non prendere tiri del genere!’ Ne parliamo dopo la partita in allenamento e cerco di spiegare che un tiro a-per-to per me non è un cattivo tiro. Insiste. Nella mia mente non capisco più cosa sia buon tiro e cosa sia cattivo tiro. Sono un uomo adulto ma non più in grado di prendere una decisione, perché mi stai togliendo la possibilità, quindi non tiro. L’ho percepita come un’ offesa alla mia intelligenza e la gara dopo non ho preso nemmeno un tiro, nonostante potessi appoggiare comodamente a canestro o simili. Mi sono comportato un po’ da co*****e.”
Raja Bell conferma la versione di Boris Diaw:
“È stato fenomenale. In quella partita avrebbe fatto di tutto per costruirsi un tiro di qualità. Arrivato vicino a canestro, sul punto di lasciar andare quel c***o di pallone, avrebbe quasi guardato negli occhi Terry Porter come a dirgli: ‘Sì, str***o’, prima di ributtare la palla fuori sul perimetro. So che non l’ha fatto, ma dava quest’impressione.”
POI LA TRADE
La fine dell’esperienza in Arizona per Diaw e Bell:
“Il giorno dopo andiamo a L.A., vado fuori a pranzo con gli amici ma lascio il cellulare in camera. Raja era solito schiacciare un pisolino ma al mio ritorno lo vedo bazzicare nei corridoi. Mi dice della trade, gli faccio sapere che mi dispiace ma a quel punto aggiunge: ‘Penso sia parte della trade anche tu.’ È stato gentile, mi ha consigliato di andare a controllare il telefono. L’ho scoperto così.”
Leggi anche:
NBA, Shaq e il paragone con Zion Williamson: “Può far meglio di me”
NBA, i tempi di recupero per Jaylen Brown ed Evan Fournier
Stephen Curry commenta il ritorno dei tifosi al Chase Center