Sono passate diverse settimane da quando LaMarcus Aldridge ha improvvisamente annunciato il suo ritiro ufficiale da giocatore NBA per i noti problemi fisici. Una decisione che secondo lui era necessaria anche se “sicuramente non ero pronto per smettere”. Motivo per cui ha confessato di aver dovuto gestire per la prima volta problemi di ansia e depressione. Intervistato ai microfoni di The Athletic, l’ex atleta dei Brooklyn Nets ha commentato la sua carriera e la sua avventura nella lega a stelle e strisce con queste parole:
“Quando smetti di fare qualcosa che ami per così tanto tempo e lo perdi dall’oggi al domani, è uno shock. È stata molto dura. Sicuramente non ero pronto per lasciare il gioco anche perché sentivo ancora di avere ancora molto da dare ad una squadra come i Brooklyn Nets. Sento che avevano bisogno di ciò che potevo portare in termini di esperienza e talento, quindi è stato davvero difficile dire addio. Avevano bisogno di uno scorer dall’area e di un rim protector, ed è esattamente quello che sono io, specialmente in questa fase della mia carriera. Sono stato depresso e sto cercando di capire come affrontare il fatto di non poter più essere sul parquet. Amo ancora il basket. Sento ancora di avere molto da dare. Ma anche adesso, sto ancora cercando di trovare me stesso. Ho affrontato il WPW (sindrome di Wolff-Parkinson-White, ndr), una condizione cardiaca, per tutta la mia carriera. L’ho scoperto nel 2006, il mio primo anno all’interno della lega, quindi ho avuto alcune recidive nel corso degli anni. E ho gestito ogni cosa.”
Poi, Aldridge è tornato a parlare del momento esatto in cui ha capito di dover dire basta all’attività sportiva di alto livello: stiamo parlando dello scorso 10 aprile, durante la partita contro i Lakers, quando una volta uscito dal campo ha sofferta di battito accelerato completamente fuori controllo. Il giocatore ha quindi confessato come lo spavento lo abbia portato alla conclusione di “non spingermi più al limite”. Aldridge si era unito ai Nets alla fine dello scorso marzo dopo aver raggiunto un accordo di buyout con i San Antonio Spurs, dove aveva trascorso le ultime 6 stagioni:
“Il mio cuore, in quel momento, batteva davvero in maniera strana. Questa sindrome può comportare situazioni strane: il battito può essere davvero, davvero grave, e poi tornare di nuovo normale. Dopo la partita, ho lasciato passare la notte, quindi sono andato in ospedale: in quel momento hanno eseguito tutti gli esami del caso, ma ormai ero tornato al mio ritmo cardiaco regolare. Questo mi ha reso ancora più preoccupato per la mia condizione. Mi sono sentito malissimo tutta la notte e poi all’improvviso vado dal dottore ed era tutto finito… è un po’ come prendere la macchina, che ha qualche rumore strano, poi vai alla concessionaria per farla vedere ma il rumore non c’è più.”
Aldridge ha detto che c’era troppa incertezza – “ci sono così tante cose che possono accadere in modo negativo” – per continuare a giocare a basket ad alto livello. La seconda scelta assoluta del 2006 ha aggiunto che è stato “tristemente emozionante” chiamare colleghi e famigliari per annunciare in anteprima la sua decisione di ritirarsi.
Il nativo di Dallas – il quale ha trascorso le prime sette stagioni della sua carriera con i Portland Trail Blazers – ha ringraziato in modo speciale anche l’ex compagno di squadra, Damian Lillard, per aver sostenuto che la sua maglia numero 12 dovesse essere ritirata da Portland:
“Voglio solo dire una cosa: Dame è una persona vera. Ma lo sapevamo già. Io lo so.”
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