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Draft NBA, Aaron Henry ai microfoni di NBAReligion: “Mi sento pronto. L’idolo? Paul George!”

Non capita tutti i giorni di poter parlare con un futuro giocatore NBA. Oggi noi di NBA Religion abbiamo partecipato alla Media Huddle organizzata dalla lega con Aaron Henry. Henry, junior di Michigan State nella passata stagione e prospetto dato tra la fine del primo e l’inizio del secondo giro del Draft nei vari Mock — ha risposto sempre cordialmente alle domande nostre e degli altri media italiani presenti. Vi lasciamo di seguito l’intervista completa.

Henry ha iniziato parlando delle incognite legate ai problemi fisici avuti di recente:

“A ridosso della Combine mi sono messo a riposo. È stata una scelta che ho preso insieme al mio agente per prepararmi ed essere al 100% negli allenamenti con le squadre. Ho avuto 12 workout in 19 giorni, quindi per un po’ sono stato a riposo. Ora però sono tornato di nuovo al 100% e mi sento bene quando mi alleno. Quindi sì, sto bene”

Henry è uno dei migliori difensori dell’intera classe Draft. Riguardo ai giocatori NBA e a quelli cui si ispira maggiormente, ha detto:

“Non credo di guardare nessuno in particolare in difesa. Guardo più in generale, e ai Playoff vedi che ogni difesa alza il livello. Ognuno vuole vincere, e l’intensità si alza. Non posso citare un giocatore soltanto, ma tra i grandi che ho osservato ci sono P.J. Tucker, Mikal Bridges e gli altri che erano alle Finals. Ovviamente anche i Clippers prima dell’uscita: hanno molti giocatori forti in difesa. Sai, a Michigan State, alle high school, mi hanno insegnato che la difesa vince le partite e i titoli, e io voglio vincere. È una cosa collettiva”

Il giorno del Draft è sempre qualcosa di speciale per ogni prospetto e sicuramente pieno di emozioni. Henry è però sembrato molto tranquillo a riguardo:

“Mi sento bene. Non sono nervoso ma solo eccitato di poter giocare a pallacanestro da professionista. Tra un’ora ho allenamento, è davvero un giorno normale per me”

Vista l’imminente chiamata al Draft, non poteva mancare la domanda su dove preferirebbe giocare:

“Ogni squadra sarebbe davvero una benedizione. Penso che il mio sviluppo dipenderà da me, sia se giocherò sia se non scenderò in campo, qualunque squadra capiti. Guarderò tanti filmati, cercherò di migliorare e imparare il più possibile anche fuori dal campo per diventare un giocatore migliore. Se potessi scegliere, vorrei ritrovarmi in un ambiente in cui hanno fiducia in me e con un buon sistema per migliorare, a prescindere dai minuti giocati”

Riguardo il suo mentore, il giocatore con cui può allenarsi o chiedere consigli, Aaron ha citato Gary Harris:

“Il mio mentore è Gary Harris, ora è ai Magic, ha giocato a Michigan State e veniamo dalla stessa città. Ho l’opportunità di poterlo vedere da vicino, di chiamarlo quando voglio, c’è sempre stato dall’inizio”

Henry, nato a Louisville ma trasferitosi da piccolo in Indiana, ha parlato del suo idolo in NBA, Paul George:

“Crescendo in Indiana, sono stato ad alcune partite dei Pacers e il mio giocatore preferito era Paul George. Mi si è davvero spezzato il cuore quando si è rotto la gamba. Nelle Eastern Conference Finals affrontava LeBron e io ero così felice ed emozionato di poterlo guardare. Mi sentivo davvero parte della squadra”

Nella seconda parte del Media Huddle ha parlato della sua esperienza al college toccando alcuni temi importanti, come il suo rapporto con Tom Izzo, storico head coach degli Spartans:

“Al college ho imparato a essere costante. Non basta lavorare duro per un giorno o due, una settimana o anche un anno. Devi essere la stessa persona ogni giorno, nelle giornate belle e in quelle brutte. È facile parlare, lavorare quando le cose vanno bene ma non basta. [Coach Izzo] mi ha aiutato moltissimo a migliorare il mio gioco, mi ha fatto capire cosa vuol dire essere un professionista, mi ha spinto in modi che sono davvero essenziali per la mia vita. Mi ha insegnato a essere la stessa persona ogni giorno, a essere sempre costante, sul campo ma anche in classe, nella mia vita…”

Henry ha poi parlato della sua ultima stagione al college, dove ha deciso di rimanere per un altro anno invece di dichiararsi già al Draft del 2020:

“Ho fatto una buona scelta nel tornare per il mio anno da junior. Ho potuto aiutare i miei compagni in campo, mostrare le mie doti di leader. Ed è stato importante soprattutto per me, perché sono cresciuto come persona, sono diventato più saggio e più maturo. L’NBA non va da nessuna parte: mi sono preso il mio tempo e sono stato paziente”

Riguardo le tempistiche dello sviluppo e di quanto tempo ci vorrà per adattarsi in NBA, Henry si è mostrato molto fiducioso:

“Penso di poter subito scendere in campo, difendere le guardie avversarie, tirare dall’angolo. Qualunque cosa mi chiederà la squadra, sento di poterla fare. Mi sento pronto fisicamente, in grado di difendere, di passare la palla. Sento di poter scendere in campo da subito. Anche Matt Miller [ex giocatore, due volte campione NBA con gli Heat, con il quale si è allenato in preparazione al Draft] ha detto che sono pronto per giocare, perché comprendo il gioco e ho una buona intelligenza cestistica. Riguardo al tiro devo trovare più continuità, non muovermi troppo e renderlo più semplice e costante”

Henry ha concluso l’intervista parlando di questa classe Draft e di cosa, secondo lui, la rende diversa dalle altre:

“La versatilità. Siamo in grado di fare molte cose diverse, abbiamo giocato uno contro l’altro, alcuni all’estero, altri al college e altri ancora in G League. Credo ci sia molto potenziale in questo Draft e diversi giocatori in grado di crescere molto”

 

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Pubblicato da
Carlo Giustozzi

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