La prima separazione dai Cleveland Cavaliers per unirsi ai Miami Heat è stata letta come una sorta di tradimento per i milioni di tifosi della compagine dell’Ohio. Dopo la famosa ‘The Decision’, LeBron James è stato quindi ritratto da media e addetti ai lavori come il ‘cattivo’ della NBA, un ruolo che il nativo di Akron ha dovuto accettare:
“Sono stato ritratto in tanti modi diversi, ma non ero quel tipo di persona. In un certo senso sono diventato il cattivo perché mi son ritrovato etichettato in questa maniera, quindi in quel momento ho pensato ‘Cavolo, se vogliono che io sia quella persona li accontenterò’.”
L’incontro dei suoi Miami Heat contro i Cavaliers all’inizio di dicembre è stato il più atteso della stagione e anche LeBron non vedeva l’ora di evidenziare la data in calendario:
“Aspettavo il momento in cui sarebbe stato pubblicato il calendario NBA per vedere quando avrei fatto il mio ritorno in Ohio. Il mio stato d’animo prima di questa partita era ‘Li farò a pezzi’. Non dimenticherò mai quel giorno, il 2 dicembre 2010.”
In quella partita, LeBron – fischiato sonoramente dai suoi ex tifosi – finì con 38 punti a referto e una W portata a casa. Questo l’aneddoto raccontato dalla stella riguardo il suo ritorno in città:
“Sto per scendere dalla camera d’albergo per raggiungere l’autobus e le porte dell’ascensore si aprono. Ci sono due ragazzi con le magliette “Fuck LBJ”, due. Quando vedono che sono io, uno di loro chiede ‘Posso fare una foto con te?’ E quando le porte dell’ascensore si stavano chiudendo uno dei due mi urla: ‘Non sono nemmeno di Cleveland!'”.
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