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NBA, Hall of Fame: il discorso di Paul Pierce

Nella nottata più luminose delle stelle NBA, un’ altra leggenda del gioco è stata introdotta nella Hall of Fame.

Paul Pierce ha raggiunto questo riconoscimento dopo una carriera di grandi successi: campione NBA nel 2008 e MVP delle stesse Finals, 10 volte All-Star e 4 volte selezionato per il team All NBA. Un viaggio lungo 19 anni nella lega, trascorso soprattutto sul parquet dei Boston Celtics.

Pierce ha cominciato il suo discorso ringraziando partenti ed amici, un sentito grazie alle persone che gli hanno insegnato ad essere uomo ancor prima che ad essere un giocatore di pallacanestro. Poi, in pieno stile Pierce, il discorso si è spinto sul mondo NBA:

“Uscito dal college ero membro della prima squadra All-American. Mi davano come seconda scelta assoluta. E quindi voglio ringraziare i Clippers, Grizzlies, Denver Nuggets, Toronto Raptors, Golden State Warriors, Dallas Mavericks, Sacramento Kings, Philadelphia 76ers, e Milwaukee Bucks. Le nove squadre che non mi hanno chiamato al Draft”

Mai scontato Pierce, che coglie la palla balzo per ingraziare Danny Ainge e i suoi Celtics

“Ho davvero creduto mi avrebbe scambiato. Credevo avrebbe scambiato tutto quando è arrivato. Mi sono detto ‘Oh-oh, è finita per me’. Ma avete creduto in me, abbiamo passato dei momenti duri ma siamo rimasti vicini. Ci hai messo dieci anni a portare da noi questo ragazzo [indicando Kevin Garnett, che ha presentato Pierce alla HoF]. Era dal 2006 che vi dicevo che con lui avremmo vinto!”

Il rapporto con Doc

Dopo aver ringraziato il compagno KG, Paul Pierce si è poi preso un attimo per parlare di Doc Rivers e dei successi che insieme hanno raggiunto:

“Doc. Non abbiamo iniziato col piede giusto! Sapevo che anche tu volevi venissi scambiato, ne sono certo! Ero testardo, convinto che potessi fare ciò che volevo senza ascoltare nessuno. Ma quando ho iniziato a seguirti e a dare senso alle tue critiche, è lì che sono davvero migliorato. Perciò grazie.

Ricordo di una volta che mi sono presentato alla sessione di tiri in hangover. Avevamo una partita quel giorno, e ci mettemmo a fare degli esercizi. Ad un certo punto mi piego sulle ginocchia. Doc se ne accorge e mi chiama da lui. Io arrivo, coprendomi la bocca perchè sapevo che il mio alito era terribile! Mi fermo ad un paio di metri e lui mi dice ‘Paul, vai a casa e riposati, preparati per stasera’ ed io faccio ‘Ok coach grazie’ e volo via dalla palestra! Volo via davvero. E alla fine, quella sera finisco per segnare trenta punti e vinciamo la partita. Ragazzi, questo è un coach!”

 

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Pubblicato da
Gabriele Gramantieri

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