Al Madison Square Garden di New York, questa notte, è arrivata la decima sconfitta stagionale per i Los Angeles Lakers. Con un LeBron James in meno, i gialloviola hanno dovuto affidare le loro speranze di vittoria ad un febbricitante Anthony Davis e ad un Russell Westbrook ancora alla ricerca del fit migliore all’interno del roster.
È stata una partita da Dottor Jekyll e Mister Hyde per Westbrook: una prima parte di gara decisamente da dimenticare e una seconda davvero devastante. In parte, lo sforzo per rimontare è stato dovuto proprio alla scarsa vena realizzativa di Westbrook e dei Lakers tutti, che ad un certo punto della partita sono stati sotto anche di 25 lunghezze.
L’exploit di Westbrook
Dopo aver tirato 1/5 dal campo con 5 palloni persi nella prima metà di gara, Westbrook è rientrato sul parquet nel terzo quarto con un altro spirito: 25 punti tra terzo e quarto quarto, un’aggressività totalmente diversa che però non è stata accompagnata dalla squadra, che così non ha potuto completare la rimonta nonostante la tripla doppia da 31 punti, 13 rimbalzi e 10 assist. Così Anthony Davis:
“Si accende all’improvviso. Non so se perché trova un matchup che gli piace, o se un avversario o i tifosi lo provocano. Qualsiasi cosa sia, ne avremmo bisogno per tutta la partita perché ci aiuta tantissimo”
Più polemico, invece, lo stesso Westbrook, soprattutto sulla questione palle perse:
“È divertente che ora [voi giornalisti, ndr] menzioniate le mie palle perse. Non ne sentivo parlare da cinque partite. Sapete perché? Voi giornalisti siete divertenti”
Il riferimento velato di Westbrook è alla drastica riduzione di palle perse delle ultime cinque gare: solo 12, contro le 27 delle quattro partite precedenti.
“Ne ho perse cinque nella prima metà di gara, solo una nella seconda. Mi sono adeguato, ho trovato il modo di stare in campo più adatto, sono stato aggressivo e ho pensato più a segnare che a passare.
[…] So quando faccio determinati errori. Come quando sono uscito dal campo… tre di quelle palle perse, se le vedi, ti fanno pensare “Ok, qualcosa non va”. In quelle tre occasioni ho buttato via la palla. Lo accetto. Altrimenti, va bene lo stesso”
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