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Corner Three #7: Top e Flop della settimana NBA

 

Flop

Non c’è Pace(rs) in Indiana

Quella dei Pacers è una storia davvero singolare. Per anni, ai tempi di Paul George, Roy Hibbert e George Hill, la squadra è stata una delle certezze ad Est, un team capace di raggiungere addirittura le Finali di Conference nelle annate 2012/13 e 1013/14. Poi, la svolta verso il rebuild e la trade che ha portato PG13 ad OKC in cambio di Oladipo e Sabonis. Una ricostruzione che però non c’è mai stata, visto che in Indiana il talento a roster è sempre stato più che sufficiente per rendere la squadra competitiva, ma mai abbastanza per farne una vera e propria contender. A quanto pare però, un nuovo capitolo è in arrivo.

In settimana la dirigenza della franchigia ha fatto sapere che avrebbe iniziato ad ascoltare le eventuali proposte per le sue stelle più pregiate della rosa, tra cui i vari Domantas Sabonis, Caris LeVert e Miles Turner. Un passo verso un nuovo inizio, anche se forse non era questa la direzione che il front office si aspettava dalla stagione: la firma dell’head coach Rick Carlisle (non di certo un allenatore da rebuild) e l’estensione da $45 milioni in due anni per Malcom Brogdon stonano infatti col fuori tutto che ora la squadra ha deciso di seguire. Vedremo come Indiana riuscirà a gestire il momento complicato.

Nel frattempo, le recenti dichiarazioni del centro Miles Turner non fanno altro che agitare le già mosse acque in casa Pacers

 

Kelly Oubre, bene ma non benissimo

Che dire. Va bene che il giocatore in forza agli Hornets è mancino, ma questo errore su un lay-up in campo aperto è davvero di difficile comprensione. Provaci ancora, Kelly!

 

Le difficoltà di Bradley Beal

Dopo un inizio davvero notevole ed un record che poche settimane fa scriveva 10-3, i Washington Wizards sono tornati coi piedi per terra e cavalcano ora un 15-12 figlio delle nove sconfitte nelle ultime 14 gare. Una svolta amara per Bradley Beal e compagni, riassunte con crudele schiettezza dalle parole della stessa guardia:

“A dirla tutta, è tutto l’anno che gioco da me**a. Quindi non mi metterò a parlare di altri giocatori che invece hanno davvero aiutato la squadra a raggiungere la posizione che ora occupiamo. La responsabilità di questo momento è prima di tutto mia. Devo giocare meglio, essere un leader migliore, ciò che voglio.”

La stagione dell’All-Star non si può dire malvagia, ma è di certo ben distante dagli standard a cui ci ha abituato: 22.5 punti a partita, il dato più basso dalla sua stagione 2015-16 in cui aveva appena 22 anni. E poi quel 44.2% dal campo, anche questo peggior dato da qui a sei anni, per non parlare del misero 25.3% da tre. E’ career-high anche nella palle perse, 3.5 in queste 27 partite.

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Pubblicato da
Gabriele Gramantieri

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