A 10 mesi dal suo insediamento dietro la scrivania dei Boston Celtics, coinciso con un vero e proprio riassetto a tutti i livelli per i biancoverdi, Brad Stevens è tornato a parlare del cambio di ruolo che ha dato una svolta alla sua carriera nell’ambiente NBA. L’ex coach è stato ospite del podcast targato Celtics Wiew from the rafters offrendo diversi spunti interessanti.
Boston Celtics: Brad Stevens è già a suo agio nel front office
Nonostante sia parso da fuori quasi repentino, il cambio di rotta ha radici profonde. Il racconto di Stevens:
“Danny [Ainge] me ne aveva parlato per anni, non ricordo davvero la prima volta, ma erano stati colloqui random. Lui stesso aveva allenato e allora in quel ruolo notava le differenze. Quando ha deciso di fare un passo indietro ci siamo trovati a scegliere il sostituto e mi è stato proposto lo switch. Per me è stato fantastico, e credo che anche alla squadra abbia fatto bene. […] Dopo ventun anni all’interno della stesso ciclo e ritmo [di routine] è stato splendido poter fare esperienza in un incarico con altrettanta mole di lavoro ma spalmata sui 12 mesi.”
Progetti e difficoltà del nuovo ruolo
L’ex coach sente di non aver colto la possibilità di un cambio al momento giusto:
“Sin da quando avevo 30 anni ho detto alla gente che non avrei voluto allenare fino a 60, poi son diventati 50, fino all’opportunità che si è presentata a 44. La priorità era nominare l’allenatore e la mia principale preoccupazione era legata alle sorti del mio vecchio staff. […] C’è stato un periodo di transizione davvero complicato […] ma anche all’inizio i segnali erano molto più positivi di quanto il nostro record lasciasse intendere. In questa posizione ci si abitua piuttosto rapidamente a pensare con una proiezione in avanti di settimane, mesi e anni rispetto a un momento preciso. […] Ho perso il sonno su singole giocate svegliandomi alle tre del mattino con il pensiero a quella che avremmo dovuto chiamare in un determinato contesto, una certa difesa avversaria; ora non succede più, è il lavoro di altri. […] La sfida riguarda l’insieme. […] Il mio compito numero 1 è essere un sostenitore in grado di gestire il sottofondo di contorno per tutti.”
La responsabilità porta anche a decisioni dolorose:
“La prima trade è stata dura, soprattutto perché era coinvolto Kemba, ma fa parte del mio ruolo scegliere il meglio per la squadra. Ciò non significa che quando scegli una strada o l’altra non ci sia un coinvolgimento emotivo.”
Proprio in tema di scambi e mercato NBA, spazio anche a battute in un clima piuttosto rilassato:
“Se verrò ricordato per qualcosa in vita mia sarà per il fatto che la maggior parte delle notizie verrà data al pubblico da comunicati stampa e non tramite soffiate.”
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