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Road to NBA Draft 2022: Chet Holmgren

Squadra: Gonzaga Bulldogs (Freshman)

Ruolo: Center

2021-22 Stats Per Game

Pts TotRebs DefRebs OffRebs Asts
14.1 9.9 8.1 1.8 1.9
Stls Blks FG% 3pts FG% Ft%
0.8 3.7 60.7 39.0 71.7

2021-22 Advanced

Ast% Reb% OffReb%|DefReb% TO%
11.4 19.6 8.0 | 28.7 15.7
Usg% Blk% eFG% TS%
21.6 12.6 68.0 69.1

 

Già da prima del suo effettivo debutto in NCAA, Chet Holmgren si è caratterizzato come un’assoluta anomalia: non accade tutti i giorni che la recluta n.1 in uscita dall’High School scelga di giocare a Gonzaga.
Si tratta, infatti, di un ateneo di prestigio e livello sportivo di comprovata grandezza ma che, nell’ultimo ventennio abbondante, è stato caratterizzato dal sistema di gioco costruito da coach Mark Few e che storicamente viene un po’ nascosto dalla sua appartenenza a una Conference come la WCC, che i Bulldogs puntualmente si ritrovano a dominare.

 

Come vedete, anche il processo di scelta del college per le migliori reclute USA sta diventando sempre più scenografico: Chet Holmgren ha sciolto così la riserva

Probabilmente, alla base della sua scelta, c’è stata la certezza di poter lavorare in una squadra reduce dalla finale NCAA dello scorso anno, quindi già competitiva in ottica titolo e, al contempo, di poter apprendere all’interno di uno dei coaching staff che ha sviluppato un numero crescente di prospetti NBA nel corso degli ultimi anni.

Una scelta che, di certo, sul piano del palmarès ha pagato i suoi dividendi: sono arrivati ovviamente un altro titolo WCC, gli inserimenti nei miglior quintetto della conference e nel quintetto dei migliori freshman della stessa, il titolo di miglior debuttante della WCC e addirittura l’onore individuale quale miglior difensore dell’anno.
A fine anno Chet Holmgren è stato votato come nel secondo quintetto Consensus All-American, ma la sua corsa al torneo NCAA si è chiusa alle top 16 contro Arkansas e, malgrado il suo talento sia sembrato ancora una volta indiscutibile nei suoi valori assoluti, la stagione non ha portato alcuna certezza sul fatto che sarà lui il primo nome chiamato da Adam Silver nella notte del prossimo Draft, complice una concorrenza agguerrita e talentuosa.

L’impressione che il suo sia il potenziale più ampio tra quelli presenti nel lotto è, però, tutt’altro che svanita: scopriamo insieme perché.

Punti di forza

Un aspetto che balza immediatamente all’occhio della pallacanestro di Chet Holmgren è, senz’altro, la sua essenzialità: stiamo parlando di un prospetto d’elite, con doti moderne e ricercatissime ma che difficilmente risulta barocco, esplosivo o  nel suo modo di stare in campo e disporre del suo talento.

In effetti una cifra è da mettere subito sul piatto: tutti i riconoscimenti individuali innanzi citati sono arrivati malgrado uno usage di 21.6: una cifra non da superstar che ci restituisce l’idea di un giocatore che ha dovuto integrarsi nel sistema di coach Few per servire una causa e non solo i suoi stock in sede di Draft.

Non a caso, l’aspetto che strabilia maggiormente del suo gioco, in realtà è il suo potenziale difensivo: al di là dei mostruosi dati derivanti dalle 3.7 stoppate a partita (quarto in tutta l’NCAA) con il 12.6 di Block Percentage, a stupire è la sua capacità di prendere il tempo all’attaccante in tante situazioni diverse: in aiuto, in recupero, difendendo direttamente sul post-basso o dopo un lungo scivolamento, Holmgren è uno stoppatore pressoché insuperabile in qualsiasi situazione ci si ritrovi a fronteggiarlo.

Alto 213 cm ma con una wingspan terrificante di circa 224 cm, il prodotto di Gonzaga ha anche una predisposizione incredibile ad accettare i cambi e, grazie un footwork già di ottimo livello, è in grado di accompagnare ogni tipo di esterno in 1 vs 1 per indurlo a complicare il proprio angolo di tiro e a fermarlo con una stoppata. La sua tecnica difensiva è già eccellente: pulito negli scivolamenti, verticale nel salto, capace di occupare ampissime porzioni di campo in orizzontale grazie alla sua wingspan e a un’ottima comprensione del gioco. Stiamo parlando d

Nel reel vedete tutti i modi in cui Chet Holmgren può arrivare a una stoppata e, al contempo, cominciate a intravedere il suo sconfinato potenziale offensivo

Se nella metà campo difensiva l’ormai ex numero 34 degli Zags è classificabile come un’anomalia, nella metà campo offensiva, invece, stiamo parlando della nuova frontiera del concetto di unicorno, ormai abusato all’interno della NBA ma, nel suo caso, assolutamente calzante.

Pur essendo leggerissimo e sin troppo magro per un giocatore della sua stazza, Holmgren è infatti un’arma affilatissima in tutti i settori offensivi della pallacanestro moderna: si tratta infatti di un tagliante più che affidabile nelle situazioni di pick-and-roll o anche lontano dalla palla. La sua eccezionale verticalità lo rende un lob target naturale. Il sensazionale 84% di tiri al ferro convertiti nella sua unica stagione NCAA ci dà un’ulteriore conferma di quanto sia affidabile in tali situazioni.

In più, però, non si tratta di un giocatore a disagio quando si tratta di dover trattare il pallone in prima persona, tutt’altro: è anche in grado di attaccare il ferro palla in mano in 1 vs 1, eventualmente anche a tutto campo, dopo il rimbalzo catturato.

 

Ora mettete insieme tutte le caratteristiche fin qui enumerate e pensate a come questo giocatore possa tramutarsi in una minaccia perenne sui parquet NBA: non sono poi così tanti i giocatori in grado di accettare un cambio, stoppare il diretto avversario, condurre in prima persona il contropiede e chiudere al ferro assorbendo ogni tipo di contatto. Chet Holmgren può farlo su base continuativa.

Sequenze di questo tipo fanno innamorare ogni scout NBA

Ma non è finita qui: per parlare di unicorno è necessario integrare delle ulteriori caratteristiche che il prodotto di Gonzaga padroneggia perfettamente.

Innanzitutto il 39% fatto totalizzare a Gonzaga su oltre 3 tentativi di media a gara ci parla chiaramente di un giocatore molto a suo agio nel gioco perimetrale, specialmente nelle situazioni di catch-and-shoot, tanto derivante da circolazione quanto dal pick-and-pop, ma a intrigare realmente delle sue potenzialità è tutto l’upside derivante dalla sua naturalezza nel gestire il pallone anche lontano dal canestro e a tutta velocità: non è raro vederlo attaccare in 1 vs 1 e vedergli trovare soluzioni anche piuttosto articolate per sé o per i compagni (2 assist a partita non sono un dato banale per un giocatore della sua categoria).

Di certo in quest’ultima area c’è da migliorare, ma il potenziale è pienamente comprovato.

Punti deboli

Si diceva della necessità di migliorare nella metà campo offensiva: a volte, complici le sue peculiari caratteristiche, Holmgren è sembrato un giocatore ancora non pienamente conscio delle proprie potenzialità.

Non è mai sembrato un attaccante vorace e necessariamente deciso a lasciare il segno sulla partita, malgrado le potenzialità sconfinate: a volte è riluttante e non pulitissimo nelle scelte.

Questa mancanza di pulizia si vede tanto nella shot selection quanto nell’incapacità talvolta mostrata di coinvolgere i compagni con scelte corrette o soluzioni efficaci.

Il tutto è ingigantito da una leggera insicurezza nel ball-handling, che andrà certamente levigata con il coaching staff che si troverà a prenderlo in carico. Poca sicurezza con la palla in mano a livello NBA si traduce in raddoppi e scelte difensive volte a togliere un giocatore così dalla partita: si tratta con ogni probabilità del primo settore tecnico – e non fisico – su cui gli verrà chiesto di lavorare.

 

Tutto ciò, però, passa un po’ in secondo piano se si considera che la red flag più grossa su Holmgren è senz’altro quella derivante dai dubbi sul suo fisico filiforme e sulla conseguente mancanza di forza e muscolarità per fronteggiare i pari ruolo NBA: dei dubbi che, però, nella storia recente della NBA sono stati più volte smentiti dai fatti e dal talento degli interpreti, ultimo tra i quali Evan Mobley.

Upside

Il potenziale di Holmgren è, come già anticipato, sconfinato: se dovesse pienamente compiere la propria crescita anche tra i professionisti, stiamo parlando di un giocatore che rivoluziona il modo di difendere e che estremizza le caratteristiche “da unicorno” sempre più ricercate nella NBA.

Con le premesse fatte vedere a Gonzaga, Chet Holmgren potrebbe tranquillamente diventare un membro stabile dei quintetti All-NBA, soprattutto quelli difensivi.

Il worst-case scenario è, invece, molto distante da queste ipotesi e sarebbe interamente fondato sull’idea di trovarci dinnanzi a un giocatore troppo leggero, troppo poco aggressivo e troppo particolare per funzionare in un quintetto NBA competitivo.
I GM NBA dovranno pensarci, senz’altro, ma al contempo se si tratta di selezionare il best player available in potenza, difficilmente c’è qualcuno che avrà il coraggio di rinunciare a sceglierlo.

Una statline e degli sprazzi di talento che vanno oltre il concetto di unicorno: Chet Holmgren potrebbe avere un impatto devastante sulla NBA

Draft projection

Alla luce delle considerazioni fin qui espresse e della strutturazione della lottery, con Magic, Thunder e Rockets ad aprire il Draft in rapida successione, appare evidente che difficilmente un talento come quello di Chet Holmgren possa non venire chiamato già all’interno delle prime 3 scelte.

Ci si potrebbe, forse, spingere oltre e sottolineare come in effetti appare quasi impossibile che gli Oklahoma City Thunder di Sam Presti, storicamente sensibili a giocatori dal talento purissimo e dalla wingspan esagerata, possano passare il suo nome qualora gli Orlando Magic non dovessero chiamarlo.

Stiamo, dunque, parlando di una delle prime due scelte del prossimo Draft? Probabilmente sì.
Poi sarà onere di una tra Magic e Thunder tramutarlo nella miglior versione possibile di sé stesso in ottica NBA.

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Pubblicato da
Jacopo Gramegna

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