Hall of Famer

NBA Hall of Fame: il discorso di Manu Ginobili

Manu Ginobili è entrato ufficialmente nella Hall of Fame di Springfield questa notte. L’abbiamo ammirato da vicino e visto vincere prima nel nostro canpionato, in poi in Europa e per 16 stagioni oltreoceano con una sola maglia, quella dei San Antonio Spurs.  Nel palmarès dell’argentino, uomo squadra in una delle dinastie più vincenti dello sport americano, spiccano 4 titoli NBA, due convocazioni all’All-Star Game, altrettante selezioni nei quintetti All-NBA il premio di Sixth Man of The Year 2008. Senza dimenticare  la medaglia d’oro olimpica ad Atene 2004 con la sua nazionale, vinta in finale proprio contro gli Azzurri.

Manu Ginobili nella Hall of Fame NBA: il discorso integrale

Non è semplice trovare le parole giuste per un momento così significativo nella carriera di un giocatore. Manu Ginobili ci ha provato così. Riproponiamo di seguito il suo discorso di introduzione nella Hall of Fame con la Class 2022,

Bene, grazie. Lasciatemi sentire il battito del mio cuore. [Si rivolge a Tim Duncan che l’ha accompagnato sul palco ndr.] Sicuro di non volerlo fare? So che ami i riflettori [ride]. Pazzesco, quei video ti accendono. Incredibile, è stato un lungo viaggio. Per i giocatori come me i riconoscimenti individuali sono vittorie di squadra. Non sono qui per essere stato super speciale, ma per essere stato parte di due delle squadre più importanti degli Anni Duemila, gli Spurs, con i quali ho vinto quattro titoli NBA, e la mia nazionale, l’Argentina, con la quale ho vinto l’oro nel 2004. In aggiunta a questo, un’Eurolega vinta con la Virtus Bologna, coach Messina [si rivolge all’allenatore in platea ndr.]. Ecco, avete la ragione della mia presenza qui. Oggi però vorrei anche parlare delle squadre che non sono state così di successo, ma che sono state fondamentali per posare le pietre che mi hanno permesso di arrivare a questo punto. Senza quei passi, non sarei qui oggi.

Tutto è iniziato all’età di 6-7 anni in una piccola squadra di club di Bahia Blanca, a un isolato di distanza da casa, dove quindi ho passato molto del mio tempo. Mio padre era il presidente di quella squadra, uno dei fondatori, c’era sempre, quando non lavorava, così come i miei fratelli maggiori, che hanno giocato lì. Mia madre era l’allenatrice [pausa e sorriso ndr.] no, sto scherzando, non sapeva nulla di basket giocato. Mi veniva a prendere a scuola a mezzogiorno, mi sfamava per accompagnarmi all’altro lato della strada e lasciarmi giocare per il resto della giornata, fino a ora di cena. Io palleggiavo e tiravo, palleggiavo e tiravo, in continuazione, 6/7 ore al giorno, stringevo amicizie. Era il luogo ideale per rafforzare e sviluppare la mia passione e il mio amore per il gioco in un ambiente davvero sano e familiare, ringrazio tutti coloro che hanno fatto parte di quel periodo della mia vita. A diciott’anni sono diventato un giocatore professionista, Pensai ‘Wow, non sono così speciale’, ma il coach, che è qui [tra il pubblico] mi ha chiamato e mi son detto: ‘Sì, vado, naturalmente’  Giocare di fronte alla mia famiglia e agli amici, al massimo livello di pallacanestro possibile in Argentina è stato magnifico.  Ho avuto addirittura il piacere di condividere il campo con mio fratello. […] Grazie a tutti gli allenatori e giocatori che hanno condiviso con me l’esperienza in Argentina. Con la mia crescita graduale arrivò anche la prima convocazione in nazionale, con essa le attenzioni e la possibilità di andare oltreoceano.

L’Italia è stata la prima fermata. Viola Reggio Calabria, con un allenatore che ha davvero creduto in me nei momenti difficili, veterani che mi hann0 indicato la strada. Un fantastico primo passo nella pallacanestro europea. Poi il salto alla Virtus Bologna, dove sono stato allenato da Ettore Messina, che mi ha insegnato in sostanza ciò di cui avevo bisogno per raccogliere successi e vincere campionati. Abbiamo imparato e superato l’esame. Grazie coach. l’approdo in NBA, da sogno irraggiungibile, è diventato un obiettivo realistico dopo  aver giocato per te e con lo splendido gruppo di ragazzi che ci ha permessso di conquistare quella Eurolega. L’esperienza italiana per me ha avuto un enorme valore. Lì sono diventato non solo il giocatore NBA ma anche l’uomo che sono oggi. Grazie a tutti.

Durante quegli anni, ero ancora  a Reggio Calabria, stavo giocando con la nazionale. Ricevetti una telefonata che mi informò del fatto che ero stato scelto al Draft NBA con la numero 57 dai San Antonio Spurs.  Pensai: Cosa?! ‘ Non potevo letteralmente crederci, ipotizzavo un fraintendimento dovuto alla lingua o chissà che cosa. Avevo zero aspettative, mai un colloquio con gli Spurs, il mio agente non mi aveva mai parlato di una possibile chiamata al Draft. Non avevo vestiti eleganti, cappellini, né indizi in merito, conferenze stampa. Non sapevo nemmeno in che parte del mondo fosse San Antonio, ma conoscete più o meno questo lato della storia. Gli Spurs sono stati una grande famiglia, un enorme sostegno per me. Ho passato 16 anni, 16 anni, giocando per lo stesso allenatore, con, per la maggior parte, gli stessi compagni, rappresentando gli stessi colori e la stessa città, con così tante vittorie, sconfitte, tanti amici ed esperienze incredibili. Per questo, ho moltissime persone cui dire ‘Grazie’. Alcuni ringraziamenti sono scontati: Pop, che posso dire? Sarò breve stavolta, ma sei stato così importante per me e la mia famiglia, dentro e fuori dal campo, che non sarò mai in grado di ringraziarti abbastanza [voce rotta dall’emozione ndr.]. L’uomo accanto a me, [Tim Duncan], uno dei migliori nella storia del gioco, ma anche, cosa più importante, uno dei migliori compagni di squadra. Ho imparato da te ad essere un leader e un esempio in campo. Grazie, Tim. TP [Tony Parker], le priorità sono sempre state chiare, non abbiamo mai permesso al nostro ego di prendere il sopravvento. Sapevamo quando era il tuo il mio o [il più delle volte] il suo momento. Un po’ per me, un po’ per te, il resto a lui, ma ce l’abbiamo fatta, è stato un piacere. Questi tre portano tante vittorie, All-Star, MVP, miglior allenatore ogni epoca o giù di lì. Per vincere però un campionato ed essere una vera squadra c’è bisogno di tanti piccoli tasselli al loro posto e noi ne avevamo tantissimi. Lo ripeto, tantissimi. Qui oggi c’è Bruce Bowen, hai semplificato il lavoro mio e di tutti loro, alla grande. Matt Bonner, non mi dimentico di te stavolta, compagno fantastico. Patty [Mills], Tiago [Splitter], [Bobo] Diaw], avete reso tutto divertente, vi adoro […], grandi veterani nel mio ruolo. Fabri [Oberto], il mio compagno ideale, grazie fratello. Potrei nominarne a centinaia, vi ringrazio tutti, sinceramente. Ho amato condividere le squadre con voi, le cene, le vittorie, le sconfitte. È stato fantastico. Quando parli dell’organizzazione Spurs non puoi citare solo giocatori, c’è molto di più: l’abilità di trovare personale di qualità che sposa la tua cultura […] assistenti, fisioterapisti, videocoordinator, magazzinieri, GM, RC [Buford] ovunque tu sia. Sappiate che siete tutti importanti come i primi tre che ho citato. Grazie per avermi scelto, accompagnato, trattenuto. Vi sono grato. La cosa folle della mia carriera è che in parallelo a tutto ciò che è successo in 16 stagioni Spurs c’è stato un altro capitolo altrettanto ravvivante, soddisfacente, eccitante: quello con la mia nazionale, in Argentina. Alcuni dei ragazzi sono qui, potrei parlare di voi singolarmente senza sosta, ma mi soffermo sul concetto di squadra che abbiamo sempre privilegiato nel nostro modo di fare le cose. I successi, come  le delusioni, ci hanno compattato, le terribili trasferte, le cene la sera tardi e le colazioni la mattina presto, il jet lag: ne è valsa la pena. Vi adoro, ragazzi c’è amicizia, fratellanza, attendo nuove avventure con voi fuori dal campo. Desidero ringraziare anche la NBA, David Stern prima e Adam Silver e la sua squadra ora, per l’incredibile palcoscenico che ci concedono per fare ciò che amiamo. La migliore lega al mondo. Tifosi, da ogni parte del mondo, ho sempre sentito il vostro affetto e la vostra sconfinata passione: grazie mille. Ora concedetemi di rivolgermi alla mia famiglia in spagnolo per un minuto. Potrei emozionarmi un po’ qui, ma state con me. A Seba e Lea, i miei fratelli, grazie per avermi indicato la strada ed essere stati un’ispirazione fin da piccolo, quando volevo diventare come voi. Papà, come mi sarebbe piaciuto averti qui oggi perchè potessi comprendere la portata di ciò che sta accadendo. Sei stato il mio primo e più fedele sostenitore. Mi manchi molto, vecchio mio. Mamma, so che stai guardando: ho avuto bisogno tre figli maschi per capire i sacrifici che hai fatto per noi a lungo con sforzi, dedizione, amore, libertà di scelta. Grazie. Many Luca, Dante e Nico, come avete sentito, sono successe tante cose nella mia carriera, ma se dovessi scegliere un momento in cui fermare il tempo per godermelo all’infinito, sarebbe ora, con voi, per quello che facciamo assieme, i viaggi, le notti, tutto. Vi amo. Credo di essere l’ultimo rimasto stasera quindi grazie a tutta la classe 2022, è stato un piacere. Grazie a tutti i presenti in sala, non vedo l’ora di lanciarmi in nuove avventure assieme.”

 

 

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Pubblicato da
Nicolò Basso

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