Per evidenti ragioni legate all’inciviltà ed alla bassezza morale dell’imputato, il caso Robert Saver si presenta ormai da un paio di giorni come l’argomento più dibattuto all’interno dell’eterogeneo e sempre focoso panorama NBA.
A tal proposito, una volta emanata ufficialmente dal tribunale della lega la condanna definitiva a carico del proprietario dei Phoenix Suns (un anno di sospensione dall’incarico e $10 milioni di multa), alcuni giocatori di primissimo piano, tra cui Chris Paul e LeBron James, si sono esposti pubblicamente invocando a gran voce la necessità di una sanzione decisamente più drastica di quella sentenziata dal giudice.
Robert Saver potrebbe quindi rischiare, sulla base di quanto riscontrato durante le indagini, di essere bandito a vita dalla NBA? La risposta, tanto lapidaria quanto inequivocabile, è contenuta proprio nell’ultimo intervento pubblico di Adam Silver:
“Non ci troviamo di fronte ad un secondo caso Donald Sterling. L’ex proprietario dei Clippers pagò $2.5 milioni di multa e fu espulso a vita dalla NBA per via del suo animo coscientemente razzista, mentre Robert Saver, pur dovendo necessariamente scontare una pena per aver tradito i principi ispiratori della nostra lega, non subirà un’estromissione tanto radicale. Le attenuanti in suo favore sono comunque significative, specie ricordando che numerose testimonianze in merito al caso sono pervenute in forma anonima. Gli uffici competenti non hanno rilevato traccia di reale furore razzista, convinta misoginia o altre tendenze deprecabili motivate dalla più gretta malignità. Condanniamo senza mezzi termini l’episodio, ma non ci sono gli estremi per un’espulsione a vita”.
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