Nell’approccio alla stagione dei rookie NBA c’é sempre un misto di disincanto e fascino. Li impariamo a conoscere nel loro percorso di adattamento alla lega, cerchiamo conferme e sorprese da nomi più o meno blasonati.
Torna – a grande richiesta di chi scrive – e speriamo anche dei lettori – una rubrica mensile per accendere un faro sulla classe Draft 2022, che ha già regalato diversi spunti interessanti. Tracceremo un bilancio attorno alla metà di ogni mese, fino al termine della regular season, lasciandoci trasportare dall’entusiasmo e da quella componente imprevedibile che fa parte del gioco.
*Le statistiche citate, salvo diversa specifica, sono aggiornate alla pausa per le midterm elections tra il 7-8 novembre.
1. Paolo Banchero
Paolo Banchero è, finora, il miglior rookie della regular season. Ce lo aspettavamo? Forse sì. Ci aspettavamo che spaccasse l’NBA? Forse no. Cerchiamo di fare ordine alle idee:
- Medie di 23,5 punti, 8,3 rimbalzi e 3,6 assist di media in 11 gare;
- Terza prima scelta assoluta della storia a iniziare la stagione con almeno quattro prestazioni di fila da almeno 20 punti;
- Quinto teenager a realizzare due prestazioni da almeno 30 punti di fila, dopo LeBron James (2003), Devin Booker (2016), Luka Doncic (2019), Zion Williamson (2020);
- 9 partite su 11 giocate dove ha segnato almeno 20 punti, secondo solo a Kevin Durant.
Numeri da potenziale All-Star. Certo, gli Orlando Magic non hanno grandi velleità per questa stagione, ma proprio l’assenza di competizione sta dando modo a Banchero di prendersi tutti i riflettori della lega. Unica dota dolente resta il tiro da tre punti (25,6% di realizzazione), ma d’altronde era un limite che avevamo messo in conto in sede di Draft.
La regular season è ancora lunga, ma di questo passo potrebbe seriamente vincere il premio di Rookie of the Year.
2. Bennedict Mathurin
Non vogliamo affrontare in questa sede un confronto tra i due. Quello che è certo è che Bennedict Mathurin, scelto alla sesta chiamata assoluta, sta convincendo molto staff e tifosi dei Pacers. Perché non è solo già un solido giocatore di rotazione (è sempre partito dalla panchina ma gioca una media di 28 minuti a serata), capace di fare coppia con Tyrese Haliburton, ma è anche uno scorer di razza, segnandone 30 contro Denver nell’ultima partita giocata.
20.4 punti di media con il 46% dal campo e un ottimo 43.7% da dietro l’arco dei tre punti, ha dimostrato di avere un ottimo arsenale offensivo, capace di penetrare in area e concludere al ferro come di fare affidamento su un solido jumper dalla media e lunga distanza. Forse ci si aspettava qualcosa di più alla voce assist (2.2 di media), deve ancora gestire meglio i palloni nella metà campo offensiva (2.5 palle perse a serata, 3.8 solo nelle ultime quattro partite giocate). Nonostante questo, sembra l’unico in grado di poter impensierire Banchero per il premio di Rookie dell’Anno.
3. Jaden Ivey
Il primo degli altri. Anche se la matricola di Detroit non sta affatto sfigurando, il livello dimostrato dai primi due è difficile da mantenere.
Dwane Casey ripone tanta fiducia in lui, tanto da averlo fatto sempre partire nel quintetto titolare: gioca molto e Detroit punta tanto sul suo sviluppo. Ivey sta ripagando questa fiducia con ottimi numeri per un giocatore alle prime 10 partite in NBA. Esordio da 19 punti con un ottimo 53.3% dal campo, ha proseguito la sua striscia in doppia cifra per sette partite consecutive.
Guardia tuttofare, oltre a segnare (15.4 di media) è piuttosto presente a rimbalzo (5.4 a serata). Anche per Ivey l’unica nota dolente è il tiro da tre punti: in questo primo mese scarso di NBA ha tirato con il 32% circa, frutto di 1.5 tiri realizzati su 4.5 tentativi a partita. Da una guardia ci si aspetta qualcosa di più, ma a Detroit potrebbero aver trovato un ottimo prospetto per il futuro.
4. Keegan Murray
Non male Keegan Murray: vuoi che dopo l’esperimento fallito di Marvin Bagley III, i Kings abbiano trovato il rookie giusto su cui puntare?
Ha iniziato la stagione con cinque partite di fila in doppia cifra, segnandone 22 contro Miami il 29 ottobre. Presente anche in difesa, con quasi una stoppata e una rubata di media a serata. Dimostra inoltre di essere un realizzatore affidabile da dietro l’arco (quasi il 38% di realizzazione). Tutte caratteristiche che hanno convinto coach Brown a schierarlo nello starting five a partire dalla terza partita di regular season, posizione che da allora non ha più mollato.
Dovesse continuare così, un posto nell’All-Rookie Team non glielo toglierà nessuno.
5. Jabari Smith Jr.
Jabari Smith Jr. è approdato in una squadra che non punta a vincere subito, e alla scelta numero 5 dello scorso Draft sta venendo dato molto spazio per crescere e fare esperienza. Ha iniziato tutte le partite giocate direttamente dallo starting five, giocando quasi 30’ a sera di media.
Aveva iniziato molto bene la stagione, con cinque partite in doppia cifra e il primo ventello della carriera solamente alla quarta gara, poi si è un po’ perso con una serie di prestazioni sottotono (1/10 dal campo e solo 2 punti contro i Clippers, nonostante i quasi 27 minuti sul parquet). Proprio quello del tiro è un aspetto che deve migliorare molto: ha sì una media di 10.5 punti, ma tira con il 30,8% dal campo. Compensa però con la presenza a rimbalzo e per questo si è guadagnato la quinta posizione della nostra Rookie Ladder.
6. Shaedon Sharpe
Non c’è bisogno di un grande sforzo di memoria per ricordare come il nome di Shaedon Sharpe venisse sussurrato quasi a mezza bocca dagli addetti ai lavori nei mesi che hanno preceduto il Draft NBA. Nessuna presenza a livello collegiale con Kentucky, e una Summer League mai davvero entrata nel vivo causa infortunio, lasciavano legittimi dubbi sull’hype che ne aveva accompagnato l’ingresso nella lega. In meno di un mese, complice la partenza sprint dei Trail Blazers, Sharpe si è imposto con chiarezza nel panorama della rookie class 2022.
Nelle prime 10 partite della sua carriera NBA Sharpe è andato in doppia cifra in sei occasioni. Da sottolineare il convincente debutto in quintetto base contro i Rockets, che ha stupito anche Damian Lillard: 14 punti con 7-12 in 29’. Meno brillante invece il successivo esordio in tv nazionale contro i Grizzlies. Una controprestazione che in ogni caso non preoccupa Chauncey Billups. Il coach sa di avere per le mani un diamante grezzo e ha già scomodato per lui paragoni importanti con profili del calibro di Brandon Roy e Vince Carter. Ah, a proposito, l’entusiasmo con cui Vincredible ne scandisce il nome vale più di mille parole.
Difficile dire in che misura l’etichetta di ‘giocatore misterioso’ possa aver influito, eventualmente sui giudizi positivi. Chi scrive ritiene tuttavia che l’effetto sorpresa svanirà presto, lasciando parola al campo. Per il momento, sulla fiducia, guadagna una posizione rispetto alla collocazione nella Draft board dello scorso giugno.
7. Jeremy Sochan
San Antonio è tornata a scegliere in top 10 a 25 anni dal Draft 1997, quello di Tim Duncan per intenderci. Dopo il caraibico, nessun rookie neroargento aveva iniziato la stagione con la prospettiva di quintetto base ed è quantomeno curioso che la sorte abbia sorriso in tal senso a Sochan, riserva al college nella rotazione dei Baylor Bears.
Assente in Summer League perché positivo ai test rutinari Covid, Sochan non ha mai lasciato il posto nello starting five Spurs dalla partita di preseason del 9 ottobre scorso contro New Orleans. All’ombra dell’Alamo amano già la sua attitudine, che lui stesso ha definito da ‘spirito libero’, accompagnata a una capigliatura dai colori cangianti d’ispirazione rodmaniana. Da The Worm sembra aver preso anche l’approccio defense-first.
Guarda a Draymond Green, nel quale si rivede per grinta e approccio ‘fastidioso’ (annoying, dall’inglese) nella miglior accezione del termine. Si troveranno in campo tra poche ore, chissà se riceverà una sorta di benedizione.
8. Jalen Duren
Jalen Duren, il più giovane della classe Draft 2022, non ha avuto certo remore nell’esporre i suoi punti di forza. In doppia doppia già all’esordio NBA contro gli Orlando Magic (14 punti e 10 rimbalzi), è andato vicino a concedere il bis al Madison Square Garden vs Knicks. Viaggia a oltre tre rimbalzi offensivi di media in 21’ d’impiego a sera, (all’11 novembre, 16° dato nella lega e 3° assoluto tra i giocatori con minutaggio inferiore ai 25’). Accompagnato a braccia negli spogliatoi contro gli Warriors ha saltato le tre partite successive prima di tornare a disposizione di coach Dwane Casey.
9. Tari Eason
A ruota un altro giocatore che, pur con minutaggio contenuto, sta raccogliendo ottimi numeri, a conferma di un trend evidenziato in preseason. Quando è sul parquet ha già assaggiato accoppiamenti impegnativi, seppure per brevi momenti. Qualche nome? Paul George, Anthony Edwards. Per inciso, contro Minnesota 17 punti e sei rimbalzi e una visione di gioco rimarchevole.
10. Jalen Williams
Dopo un’eccellente preseason condita da quattro partite consecutive in doppia cifra non ha vissuto forse il debutto NBA che sognava – frattura orbitale a seguito della gomitata involontaria di Jaden McDaniels. Tuttavia, il rookie di OKC si è presto rifatto con gli interessi. Dalla trasferta di Dallas ha indossato la consueta protezione sul viso di innegabile fascino.
Ogni altra maschera, fuor di metafora, è stata gettata. Ha riempito il tabellino personale con 13 punti, tre rimbalzi altrettanti assist e quattro stoppate e nella gara successiva, contro Orlando, coach Daigneault l’ha gettato nella mischia da titolare. Da seguire con interesse nel cantiere aperto Thunder.