11. AJ Griffin(↑ 1)
Che dire, due canestri vincenti contro i Toronto Raptors e i Chicago Bulls sono momenti che hanno sicuramente aiutato AJ Griffin ad arrivare a ridosso della Top-10 nella nostra Rookie Ladder. E sebbene Griffin non sarà probabilmente mai uno dei principali candidati al premio di Rookie of the Year, al momento ha un’inclusione nell’All-Rookie Team assicurata.
A dicembre è andato in doppia cifra in 7 partite consecutive, nel corso delle quali ha tenuto una media di 14,4 punti con il 43,9% da tre punti, con una prestazione da 19 punti contro i Magic. A inizio gennaio si è un po’ perso con qualche prestazione sottotono, ma siamo sicuri di ritrovarlo intorno alla stessa posizione di questo mese nella prossima Rookie Ladder.
12. Andrew Nembhard (↓ 4)
Dicembre senza infamia e senza lode per Andrew Nembhard. Ormai titolarissimo in quel di Indiana, ha portato un solido apporto in attacco con circa 8 punti di media nel mese, oltre a 3 rimbalzi. Niente trentelli o tiri della vittoria allo scadere stavolta, ma comunque una prestazione da 19 punti contro Charlotte una decina di giorni fa che non è passata inosservata.
Con Tyrese Haliburton fuori almeno un paio di settimane (e forse qualcosa di più), ci sarà maggiore spazio per l’ex Gonzaga: vediamo dove lo ritroveremo nella prossima Rookie Ladder.
13. MarJon Beauchamp (↑ 4)
Continua l’inaspettata scalata di MarJon Beauchamp, che dopo un inizio davvero difficile a Milwaukee, a dicembre ha finalmente giocato con costanza, partendo addirittura dallo starting five in alcune occasioni.
E il nostro MarJon ha ripagato la fiducia di coach Budenholzer con i numeri: in soli 15,4 minuti di gioco a serata nelle ultime quattro settimane ha messo a referto 7,4 punti, con un ottimo 38,5% da dietro l’arco dei tre punti. Davvero niente male per uno che lo scorso anno giocava in G League.
14. Shaedon Sharpe (↓ 3)
Ha respirato di recente aria di casa nell’ unica trasferta canadese in calendario, a Toronto, dove ad attenderlo c’era un nutrito gruppo di amici e conoscenti.
Apparentemente è un momento come tanti, ma riassume la ricerca di una comfort zone, dentro e fuori dal campo. In tal senso la partecipazione allo Slam Dunk Contest dell’All-Star Weekend di Utah potrebbe dare una grossa mano. Il livello d’attesa generato dall’annuncio è già fuori scala; Sharpe ha provato a tenere sotto controllo la situazione senza sbottonarsi troppo:
“Forse dovrei parlarne con Ant [Anfernee Simons ndr.] e vedere ciò che ha combinato lui, per capire cosa poter proporre a mia volta. Se presente, coinvolgerei credo Dame [Lillard]. Sento che c’è una connection tra passaggio, schiacciata, quindi sì, probabilmente chiamerò un compagno.”
Attenzione a non farsi trarre in inganno, riducendo il tutto ad atletismo e schiacciate.
Prima della trasferta citata alla Scotiabank Arena, coach Billups ha ricordato come la formazione cestistica all-around di Sharpe sia soltanto agli inizi:
“È un ragazzo iper talentuoso, allenarlo è un piacere. Ascolta e impara piuttosto in fretta. È normale che ci siano alti e bassi […] A inizio stagione ho sempre pensato che il non aver potuto giocare la Summer League l’abbia penalizzato. Sono molto sorpreso dal suo sviluppo fin qui. In alcune partite sembra un veterano con sei, sette stagioni alle spalle, in altre [appare per ciò che è, ovvero] un ragazzo di vent’anni. Il suo livello tecnico è impareggiabile. La gente parla solo delle sue schiacciate, ma lui dimostra di avere footwork e ball-hadling speciali. Tira con facilità e ha una grazia innata.”
Shaedon Sharpe dovrà lavorare sodo per riconquistare le prime 10 posizioni, ma gli elementi d’interesse non mancano.
15. Malaki Branham (↑ 9)
Branham firma uno dei progressi più consistente di questa puntata, vicino alla doppia cifra. Ha confermato i buoni segnali emersi a dicembre, sempre più a suo agio sia on sia off the ball. È sul podio per %EFG (49.2) tra i rookie con almeno 40 tiri in sospensione tentati e affronta la penetrazione prendendo iniziativa al ferro senza timori.
La panchina di San Antonio è la migliore per produzione (42.3 punti a partita), merito anche di Branham, che ha chiuso oltre quota 10 quattro delle ultime cinque gare disputate. Dopo il carrer-high del 19 dicembre, nel derby contro i Rockets, Devin Vassell l’ha preso sotto la sua ala:
“Gli ho detto ‘ Se hai un tiro aperto, prendilo’. Mi rivedo un po’ in lui, rivivo il mio anno da rookie in un ruolo simile. Cerco di aiutarlo.”
Non potrà sempre salire con quest’impeto, ma i margini di miglioramento si intravedono.
16. Mark Williams (NE)
Mark Williams entra di prepotenza nella nostra Rookie Ladder solamente a stagione NBA inoltrata. Scelto con la quindicesima chiamata assoluta dagli Hornets, non ha mai avuto modo di trovare spazio. Dopo aver giocato una manciata di partite a inizio stagione, era stato mandato a farsi le ossa in G League, per poi tornare il 26 dicembre segnando 9 punti, con 6 rimbalzi, in 15 minuti di gioco.
Tre giorni dopo mette a referto una doppia doppia con la paglia: 17 punti con 7/7 dal campo (!) e 13 rimbalzi in 21 minuti di gioco. Tra fine dicembre e inizio gennaio tiene medie di 7 punti e 7 rimbalzi in 16 minuti di gioco, oppure 16 punti e 15,6 rimbalzi proiettati sui 36 minuti. Da tenere d’occhio perché potremmo ritrovarlo ovunque il prossimo mese.
17. Patrick Baldwin (↑ 11)
Salto in avanti che ha del clamoroso per Patrick Baldwin Jr. Lo scorso mese il rookie degli Warriors era a un passo dall’uscire da questa Rookie Ladder, ma all’improvviso, forse nemmeno lui sa come, a dicembre ha giocato un sacco, segnandone 17 contro Brooklyn il 21 dicembre scorso e 11 contro Utah qualche giorno dopo.
Sicuramente tornerà nei bassifondi di questa classifica, perché ora è stato riassegnato alla G League. E visto che non lo ritroveremo più così in alto, ci sembra il momento giusto per ricordarvi che PBJ, suo soprannome, è anche l’abbreviazione di “panino al burro di arachidi e alla marmellata” (Peanut butter and jelly sandwich), che negli USA rappresenta quello che per noi italiani rappresenta pane e Nutella, ovvero la colazione dei campioni. Così, giusto per farvelo sapere.
18. David Roddy (↑ 4)
Piano piano David Roddy risale la Rookie Ladder. Forse non lo ritroveremo più così in alto, ma intanto il giocatore dei Grizzlies sta facendo vedere un po’ di progressi.
Se il primo mese ha litigato un po’ con le percentuali al tiro (34% scarso dal campo e 25% dalla lunga distanza), nelle ultime settimane Roddy sembra aver aggiustato un po’ la mira, tirando con il 45,2% dal campo nelle ultime 10 partite giocate. La sua produzione non ha potuto che giovarne: career-high da 15 punti lo scorso 15 dicembre e 7,2 punti di media nel mese non sono male per una scelta a fine primo giro, e noi lo premiamo per questo.
19. Christian Braun (↑ 3)
A dicembre ha ritrovato spazio sufficiente in rotazione per inanellare una buona serie di performance. Non spiccherà mai rispetto ai colleghi in termini puramente statistici, ma la capacità di indirizzare il risultato con il giusto approccio difensivo gli fa mantenere grande credito agli occhi di tutto il coaching staff Nuggets.
In occasione della sfida casalinga d’alta classifica contro i Memphis Grizzlies ha rimpiazzato per la prima volta Jamal Murray in quintetto base ereditando anche un accoppiamento a dir poco scomodo con Ja Morant. Nel complesso, se l’è cavata bene, diciamo:
“Ho alzato lo sguardo nel terzo quarto, ne aveva messi 30 quindi stavo sbagliando qualcosa. […] Giocatori del genere faranno sempre i loro numeri. […] Se riesci a renderli il più inefficienti possibile [hai raggiunto] l’obiettivo.”
Il ruolo di jolly non sarà forse quello auspicato da Braun ai nastri di partenza della sua carriera NBA, ma per un rookie inserito nel roster di una contender l’opportunità va sfruttata fino in fondo.
20 Christian Koloko (↑ 4)
Ce l’hai fatta! Pazzo bastardo ce l’hai fatta (semicit. da Jurassic Park). Christian Koloko ha segnato la sua prima tripla NBA in carriera e per la Rookie Ladder può anche finire qua.
Analizziamo come è successo nella partita contro i Suns: il lungo si trova relegato nell’angolo lasciato libero dalla difesa, oltre l’arco dei tre punti. Koloko riceve palla e non ci pensa due volte, alzandosi con una meccanica di tiro neanche così brutta da vedere per un giocatore che gioca il 99% del tempo sotto canestro. E il tiro miracolosamente entra: i commentatori esplodono, la panchina ha le mani tra i capelli, Jeff Dowtin agita asciugamani a destra e a manca.
Insomma, tutto molto bello, ma intanto Koloko perde 4 posizioni: 4,3 punti e 3,6 rimbalzi di media nell’ultimo mese sono un magro bottino per un giocatore che dà la sensazione di avere molto di più tra le sue mani.