Durante le prime partite dei Playoff, per tradizione la NBA annuncia i premi individuali per i migliori giocatori della regular season. Nella notte italiana la lega ha assegnato il premio di Sesto Uomo dell’Anno a Malcolm Brogdon, che era tra i favoriti per la vittoria. La guardia dei Boston Celtics ha giocato una stagione fantastica in uscita dalla panchina, viaggiando a 15 punti, quattro rimbalzi e 3.7 assist di media. Brogdon ha ricevuto 60 voti per la vittoria sui 100 votanti per i premi di regular season, collezionando 408 punti totali. E’ arrivato secondo Immanuel Quickley, guardia dei Knicks che ha ricevuto 34 voti per il primo posto e 326 punti totali, mentre Bobby Portis ha completato il podio.
Nelle 67 partite che ha giocato con la maglia biancoverde Malcolm Brogdon non è mai partito titolare. Un ruolo, quello di sesto uomo, a cui si è dovuto abituare dopo che negli anni precedenti aveva sempre giocato da titolare, prima con Milwaukee e poi con gli Indiana Pacers. In un’intervista a Inside The NBA, programma della rete TNT, la guardia dei Celtics ha ricevuto il premio e ha subito voluto ringraziare compagni e allenatori:
“Mi sento davvero onorato. E’ stato un bel cambiamento per me, arrivare da Indiana a Boston, ma questa è una grande squadra. Ho degli ottimi compagni e un ottimo coaching staff. Joe [Mazzulla] ha dovuto prendere il controllo della squadra e ha fatto un gran lavoro, quindi voglio ringraziare tutti i ragazzi”
I Celtics avevano preso Brogdon in offseason, scambiando a Indiana un pacchetto di giocatori e due scelte al primo giro. Dopo le Finals perse contro gli Warriors, i biancoverdi avevano bisogno di migliorare ulteriormente il roster, e la presa del giocatore originario di Atlanta si è rivelata decisiva. Malcolm Brogdon ha concluso l’intervista parlando di come, nel corso della carriera, si è adattato a giocare a fianco di grandi stelle NBA:
“Ho avuto il piacere di giocare con Giannis, uno dei più migliori giocatori al mondo. Io, che uscivo dal college come All-American e con una serie di premi, ho dovuto controllare il mio ego, soprattutto quando ero a Milwaukee. Quando sono andato a Indiana io e Domantas [Sabonis] eravamo le stelle, ma gli ultimi due anni non sono stati così positivi. Quindi ho dovuto capire che forse non posso essere un numero uno in una squadra, ma posso essere il numero due, tre o quattro. E giocare a Boston dietro Tatum, Brown e gli altri ragazzi, All-Star affermati e a livello All-NBA, è stato un gran fit per me”
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