Nella notte tra sabato 12 e domenica 13 agosto, 13 nuovi volti sono entrati a far parte della Naismith Hall of Fame. Tra questi, anche lo spagnolo Pau Gasol che come da prassi ha accettato l’onore con un discorso.
“Gratitudine. Questo è ciò che provo. Questo momento è una testimonianza della guida che ho ricevuto durante la mia carriera. Chi avrebbe detto a un bambino nato a Sant Boi de Llobregat che sarei stato inserito nella Hall of Fame”.
Dall’esempio di Toni Kukoc, all’idolo Kareem-Abdul Jabbar fino al Dream Team delle Olimpiadi di Barcellona del 1992. Che calcando il parquet di casa di Pau ha reso più tangibile e più vero il sogno di andare a giocare in NBA. E poi, ovviamente, la famiglia.
“Molte persone hanno contribuito alla mia carriera, ma nessuno come la mia famiglia. I miei genitori hanno giocato, a livello amatoriale, e mi hanno tramandato la passione. Ai miei fratelli Marc e Adrià. Sono cresciuto soprattutto con Marc: giocavamo nel cortile di casa, lui cercava di battermi. Andando avanti abbiamo giocato per il nostro Paese e vinto molte medaglie, siamo stati scambiati l’uno con l’altro (deve essere la prima volta che succede a due fratelli). Adrià non era particolarmente interessato al basket, ma è l’unico della famiglia a essersi laureato in economia aziendale. E poi mia moglie… il passaggio dall’NBA a una nuova vita è uno shock. Soprattutto dal punto di vista emotivo. E lei mi ha aiutato a superare tutto questo.”
E arriva anche il tempo di snocciolare piccoli aneddoti della sua carriera NBA:
“Grazie ai Grizzlies per avermi dato l’opportunità di giocare nell’NBA. Sono arrivato e il mio inglese era molto limitato. Ho notato che il mio compagno di squadra, Shane Battier, era molto intelligente e ho seguito quello che diceva. Ripetevo sempre la sua ultima parola.”
Poi i Lakers, con quel gialloviola che lo ha legato a doppia mandata al destino di Kobe Bryant. Nel bene e nel male.
“È a Los Angeles che ho incontrato la persona che mi ha fatto migliorare di più, che mi ha fatto capire cosa ci vuole per essere il migliore. Kobe. non sarei qui senza di te. Mi sarebbe piaciuto avere te e Gigi al mio fianco, fratello, oggi e ogni giorno. Mi manchi.”
Ma anche le tappe di Pau Gasol a Chicago e San Antonio, dove Gregg Popovich è riuscito a imprimere il suo sigillo.
Ho imparato molto da Pop. Molto sulla pallacanestro, ma anche riguardo alla vita. Una cosa non la dimenticherò mai. Ci chiese: “A San Valentino avete mandato dei fiori alla vostra compagna? Sì? E perché avete aspettato questo giorno per farlo?”
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