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Jabari Parker attacca la NBA: “Ci sono solo 10-12 squadre che puntano a vincere, le altre pensano al Draft”

Dopo l’esordio in Liga Endesa con la maglia blaugrana del Barcellona, Jabari Parker ha concesso un’intervista a Eurohoops affrontando diversi temi. L’ex giocatore NBA ha iniziato la sua intervista rivelando i motivi della decisione di firmare per il Barcellona quest’estate:

“Sapevo di voler giocare questa stagione e non volevo aspettare. Non volevo dover affrontare l’estenuante processo di ricerca di una squadra NBA che mi desse una possibilità. Non appena abbiamo parlato con Mario Bruno Fernández, sono arrivato qui e mi hanno fatto un’offerta che non potevo rifiutare. Ho deciso che questo era il posto migliore per me”.

Nella sua carriera oltreoceano il nativo di Chicago ha giocato 310 partite con medie di 14.1 punti e 5.5 rimbalzi vestendo le maglie di Milwaukee Bucks, Chicago Bulls, Washington Wizards, Atlanta Hawks, Sacramento Kings e Boston Celtics prima di decidere in estate di intraprendere l’esperienza europea.

Nel corso dell’intervista Parker ha deciso di affrontare proprio l’eterno dibattito sulle differenze tra NBA ed Eurolega attaccando apertamente la lega cestistica statunitense:

“Voglio far parte di un sistema in cui ogni partita conta. Purtroppo l’NBA è un business e ci sono 10-12 squadre che cercano di vincere ogni partita e l’altra metà che cerca di ottenere una scelta al Draft. Dove vanno a finire i giocatori bravi? Per perdere le partite bisogna essere super bravi o pessimi. Non ci sono scuse nel vedere DeMarcus Cousins, Dwight Howard o John Wall, ragazzi che potenzialmente entreranno nella Hall of Fame…Senza lavoro. Purtroppo stiamo assistendo a un indebolimento della lega. Ci sono molte cose che non dipendono da noi giocatori. L’Eurolega e i tifosi invece si aspettano molto, e noi giocatori ci aspettiamo molto da noi stessi e vogliamo competere”.

La seconda scelta assoluta al Draft 2014 ha commentato anche le parole di Noah Lyles, secondo cui i campioni NBA non meritino di fregiarsi dell’appellativo di campioni del mondo:

“Beh il gioco è cresciuto a partire dagli anni ’60 e ’70, quando era prevalentemente americano. Tutti possono perdere. Ora il basket è diventato globale, per essere il campione del mondo devi giocare contro i migliori del mondo. E soprattutto l’Eurolega potrebbe avere, senza dubbio, alcuni dei migliori giocatori costantemente in squadra. Nella NBA ci sono molte controparti che non contribuiscono realmente al talento. Qui devi giocare, devi essere bravo, devi avere una certa esperienza e lo vedi con squadre come noi”.

 

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Pubblicato da
Emanuele Perilli

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