Tale padre tale figlio. In questo caso forse il detto popolare è alquanto inclemente verso chi viene dopo, è nato dopo e deve sopportare l’onere della grandezza di chi l’ha generato. LeBron James non lo aveva mai nascosto, anzi erano anni che tutti ne erano sicuri. Ritiro? Ne riparliamo quando suo figlio Bronny entra nella lega.
Una stagione a dir poco mediocre per il giovane a USC: 4.8 punti, 2.8 rimbalzi e 2.1 assist, dopo lo spavento a inizio stagione di un arresto cardiaco. Non è un caso che, nonostante il cognome stampato sulla schiena, i mock draft più ottimisti lo releghino nel secondo giro del Draft di giugno. E qui c’è l’inghippo. James è in scadenza di contratto con una player option per la prossima stagione da 51 milioni di dollari. Certo, LBJ di soldi non ne ha proprio un disperato bisogno. E per questo fino a poche ore fa i bisbigli erano gli stessi: LeBron avrebbe seguito il figlio in qualunque squadra. L’ironia sulla rete non ha tardato.
In realtà, secondo Shams Charania di The Athletic, al momento LeBron non ha intenzione di procedere in questo modo. Forse perché ha voglia di dare gli ultimi assalti al Larry O’Brien Trophy, perché è padre ma anche agonista professionista. Forse perché non vuole pestare i piedi al figlio e lasciare che si apra la sua strada nella giungla della NBA. O forse perché si limita ad attendere di vedere quale franchigia scommetterà sul figlio. Forse proprio i ‘suoi’ Los Angeles Lakers con la scelta numero 55.
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