Joel Embiid riversa sull’ormai imminente spedizione olimpica a lungo inseguita molte aspettative. La stessa pressione, naturalmente, è sulle spalle di Team USA, che lo ha accolto a roster.
Il centro di Philadelphia è stato ospite del podcast The Interview del New York Times e non sono mancate le dichiarazioni da titolo. Non è più l’Embiid troll social, per sua stessa ammissione. Ora appare più maturo e con la stessa sicurezza nei suoi mezzi di sempre. Lo dimostra con chiarezza un passaggio della conversazione che riportiamo di seguito:
“Per me tutto dipende dalla salute. Se fossi stato in forma per un’intera stagione la storia sarebbe diversa. Senza gli infortuni penso sarei parte delle discussioni sul GOAT (Greatest of All Time, il migliore di sempre, ndr). Ho quel tipo di talento, non ho smesso di crederci finché alla mia quarta, quinta stagione nella lega ho avuto l’opportunità di raggiungere qualcosa di speciale. Devi vincere i campionati e per farlo c’è bisogno dell’aiuto di altri, non ci puoi riuscire da solo, è impossibile. […] Ciò che mi ha frenato sono sempre stati brutti infortuni, ogni Playoff o stagione regolare, brutti infortuni nel momento sbagliato. Senza quelli, la storia sarebbe stata diversa.”
Sulle pressioni legate al risultato a Cinque Cerchi Embiid è stato altrettanto perentorio:
“Si guarda al talento che ha Team USA, ma ce n’è altrettanto nelle altre. E molti dei ragazzi nella squadra americana sono più vecchi. Il LeBron di oggi non è quello di un paio d’anni fa. È una grande differenza […]. La gente impazzisce per i nomi sulla carta, ma questi si sono costruiti nel corso delle rispettive carriere e ora sono più in là con l’età. Non sono più quelli di un tempo.”
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