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Dallas, Cuban torna sulla trade di Doncic: “Dovevano trovare un accordo migliore, ora non hanno più scuse”

I Dallas Mavericks da Mark Cuban alla famiglia Adelson, un passaggio di mano da 3,5 miliardi di dollari che – in fin dei conti – ha permesso ai Los Angeles Lakers quella razzia che porta stampato il nome di Luka Doncic. Perché sotto lo storico proprietario della franchigia texana una bandiera come Dirk Nowitzki non aveva cambiato canotta per 21 stagioni consecutive. E ora, con Cuban proprietario di minoranza, quello che doveva essere il next man up è stato ceduto in una delle trade più clamorose (e sbilanciate) che si ricordi. E ora è proprio Cuban a parlare e dire la sua:

“Sono ovviamente arrabbiato con lo scambio. Se i Mavs hanno intenzione di scambiare Luka Doncic, è un conto. Ma bisognava trovare un accordo migliore. Senza mancare di rispetto ad Anthony Davis, ma sono ancora fermamente convinto che se avessimo ottenuto quattro scelte non protette, Anthony Davis e Max Christie, il discorso sarebbe diverso”.

I termini della trade, però, sono stati ben diversi: Davis, Christie e una sola prima scelta (quella del 2029). Contando poi che Davis si è infortunato immediatamente e probabilmente lo rivedremo la prossima stagione. E che quella prima scelta 2029, immaginando l’intenzione del front office californiano di rinnovare e per tanti anni il contratto di Doncic, sarà molto bassa.

“Non importa se lo avrei fatto anche io o no. Non ho intenzione di parlarne”.

Non si sbilancia dunque Mark Cuban, che però richiama alla memoria l’addio di Steve Nash nel 2004:

“Ci sono già passato. Nash se ne andò e poi vinse due MVP. La buona notizia è che poi siamo andati alle finali e abbiamo vinto un campionato. Quindi ci sono passato, ma allora non c’erano i social media, quindi non era la stessa cosa. Credo che la sfida più grande che i Mavs hanno in questo momento sia che non c’è nessuno che esca davvero per comunicare. Non è tanto quello che fai, è come si comunica il motivo per cui si fa quello che si fa”.

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Pubblicato da
Filippo Riccardo di Chio

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