40-12-8. Numeri entrati direttamente nella Leggenda, senza neanche passare per il purgatorio della Storia. Comunque vada (qualora ce ne fosse ancora bisogno), la consacrazione definitiva del Re è arrivata. “Tornato nel suo regno” (cit.), ha ripreso il discorso lì dove lo aveva lasciato 2 giorni a San Francisco.
Merito della sua sconfinata qualità, merito di una “motivazione particolare che lo sta spingendo a dare il massimo di sé” (parole sue), ma frutto soprattutto della scelta fatta da Golden State (che ancora non ha pagato i dividendi sperati): facciamoci battere da LBJ.
107 tiri in 3 gare. 47 minuti di media, 200 dei 291 punti targati Cavs che portano la sua firma (o realizzati, o assistiti o creati). La shot chart di fianco però, qualche pecca la mostra. Con i piedi dietro l’arco la percentuale è si salita rispetto al 18% scarso nei Playoff, ma non è “preoccupante” (anche perché qualcosa toccherà pure concedergli). Così come impressiona la vasta area rossa sul lato sinistro del campo, la zona che James predilige in assoluto in queste prime partite (7/22).
In parte è vero che buona parte degli isolamenti presi in quella zona finiscono con un tiro in avvicinamento (il 21/42 non è eccellente come le cifre messe a referto in Regular Season), ma in generale merito va dato soprattutto alla difesa di Iguodala.
Quante volte avete visto in queste notti una scena del genere? E’ di certo il frame che più di frequente viene proiettato sui nostri schermi. LeBron da fermo, palla in mano, a fronteggiare e/o sfidare spalle a canestro il numero 9 degli Warriors. Il finale (a quanto pare anche dalle cifre) molto spesso è stato questo.
Tiri complesso, forzato. Sbagliato. Ma con rimbalzo d’attacco. Eh già, perché una delle chiavi più importanti, in particolar modo in gara 3, è stata proprio la capacità di catturare palloni sotto il ferro avversario. Interessante è evidenziare un paio di dati.
Andiamo a ripescarne uno citato precedentemente. LBJ tira nei pressi del ferro col 50%, 21/42 (conclusioni pari a quelle prese da Green, Curry e Thompson messi insieme, un’enormità). 12 dei 21 palloni rimbalzati sul ferro sono stati però catturati dai Cavs e convertiti in canestro (6 di questi da parte di Tristan Thompson, decisivo con le sue 14 carambole di media in queste Finals). La percentuale “totale” dei tiri in avvicinamento di James? il 79%!
Il copione quindi è sempre lo stesso. Unica variante, coinvolgere Steph Curry nel pick&roll. Sempre, a prescindere dall’uomo che marca. L’importante è farlo correre in difesa. Anche se il bloccante risponde al nome di Matt Dellavedòva, scopertosi tra le altre cose in grado di fare molto bene anche quello. Vedere per credere.
L’errore difensivo in questo caso è ascrivibile all’MVP della RS, ma la sostanza non cambia.
In generale, merito dell’attacco stagnante da parte dei Cavs è anche quello di aver messo totalmente fuori ritmo la front line più produttivo della Lega. Pressione continuativa sulla palla, ricerca continua di palle rubate. In generale, mancanza di certezze.
Dimezzati i punti in contropiede, ridotti di un terzo quelli nei primi secondi, ritmo sotto controllo. Blatt e i suoi stanno portando la serie lì dove volevano, giocando a basso punteggio e “sperando” in LBJ dall’altra parte (praticamente l’unico rimasto integro in quel di Cleveland).
Le scelte a difesa schierata, se possibile, sono ancora più chiare. Ed estreme. Agli antipodi rispetto a quanto predicato da Kerr sull’altra panchina. Facciamoci battere da tutti, tranne che da Curry e Thompson. Sempre in raddoppio sul numero 30.
Esempio chiaro di tutto questo. P&r tra Curry e Green, uno dei punti di forza della stagione Warriors. Scelta univoca.
Raddoppio forte, stretto, sul playmaker avversario. Chilometri di spazio per il numero 23. Se vuole quel tiro può prenderlo tranquillamente (1/9 nella serie). Altrimenti può provare ad attaccare il ferro. Il risultato?
Respinto con perdite dal muro russo Mozgov. Il jolly dei Warriors che nei primi 3 turni di Playoff viaggiava con il 57% nei pressi del ferro, in queste prime 3 gare stenta ad arrivare al 35%. Difficile alla vigilia della sfida immaginare così tante difficoltà in casa Golden State.
Una possibile soluzione è sembrato essere il redivivo David Lee, scongelato nel momento più complesso della gara. Il giocatore più pagato del roster californiano ha risposto presente, mettendo in evidenza spiragli di gioco che lasciano ben sperare i tifosi gialloblu.
Stesso pick&roll di prima, risultato diverso. La palla che esce con tempi diversi, ottima qualità di passaggio. 3 punti da Iguodala, proprio quello che può far saltare il banco.
Difatti, quando queste situazioni sono diventate redditizie, la scelta difensiva dei Cavs si è modificata. Cambio sul blocco, con Thompson mandato sulle piste di Curry (su cui ha dimostrato in parte di poter reggere). Certo è che l’MVP, liberato dall’asfissiante raddoppio, è entrato in ritmo.
Facile come bere un bicchiere d’acqua. Stepback e tiro da 3. Così si spiega (almeno in parte) il grande finale di partita targato Warriors e Curry.
Ripartire da questo potrebbe essere l’ipotesi più redditizia nella metà campo d’attacco, quella che a tutti gli effetti sta condannando i californiani. E’ lì che si decidono le sorti della serie.
Poche ore e scopriremo cosa accadrà nel 4 decisivo episodio di un romanzo meraviglioso. Buona visione.